Sono tre storie diverse, e riguardano tre personaggi diversissimi tra loro, ma tutte e tre hanno in comune un elemento: la voglia di gogna, di linciaggio, di ricerca del capro espiatorio e poi di realizzazione della cerimonia dello scannamento.

Le storie di Carlo, Cateno e Fausto. Chi sono lo capite dalle fotografie: Carlo è Carlo Tavecchio, presidente della Figc ( cioè della federazione italiana gioco calcio) fino a ieri verso mezzogiorno, quando si è dimesso, travolto dalla sconfitta della nazionale con la Svezia e dalla furia dei giornali e dell’opinione pubblica. Cateno ( nome singolarissimo) è Cateno De Luca, consigliere regionale siciliano appena eletto, arrestato per motivi francamente misteriosi due giorni dopo la vittoria elettorale, e ieri finalmente scarcerato dopo essere stato trattato dai giornali come un criminale conclamato. Fausto, infine, è il regista Fausto Brizzi, annientato da giornali e Tv, dipinto come un maniaco sessuale e uno stupratore, demolito nell’immagine e nel morale ma, forse, innocente.

Le dimissioni di Tavecchio, diciamolo pure, erano doverose e scontate. Perché dopo una grande sconfitta sportiva è vecchia usanza che l’allenatore e il capo della federazione siano sostituiti. Successe così nel 1958, dopo la mancata qualificazione ai mondiali di Svezia, e successe così anche nel 1966, dopo l’eliminazione ai gironi per mano della nazionale della piccola Corea del Nord ( gol di un dentista, calciatore dilettante) che allora era governata dal nonno del terribile Kim Yong ( anche il nonno, Kim Il Sung, era parecchio spietato). Doverose le dimissioni ma non era doveroso il linciaggio. Tavecchio non è un personaggio simpaticissimo, il suo mandato in Figc è stato costellato di gaffe ed errori diplomatici. Tuttavia non è stato il peggio dei peggio. È lui che nel 2015 riuscì a reclutare Antonio Conte, uno degli allenatori più forti del mondo.

E riuscì a trovare gli sponsor che permettessero di pagare il suo stipendio altissimo senza prosciugare le casse della federazione ( e Conte ottenne ottimi risultati con una nazionale modesta); è lui che ha introdotto la Var nel campionato ( sarebbe la moviola Tv in campo: clamorosa innovazione); è lui che ha messo in ordine i conti della Figc ( l’Italia è quasi l’unica federazione calcistica coi conti in ordine). Forse, prima di mandarlo via, potevamo dirgli grazie, invece di coprirlo di sputi. Ha sbagliato a prendere Ventura quando Conte ha lasciato? Non c’era di molto meglio sul mercato degli allenatori.

E poi, Ventura, prima del pasticcio svedese era stato un discreto allenatore e aveva avuto diversi successi. Su Brizzi non voglio sbilanciarmi. Non conosco i fatti. Se ha molestato, se ha stuprato, se ha commesso dei reati, che a me paiono gravissimi, deve essere processato. Però mi sembra che nessuno lo abbia denunciato, e quindi che è impossibile processarlo.

Allora forse l’uso vigliacco della potenza dell’informazione ( senza certezze, senza riscontri, senza prove, con pochi indizi) non è uno strumento di avanzamento della trasparenza ma piuttosto di una idea giustizialista che sfiora il totalitarismo.

Poi c’è Cateno, che ieri finalmente è stato scarcerato e ha rilasciato dichiarazioni dure. Questo Cateno è stato processato negli anni scorsi 14 volte e sempre assolto.

Quindi, tecnicamente, è un perseguitato. Quando l’altro giorno l’hanno messo in mezzo di nuovo, e arrestato, i mass media si sono scatenati ( scusate il gioco di parole) contro di lui. Impresentabile, corrotto, mafioso. Quando due giorni dopo è arrivata la quindicesima assoluzione, silenzio. Nemmeno un accenno di scuse. Anzi, Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo di Massimo Fini che chiedeva che gli fossero tolti i domiciliari e fosse sbattuto il cella.

Crucifige, Crucifige. Era il verso ripetuto di una famosa poesia del duecento, di Jacopone da Todi. A lui era chiaro che il giustizialismo era un’infamia. Quasi mille anni fa. Oggi invece torna, il giustizialismo, e torna sempre più tronfio, spietato, altezzoso. Sulle ali del grillismo.

Su twitter, ieri ( per fortuna) ho letto un twitt di Enzo Bianchi, teologo e monaco piuttosto noto nel mondo cristiano. C’era scritto così: « Ancora oggi ci sono persone rigide e legaliste che passano la vita a spiare i peccati degli altri e a scovare le presunte eresie degli altri: dopo una tale fatica, incattiviti, hanno la faccia che si meritano» . E di seguito al twitt don Enzo - che oltre ad essere un teologo è anche molto spiritoso - ha pubblicato la faccia che viene ai giustizialisti. È quella che vedete in questa pagina, sotto il titolo...