Mentre il suo ultimo film, "La ragazza nella nebbia" non abbandona la classifica dei film più visti da quasi quattro settimane, Alessio Boni torna in tv su Rai1 come protagonista della serie "La strada di casa". Ma oggi con lui non parliamo solo di cinema, ma anche di molestie e processo mediatico: «Importante denunciare, ma bisogna stare attenti alle strumentalizzazioni. Le responsabilità vanno vagliate dal giudice». “La ragazza nella nebbia” continua a reggere al botteghino, è in classifica tra i primi 10. Come si spiega questo successo? Il film mi ha convinto perché il mio personaggio era meraviglioso, ovviamente nel senso “attoriale” del termine. Poi c’era la possibilità di lavorare con Toni Servillo e Jean Reno. Non bisogna aver paura dei grandi, mi sono sentito accolto, in stato di grazia. Sono molto felice del successo in sala, ma spesso è impossibile fare pronostici. Il film è molto attuale perché si concentra anche sul processo mediatico. Sembra quasi che in questo momento basti venir accusati per essere colpevoli.Sono d’accordo. Nel momento in cui si accusa, la magistratura deve indagare e bisognerebbe giudicare solo con atti processuali alla mano. Non dimentichiamoci di Enzo Tortora, accusato da un camorrista a cui hanno creduto e la storia è andata avanti anni, senza una prova concreta. Attenzione, si rovinano le vite anche così. Lei è tra gli artisti che si sono esposti di più contro gli abusi, le molestie sessuali e il femminicidio. Qualche giorno fa a “Domenica in” ha parlato di una cultura maschilista. Dopo il mio intervento a Domenica in, mi sono arrivate almeno una trentina di email di donne che mi raccontavano la loro storia, non attrici famose ma persone che tutti i giorni sono costrette a dire no e si sentono ghettizzate perché non sono “carine” con il proprio direttore o dirigente. È un’ignominia e si chiama maschilismo. È un’assurdità che nel 2017 succedano ancora queste cose, se non si denuncia, si avalla il predatore. Son contro il maschilismo, ho fatto anche uno spot con la fondazione Doppia Difesa che si chiama “Uccisa in attesa di giudizio”. E siamo qui a parlarci addosso, tra chi è a favore e chi contro, mentre si tende a offuscare il vero problema. Si dimentica che l’usurpatore è machiavellico, sa chi prendere, e seppur sia sempre giusto dire no, magari qualcuna non ci riesce, cade nella trappola e si sente ancora più annichilita e annientata da non riuscire a raccontarlo neanche a uno psicoanalista. Ben vengano le avanches, capitano tutti i giorni. Ma se dici no è no. Sono tante le donne che stanno parlando. Come la storia insegna, questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: è un urlo da parte delle donne o di chi ha subito abusi. Bisogna puntare a cambiare la cultura perché, se le persone che abusano, sapessero che c’è il rischio concreto di essere denunciati e arrestati, ci penserebbero due volte prima di alzare un dito su una donna. Lei ha però detto di stare attenti alle strumentalizzazioni... Sì, bisogna stare attenti ad una strumentalizzazione del vittimismo, a chi potrebbe usare questa situazione per qualche intervista o paginetta sul giornale. La magistratura deve sempre indagare su accusati e accusatore. Dopo un terremoto, quando ancora ci sono persone vive sotto le macerie che rischiano di morire, ci sono gli sciacalli che vanno a rubare gli orologi e l’oro. “La strada di casa” debutta su Rai: un mistery che si richiama a un Ulisse moderno, ma anche all’Harrison Ford di “A proposito di Henry”. Sì, si sono ispirati un po’ al film con Ford ma, in questa serie diretta da Riccardo Donna, il mio personaggio ha un incidente, finisce in coma e si risveglia dopo 5 anni. Deve riacquistare la memoria che ritorna pian piano attraverso i flashback. Indago su me stesso perché davvero non ricordo chi sono. Quando capirò chi ero, scopro di non piacermi. Questa rinascita in positivo è interessante, perché è un altro uomo. Scavare dentro se stessi è qualcosa che fanno in pochi, ci confrontiamo sempre con gli altri, come se fossimo noi i pianeti e gli altri i satelliti. Dovremmo diventare noi satelliti per una volta. Dopo l’uscita di “La ragazza nella nebbia”, sembra che un certo cinema italiano si sia improvvisamente accorto di lei. C’è ancora un pregiudizio del cinema nei confronti della tv?Prima ce n’era molto di più. In effetti sembra che questo personaggio abbia risvegliato qualcosa. In questi ultimi anni mi sono arrivate proposte cinematografiche che non mi convincevano, allora a quel punto scelgo di fare Heathcliff di Cime tempestose in tv. Preferisco la serie True detective a centinaia di film che ho visto.