«Ora voglio la revisione del processo, per dimostrare la mia piena e totale innocenza». L’ex presi- dente della Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco, è raggiante mentre torna in auto da Perugia, dopo la sentenza che lo assolve dall’accusa di associazione per delinquere. Il cellulare squilla in continuazione, mentre lo scandalo “Sanitopoli” abruzzese si sgretola, dopo quasi dieci anni dai primi arresti. Del Turco, detenuto 28 giorni nel carcere di Sulmona e poi agli arresti domiciliari, era stato condannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi, ridotti in appello a 4 anni e due mesi con una sentenza che viene poi annullata con rinvio dalla Cassazione. Fino ad ieri, quando l’ultima sentenza della Corte d’Appello «mi ma liberato dall’aberrante accusa di essere a capo di una associazione per delinquere».

Onorevole, è soddisfatto degli esiti della sentenza? Rimane in piedi la condanna per induzione indebita a dare o promettere utilità.

Soddisfazione è dire poco, mi sono liberato da un macigno che mi opprimeva. Lei non sa quanto mi sia pesata, sia dal punto di vista psicologico che morale, l’accusa di essere a capo di un’associazione per delinquere. Non trovo parole per descriverle quanto sia importante per me la sentenza di oggi.

La vicenda è chiusa, ora?

Sono felicissimo di questo primo passo verso la chiusura. Lo ricordava lei: rimane in piedi la condanna per induzione indebita, ma non è definitiva e mi batterò in giudizio perché cada anche quella. Ora, infatti, è il momento di trarre le conseguenze dell’assoluzione dall’accusa di associazione per delinquere: tutte le altre ipotesi di reato si giustificavano con l’esistenza dell’associazione, ma senza questa non hanno ragion d’essere. Questo sarà il tema del futuro giudizio.

Quale sarà la sua prossima mossa processuale?

Punto a ottenere la revisione del processo. Come dicevo, il reato fondamentale a me contestato era quello associativo ed è stato distrutto da questa sentenza. Su questo si reggeva l’impianto accusatorio che tiene in piedi le altre ipotesi di reato. Ora voglio ottenere la piena assoluzione.

Lei, al momento dell’arresto, era governatore della Regione Abruzzo e dirigente del Partito Democratico. Ha ricevuto solidarietà dai colleghi di partito, in questi anni di battaglia processuale?

Guardi, le posso dire di aver ricevuto moltissima solidarietà diretta, con centinaia e forse addirittura migliaia di telefonate di solidarietà, con molti che hanno definito vergognosa l’inchiesta contro di me. Ecco, ora penso che queste parole possano venire pronunciate anche pubblicamente, non solo a me per telefono.

Forse, ora, sente di poter vantare qualche credito anche nei confronti della politica?

Assolutamente no. La prego, mi lasci passare qualche ora a crogiolarmi nella soddisfazione di aver smontato accuse mostruose nei miei confronti.

Nessun proverbiale sassolino dalla scarpa?

Le dico la verità: non esco da questa vicenda con la voglia di rimettere in discussione gli equilibri politici di questo o quel partito, non sono quel genere di persona. Glielo assicuro, dalla meraviglia della sentenza di oggi trarrò conseguenze personali e non politiche.

La sua carriera politica è stata azzerata da questa inchiesta giudiziaria. Si sente di recriminare qualcosa ai magistrati che l’hanno indagata?

Io sono un militante di un grande movimento democratico e vengo dalla tradizione socialista. Ho partecipato alle battaglie del Partito Democratico di questi anni e non metto in alcun modo in discussione le regole e gli ideali della democrazia. Anzi, le dico che questa sentenza rafforza la mia fiducia nella giustizia: da oggi, la mostruosità che si chiamava associazione a delinquere non pesa più sulle mie spalle.

Il suo non è il solo caso di politico finito imbrigliato da inchiesta giudiziarie. E’ in atto in questo senso un conflitto tra politica e magistratura?

Il fatto che l’associazione per delinquere sia caduta nei confronti miei e degli altri imputati fortifica ulteriormente la fede nella politica, che ho conservato intatta in questi anni. Io spero però che la sentenza rimanga impressa nella mente di tutti quelli che hanno voluto giocare sulla pelle della politica, perché la smettano con il populismo giudiziario.