È la “guerra delle toghe”, come ha titolato l’Espresso a proposito della contesa per il Csm? Si potrebbe dire che siamo allo sparo di Sarajevo. E uno che sta nel bel mezzo della trincea è Alessandro Pepe, giudice del Tribunale di Napoli e coordinatore di Autonomia & Indipendenza, il gruppo della magistratura che ha come leader Piercamillo Davigo. Togato al Csm nella precedente consiliatura e ora nel direttivo dell’Anm, Pepe parla mentre Palazzo dei Marescialli si appresta a nominare un ex responsabile Giustizia del Pd, Lanfranco Tenaglia, presidente del Tribunale di Pordenone: «Una cosa che non è più tollerabile, che va evitata dal Csm con un’autoriforma, visto che il legislatore non interviene», dice.

Nei giorni precedenti si erano segnalati nell’ordine: l’allarme del togato di “Mi” Claudio Galoppi per il presunto incontro Davigo- Grillo, la denuncia di Legnini sui magistrati che passano dai talk show ai vertici della Cassazione, il richiamo di Mattarella sulla toga che «non è un abito di scena».

Dottor Pepe, il presidente della Repubblica è stato indotto a deplorare la sovraesposizione di magistrati come Davigo anche dalle precedenti dichiarazioni di Galoppi e Legnini?

Escludo che il presidente della Repubblica volesse imporre un bavaglio a Piercamillo Davigo. Non è così. Ha richiamato i magistrati, tutti, alla sobrietà nell’esprimere il proprio pensiero e al riserbo, ma in riferimento alle attività giudiziarie di loro specifica competenza.

Davigo in tv è pirotecnico.

Senta, Davigo interviene sui problemi che riguardano la giustizia. E la magistratura. Lo ha fatto da presidente dell’Anm, continua a farlo ora da leader di un gruppo associativo. Segnalare le criticità di un istituto come la prescrizione vuol dire fare politica, secondo lei?

No: ma se per farlo si dice che Penati dovrebbe vergognarsi si pone o no un problema?

Se i magistrati non possono più parlare del controllo di legalità, allora vuol dire che anche Falcone e Borsellino avrebbero dovuto tacere. Pensiamo di risolvere i problemi dell’assetto democratico italiano con un divieto di parola per la magistratura?

Siete contro le toghe in politica ma finite nel mirino se si parla di magistrati troppo esposti: perché?

Prima di tutto mi pare che dal Quirinale siano arrivate smentite rispetto ad alcune forzature dei giornali. Sono 25 anni che Davigo parla di problemi di carattere tecnico. Respingo al mittente la polemica scatenata contro di lui. Credo che tutti i magistrati, o la gran parte di loro, si riconoscano in quello che dice. Sostenere che Piercamillo fa politica è sbagliato. Noi siamo nati, come componente associativa, per contrastare il collateralismo fra magistrati e politica. E se al vertice del Tribunale di Pordenone viene indicato uno che per dieci anni è stato in prima linea nel Pd, vuol dire che c’è qualcosa da cambiare davvero. Su un punto però devo convenire.

Quale?

Il fatto che da parte di altre correnti ci sia molta preoccupazione per un’eventuale candidatura di Davigo al Csm. Si tratterebbe di un candidato eccezionale, è chiaro a tutti.

Voi intanto avete risposto con un comunicato bomba sulla circolare del Csm che rafforzerebbe il potere dei procuratori capo.

Visto che si tratta di un documento importante credo sia opportuno sottoporlo a un esame, a una discussione il più possibile partecipata. Si ascoltino i magistrati inquirenti. Si chieda loro se è opportuno che il potere di un procuratore possa arrivare al punto da svuotare i sostituti anche della scelta giudiziaria sul caso concreto. Si tratterebbe di un vulnus rispetto alla stessa concezione dello Stato liberale. Un sostituto procuratore della Repubblica non può essere assimilato al dipendente di un qualunque ufficio della pubblica amministrazione.

Ma quale corrente spinge per questo irrigidimento?

Parliamo di una bozza di circolare. E di possibili modifiche a un testo molto lavorato anche ad alto livello istituzionale, che è stato prima in commissione e poi al Quirinale.

Anche Napolitano era molto orientato a preservare il peso dei vertici nell’organizzazione delle Procure.

Certo, ho fatto parte della precedente consiliatura del Csm. Mi pare chiaro che ci sia un forte interesse rispetto ai modelli organizzativi degli uffici inquirenti, da parte della presidenza della Repubblica come di tutti i cittadini e dei magistrati. E io credo sia pericoloso incidere sull’autonomia e l’indipendenza del singolo sostituto proprio perché se lo si fa si rischia di danneggiare la stessa libertà del cittadini.

E vi preoccupa che ad avere tanto potere possano essere procuratori capo “contaminati” da un’esperienza politica?

Vorrei sia chiaro che non c’è un attacco alla persona del dottor Tenaglia, ma certo si tratta di una situazione del tutto inopportuna: sulla possibilità che dalla politica si passi addirittura a guidare uffici giudiziari il Csm deve intervenire. Altrimenti ne esce distrutta l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. E non riuscirò mai a capire com’è possibile che il Csm voti una delibera contro il rientro in magistratura di chi ha fatto politica, poi indichi Tenaglia, poi ancora faccia documenti contro il nuovo procuratore di Napoli perché ha avuto collegamenti con la politica e, ancora, voti in via definitiva per Tenaglia a Pordenone. Un po’ di coerenza, ma proprio un minimo, ci vorrebbe, o no?