«Bisogna tenerci Rajoy fino alle elezioni. Reggere il suo peso. E poi sconfiggerlo lì, nelle urne. E’ irresponsabile dichiarare l’indipendenza. Non è legale tra l’altro, non vale nulla. Maggiore autonomia si chiede e si ottiene in uno spazio politico legittimo e costituzionale. Sul concedere quello spazio Rajoy ha già ceduto, la Commissione per la riforma costituzionale c’è. E’ lì il luogo della battaglia. Combattere altrove è da irresponsabili». Lo dice la portavoce dei socialisti al Parlamento, la deputata catalana Esther Niubò. L’offensiva del partito socialista catalano contro i nazionalisti indipendentisti, cominciando dalla Cup ( l’ala radicale di sinistra che ha spinto molto per ottenere il muro contro muro con Madrid) affinché nel parlamento di Barcellona non ci sia lunedì la dichiarazione unilaterale di indipendenza annunciata dal presidente catalano Carles Puigmont, ha disinnescato la bomba che avrebbe fatto esplodere politicamente il conflitto con il governo centrale portandolo verso un punto di non ritorno.

Eppure i socialisti catalani continuano a opporsi alla linea pro- governo della leader socialista andalusa Susana Diaz, presidente dell’Andalusia e segretaria regionale del partito socialista. Sostengono, e con tifo da stadio, Pedro Sanchez, il fascinoso segretario generale del Psoe, il quarantacinquenne dallo sguardo carbone ardente e le camicie dal candore abbagliante che nel 2016 si illuse di saper formare un governo ma poi fallì malamente l’incarico.

La rissa interna al Psoe non è una qualsiasi bega interna di partito. Il Psoe è il pezzo fondamentale di qualsiasi alleanza di governo alternativa a quella al potere oggi in Spagna. E siccome il tentativo ambizioso di Podemos e delle sue costole che popolano di bandiere stellate le strade di Barcellona di stringere un patto trasversale con indipendentisti vari, compresi i baschi, per disarcionare il grigio ma pur sempre inossidabile Mariano Rajoy non può fare a meno dei socialisti, e poiché anche l’attuale governo centrale non può fare a meno dei socialisti perché è governo di minoranza, l’esito della guerra tra la Diaz e Sanchez interessa non solo il Psoe, ma il futuro della Spagna e la Ue.

Rajoy è già ai ferri corti con i suoi alleati che sostengono il governo a destra, la ( chiamiamola) ex società civile prestata alla politica di Ciudadanos, quelli che tentarono riuscendosi non benissimo di far man bassa di voti alle elezioni politiche presentandosi come i Podemos di destra.

Già Rajoy ha dovuto ieri ribadire al loro leader Alberto Ramos, venuto a esigere l’applicazione immediata dell’articolo 155 della Costituzione che consentirebbe di intervenire con la mannaia politica in Catalogna indicendo d’imperio nuove elezioni nella speranza di procurarsi così una nuova dirigenza regionale con cui trattare, che Madrid non farà scattare il 155 perché non ci sono i presupposti per farlo legalmente. Non ha certo voglia Rajoy di litigare di nuovo anche con i socialisti, indispensabili per tenere il suo governo in piedi.

Ma i socialisti si stanno scannando tra loro, fingendo di scannarsi su di lui. Pedro Sanchez lo esorta a muoversi, a trattare con gli indipendentisti. E mentre la Guardia civil interveniva con i manganelli domenica scorsa nei seggi, Sanchez ha taciuto a lungo per poi prendere timidamente posizione e chiedere la censura della vicepremier Saen de Santamaria, considerata la stratega dell’assalto della polizia ai seggi.

La Diaz invece, la figlia dell’idraulico sivigliano che non ha perso la speranza di fare le scarpe al fotogenico economista madrileño che ha soffiato la segretaria a lei, govenatrice di una regione in cui votano socialista anche i sassi e in cui risiede un quarto degli iscritti al partito, difen- de le cariche e vuole blindare la posizione di intransigenza della vicepremier verso gli indipendentisti. Sono d’accordo con lei i grandi vecchi del partito che ieri hanno diffuso una carta aperta in difesa di un unionismo meno ambiguo titolandola pericolosamente “Querido Pedro…”.

Abbiamo chiesto alla portavoce dei socialisti catalani cosa ne pensano i suoi. «I firmatari della lettera sono la vecchia guardia socialista ormai tramontata, pensionati che fanno la voce grossa» risponde Esther Nubiò. «È gente che non ha più responsabilità politiche, non copre più incarichi importanti, di fatto non rappresentano nessuno, ma approfittano dell’influenza che hanno sull’opinione pubblica per mettere in difficoltà Pedro Sanchez. Non va bene perché quella che è in corso è una grave crisi di Stato», dice.

E come vi schierate voi socialisti catalani nella battaglia per la leadership in corso tra la Diaz e il segretario del Psoe? «Noi abbiamo una relazione autonoma con Pedro Sanchez». Quindi potreste non difendere l’uso della forza anche se legittima se Madrid decide di intervenire? ( Ieri il ministero dell’interno ha annunciato che la polizia rimarrà almeno fino al 18 in Catalogna e buona parte dei catalani la considera una forza d’occupazione, molti albergatori hanno cacciato gli agenti, calorosamente invitati a farlo dai dirigenti politici locali). «Non ha senso scaricare Rajoy prima del tempo – dice lei -, bisogna caricarcelo fino alle elezioni per poi sapere se c’è una nuova maggioranza per fare un altro governo». E che fine fanno le trattative segrete del Manifesto di Saragoza per trovare da subito una maggioranza alternativa a quella di governo a Madrid? Fate naufragare i piani della sindaca di Barcellona per scalzare Rajoy? “Non li facciamo naufragare noi. Podemos si è sommata alla nostra idea di costruire un’alternativa possibile a Rajoy e ci vuol provare subito prendendo l’iniziativa. Non gli riuscirà”. A sentire la sindaca Ada Colau invece ci potrebbero riuscire. «Allora, a quel punto, se i numeri ci fossero davvero, se Podemos riuscisse nell’intento, ne potremmo riparlare», dice la deputata socialista.