Può sembrar strano ma anche da una cella disolamento del 41 bis è possibile fare molto rumore. È quanto sostengono i responsabili del Reparto operativo mobile della sezione 41 bis del carcere di lAquila in una denuncia presentata contro Nadia Lioce e da cui sono scaturite le accuse di «disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone e oltraggio a pubblico ufficiale». Il processo davanti tribunalecapoluogo abruzzese entrerà nel vivo il prossimo 24 novembre. Rinchiusa in regime di 41 bis ormai dal lontano 2005, dopo la condanna allergastolo ostativo per gli attentati mortali del 1999 e del 2002 contro i consulenti governativi Massimo DAntona e Marco Biagi, rivendicati da un piccolo gruppo che aveva ripreso una vecchia sigla brigatista, le Brpcc, Nadia Lioce ha assistito nel tempo ad una progressiva restrizione del regime detentivo a cui è sottoposta, in particolare per quanto attiene alla possibilità di aver con sé fogli, quaderni, libri e riviste. Nel 2011 è stato introdotto il divieto di ricevere libri e riviste dallesterno, impedimento confermato anche nellultimo provvedimento del Dap: il «decalogo» che ha uniformato a livello nazionale il trattamento dei detenuti in 41 bis. Se negli ultimi tempi le condizioni materiali di detenzione della Lioce hanno subito un adeguamento ( cella singola di normale grandezza, sufficientemente luminosa, areata e riscaldata; un passeggio grande e attrezzato), le restrizioni hanno preso di mira la possibilità di leggere, studiare, pensare, scrivere. Unora di colloquio mensile con vetro e non più di 15- 18 ore annue di confronto con i propri avvocati, sono il tempo di conversazione disponibile che la detenuta riesce a consumare nellarco di quattro stagioni, poco più di 24 ore di parola per un silenzio lungo 364 giorni. Nellultimo decennio ha ricordato il senatore Luigi Manconi, in una interpellanza presentata il 10 giugno del 2015 la sottrazione del materiale cartaceo conservabile nelle celle della sezione femminile 41 bis presso il carcere dellAquila, è passato da 30 a 3 riviste, da 20 a 3 quaderni, agli atti giudiziari dellultimo anno, a un solo dizionario. In ottemperanza a questo giro di vite, il 13 aprile 2015 Nadia Lioce ha denunciato sempre Manconi si è vista sottrarre limmediata disponibilità del materiale cartaceo in suo possesso ( atti giudiziari, lettere, un quaderno, una rivista e articoli di giornale) trasferito in locali adibiti a magazzino e accessibili solo a giorni alterni in giorni feriali. Nel corso della stessa giornata la detenuta indirizzava al direttore dellIstituto un reclamo per la restituzione del materiale che le era stato sottratto. Copia veniva inviata anche al magistrato di sorveglianza e allo stesso senatore Manconi perché potesse effettuare lazione di sindacato ispettivo. La sottrazione del materiale cartaceo era stata anticipata tempo prima dal sequestro dellelastico di una normale cartellina porta- documenti e di buste di carta ricavate da fogli di quotidiani incollati, utilizzate per archiviare corrispondenza e atti giudiziari. Circostanza confermata il 22 ottobre 2015 nella deposizione resa davanti al pm dal Commissario capo della Casa circondariale de lAquila: «Con la detenuta Lioce ha avuto inizio un attrito dovuto inizialmente al fatto che la stessa ha accumulato un notevole quantitativo di documenti allinterno della propria cella, fatto che rendeva difficoltoso effettuare le ordinarie perquisizioni». Da quel momento ha aggiunto ogni ulteriore oggetto ritirato alla detenuta è divenuto un motivo di contrasto e protesta, come è stato per una banale laccetto porta occhiali che la detenuta aveva ricavato con una striscia di tessuto. Manufatto non consentito dal regolamento e il cui sequestro ha provocato ulteriori tensioni con la reclusa. Un crescendo che di volta in volta si è focalizzato su oggetti banali e insignificanti. In questo modo, in appena tre mesi sono stati elevati nei confronti della Lioce 70 provvedimenti disciplinari, come hanno denunciato in occasione della udienza del 15 settembre scorso i suoi legali, Caterina Calia, Ludovica Formoso e Carla Serra, che fanno anche notare come la permanenza di questo regime detentivo ultrarestrittivo non abbia più fondamento in assenza di quellorganizzazione esterna, smantellata nel 2003, in cui la Lioce militava. Dopo aver constatato che le normali vie di ricorso legale non avevano sortito alcun effetto, Nadia Lioce ha inscenato, dal marzo al settembre 2015, la battitura della porta blindata al termine di ogni perquisizione, suscitando da sola tanto di quel baccano da essere trascinata a processo.«Come ormai da tempo accade  scriveva in un rapporto del 4 settembre 2015lagente scelto del Reparto operativo mobile che assieme ad una collega aveva eseguito la perquisizione  in risposta a tali controlli, alle ore 8.45 circa, iniziava a protestare battendo una bottiglietta di plastica contro il cancello della propria camera detentiva fino alle ore 9.15 circa». Un atteggiamento ritenuto«strumentorio», dal vice Ispettore del Rom che in un altro rapporto ricorreva a questo inusitato neologismo per censurarne il comportamento chiedendo che la segnalazione venisse inviata alla locale autorità giudiziaria. Altrove le proteste della Lioce venivano qualificate come manifestazione «della sua indole rivoluzionaria», suscettibile di sanzioni disciplinari come lapplicazione della misura dellisolamento punitivo ( 14 bis Op). Come se non bastasse, è venuta la richiesta di disporre «previo accertamento e quantificazione del danno, da eseguirsi a cura delladdetto alla m. o. f. ( manutenzione ordinaria fabbricati)», un «provvedimento di addebito a titolo di risarcimento per i danni rilevabili sul cancello della camera detentiva di assegnazione», provocati dalla percussione di una bottiglietta di plastica sulle pesanti porte di ferro blindato.