«Il governo mette la fiducia per ammazzare anche la discussione generale». Vito Crimi è furibondo. Poco prima di rientrare in Aula e inscenare una protesta contro il Rosatellum, tanto di benda attorno agli occhi, si sfoga col Dubbio.

Senatore, pare che il governo abbia deciso di mettere la fiducia anche a causa dei vostri emendamenti: il voto segreto avrebbe messo a repentaglio la nuova legge elettorale...

Se questa legge è davvero voluta dalla maggioranza dei parlamentari il governo non dovrebbe temere nulla. Se hanno paura di qualcosa è perché sanno che questo provvedimento non è condiviso dalla maggior parte degli eletti. Infatti, cinque senatori del Pd hanno già dichiarato che non voteranno la fiducia. È evidente che l’unica maggioranza esistente è diversa da quella ufficiale: Ala è il soccorso pronto a intervenire quando c’è da fare il lavoro sporco.

Però la fiducia è stata posta anche alla Camera, dove non ci sono grandi problemi di numeri...

Evidentemente non li avevano neanche alla Camera. Basta vedere quanti deputati hanno votato la fiducia a Montecitorio: 306, in un’Aula in cui la maggioranza è di 315. Se avessero votato tutti i 630 parlamentari il governo sarebbe caduto.

Che emendamenti avevate presentato?

Erano in tutto 69, in un’ora li avremmo votati tutti. I voti segreti possibili erano solo dieci e riguardavano le minoranze linguistiche. Perché, a prescindere dal voto segreto, questa legge ha un problema col Trentino, dove per il Senato il Rosatellum prevede sei collegi uninominali e un collegio “plurinominale” proporzionale con un solo candidato. Di che stiamo parlando? Di fatto ci sono sette collegi uninominali da offrire al Svp. Questa non è tutela delle minoranze, è garantire una riserva di caccia a un partito che puntualmente fa da stampella alla destra o alla sinistra senza soluzione di continuità.

Nella battaglia contro il Rosatellum avete trovato un alleato insolito: Giorgio Napolitano. Che effetto fa condividere la barricata con uno dei vostri nemici giurati?

Sta dicendo un’eresia.

Addirittura!

Napolitano è il padre di tutto questo, è il responsabile - colpevole e mandante - di tutto ciò che sta accadendo oggi alla Camera e al Senato.

In quanto ex sponsor di Renzi?

Certamente.

Ma adesso tra i due non sembra correre più buon sangue...

A un certo punto Napolitano si è reso conto che nessuno parlava più di lui e si è inventato un modo per tornare al centro dell’attenzione. È un gioco delle parti, ognuno vive del ruolo dell’altro attore.

Come dovrebbe cambiare il Rosatellum per essere accettabile ai vostri occhi?

L’aspetto più critico, da modificare immediatamente, è il collegamento tra uninominale e plurinominale, cioè la mancanza del voto disgiunto.

Sarebbe il minimo sindacale?

Insieme alla possibilità di esprimere delle preferenze. Sono due elementi che non modificano l’impianto complessivo del testo, anche se a noi non piace.

Il voto disgiunto vi aiuterebbe a colmare le lacune dei collegi uninominali?

Ma come fanno ad accusarci di volere una legge che ci favorisca? Noi abbiamo sempre sostenuto il pro- porzionale, un sistema che di certo non ci consente di stravincere, abbiamo sempre avanzato proposte nell’interesse del Paese.

Anche col proporzionale puro, però, resterebbe intatto il problema delle alleanze parlamentari dopo il voto. Quale sarebbe il vantaggio?

Appunto. Il Rosatellum, oltre a essere dannoso è anche inutile, perché non porta alcun beneficio, neanche in termini di governabilità. Tanto vale, allora, andare a votare con la legge licenziata dalla Consulta.

Per cercare comunque accordi dopo le elezioni?

Ok, è vero, ma perché dobbiamo fare un’altra legge incostituzionale e portare a casa qualcosa che non cambia il risultato? Ormai è in voga il vizio mettere la fiducia sulle leggi elettorali. L’hanno fatto anche con l’Italicum che prevedeva le preferenze, il maggioritario e l’assenza di coalizioni. E oggi hanno il coraggio di mettere la fiducia su un sistema senza preferenze, non maggioritario e con le coalizioni. C’è qualcosa che mi sfugge.

Di Maio ha accettato la sfida di Maria Elena Boschi: confrontiamoci in un dibattito pubblico, ma davanti alla sede di Banca Etruria. Solo una provocazione?

Forse è Boschi che ha accettato l’invito di Di Maio, visto che da tempo Luigi invita l’ex ministra a un confronto. Boschi ha deciso finalmente di parlare? Bene, lo faccia davanti ai risparmiatori.

Assolutamente no, secondo me Boschi non ha alcuna intenzione di confrontarsi davvero.

Fino a poco tempo fa accusavate il Pd di voler confermare Visco a Palazzo Koch per preparare l’inciucio della prossima legislatura. Siete rimasti spiazzati dalla mozione renziana?

Visco è corresponsabile di non aver fatto il suo lavoro di vigilanza. La nostra mozione su Visco l’ho scritta io e posso garantire che la nostra posizione era diretta, precisa e concentrata sulla figura del governatore, a prescindere da tutte le considerazioni politiche che si possono fare sugli inciuci. Visco è il vigilante che ha visto i ladri e non ha fatto nulla, per questo va cacciato.

I referendum in Veneto e Lombardia hanno visto una partecipazione massiccia degli elettori 5 Stelle schierati a favore dell’autonomia. Un passo in più verso una possibile intesa con la Lega?

Assolutamente no. Abbiamo dato sempre a questo referendum la giusta cornice, quella che si ferma a quanto previsto dalla Costituzione: cedere più potere alle Regioni su alcune materie.

L’incontro ci sarà? Zaia ha già chiesto lo Statuto speciale per il Veneto...

Zaia può chiedere quello che vuole, a dimostrazione della distanza tra noi e la Lega. Bisogna dare alle regioni la giusta autonomia su alcune competenze circoscritte.