Tra l’ex pm senza trascorsi politici di rilevo prima dell’ascesa alla seconda carica dello Stato ( la presidenza del Senato) e l’ex avvocato campione di garantismo con un passato rosso che più rosso non si può, il cuore della sinistra batte per il magistrato Pietro Grasso, non per l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Se ne sono accorti tutti alla festa dell’Mdp di Napoli, dove pubblico e dirigenti, base e vertici, si sono infiammati per il presidente del Senato mentre aspettano con tiepida sfiducia Pisapia, il rifondatore ufficiale del centrosinistra. Nel frattempo Grasso confessava: «Io mi sento un ragazzo di sinistra e chiedo alla sinistra di non fare passi indietro sui princìpi».

A Reggio Emilia, festa di Sinistra italiana, invece non se n’era accorto nessuno: però anche lì, pur con tutt’altra discrezione, c’erano stati incontri e abboccamenti tra i dirigenti del partito nato da Sel e il «ragazzo di sinistra». L’ipotesi di una sua candidatura c’è davvero, non è una fantasia giornalistica come tante. Grasso è certamente tentato anche se al momento non c’è né ci può essere nulla di concreto. Troppe cose devono succedere di qui alle elezioni. Troppi nodi devono essere sciolti: il primo e principale ha giusto le fattezze di Giuliano Pisapia, ma per mettere le mani in quel ginepraio deve prima essere fatta luce su un angolo ancora più tenebroso, quello dove si nasconde la legge elettorale con la quale gli italiani voteranno in primavera.

Pisapia, in fondo, non è che nasconda le proprie intenzioni. Le ha ripetute anche due giorni fa a Mantova: «Noi non siamo alternativi al Pd. Siamo sfidanti». Significa che in nessun caso il fondatore del Campo progressista brucerà alle proprie spalle il ponticello che potrebbe portare all’incontro con Matteo Renzi. Non prima delle elezioni magari, perché questo potrebbe risultare impossibile ed elettoralmente controproducente. Ma a urne chiuse quel ponte deve restare agibile. Proprio la «non alternatività» nei confronti del Pd di Matteo Renzi spiega e giustifica l’esangue appeal che l’avvocato garantista esercita nelle file della sua sinistra e la conseguente ascesa, a prima vista quanto meno strana, del grintoso ex giudice, che invece secondo i beninformati con Renzi ha il proverbiale dente avvelenato.

La foto che fissa lo stato delle cose nella sinistra, ad oggi registra una divaricazione crescente però non ancora arrivata alla deflagrazione. Pisapia ha in mente un progetto che prevede il gioco di sponda e il dialogo con Renzi. Il grosso dell’Mdp, capitanato da D’Alema, vuole seguire il percorso opposto, in frontale contrapposizione con Renzi prima e dopo le elezioni. Bersani, come sempre, tituba indeciso. Sinistra italiana aspetta l’esito del sordo braccio di ferro, pronta ad allearsi con l’Mdp se prevarrà D’Alema o se gli scissi dal Pd divorzieranno dall’ex sindaco. In quest’ultimo caso, le pressioni su Grasso perché accetti di guidare una sinistra anti- renziana si moltiplicheranno: non è affatto detto che il corteggiato non finisca per accettare la rossa corona.

Sempre che le ambiguità che al momento imperano a sinistra vengano sciolte prima delle elezioni. Sarebbe auspicabile, ma non è affatto certo. Se i deputati non fucileranno il Rosatellum le chances di fare chiarezza s’impenneranno. Essendo una legge di coalizione, la tentazione per Pisapia sarà forte e a renderla irresistibile potrebbe provvedere proprio Renzi, offrendo al neo- ulivista milanese quelle primarie per la leadership della coalizione che invoca da oltre un anno. A quel punto la separazione dall’Mdp sarebbe quasi automatica, così come la nascita di una lista comune tra gli ex Pd e Sinistra italiana, con tanto di profferte martellanti all’indirizzo di Pietro Grasso.

Ma se invece l’agguato del voto segreto affonderà anche la nuova ipotesi di legge elettorale e si andrà quindi al voto con il sistema doppio partorito dalle sentenze della Consulta, tutto diventerà ancora più confuso di quanto già non sia. Pisapia tenterà di scommettere sino all’ultimo sull’ambiguità del partito «sfidante ma non alternativo», chiudendo così le porte a ogni possibile asse con Sinistra italiana.

D’Alema tenterà di forzare in direzione opposta. L’esito dello scontro sarebbe incerto, ma di sicuro, in quadro simile, l’idea di passare da «ragazzo di sinistra» a «leader della sinistra» diventerebbe per Grasso molto meno appetibile.