Dunque, il Rosatellum- Bis sarà il terreno su cui si svolgeranno due battaglie cruciali per il paese, Quella sull’ultimo tentativo per cambiare il sistema elettorale in Italia. L’altra, altrettanto decisiva, dello scontro mediatico di tutti contro tutti con l’obiettivo di scaricare ognuno sul proprio nemico la colpa della mancata riforma elettorale se non se ne farà niente. Insomma, riforma non impossibile ma certo difficilissima per sciogliere il rebus in cui il paese s’è ficcato bocciando la riforma costituzionale. Altra premessa per capire la posta in gioco: non esiste una rifor- ma elettorale a somma zero. Se si riforma, qualcuno ci guadagna, altri ci perdono. Inevitabile. Il pasticcio si complica se la riforma cade nella vigilia elettorale.

Il Rosatellum- Bis ( seconda proposta del capogruppo Pd, Rosato) è un sistema misto: 36% maggioritario per eleggere 231 deputati in 231 collegi uninominali; 64% proporzionale per gli altri 399 che verranno eletti in listini bloccati. Altri dettagli decisivi per capire chi perde e chi guadagna: niente voto disgiunto ( come nel Mattarellum) per cui il voto maggioritario trascina quello proporzionale molto più del contrario; soglia minima per essere ammessi alla spartizione, 3%; niente voti di preferenza quindi i candidati nei listini verranno eletti nell’ordine deciso dai capi partito; i voti delle liste sotto il 3% andranno alla coalizione o lista collegata che risucchia i consensi delle liste civetta ( per esempio, Berlusconi quelli del partito degli animali). Un solo vantaggio è identico per tutti: gli eletti verrebbero in gran parte decisi dai loro capi attraverso listini e assegnazione dei collegi uninominali. Questo entusiasma i partiti, anche quelli che giurano il contrario, perché la mobilità degli eletti nelle ultime legislature spinge i leader a “nominare” solo ultrafedelissimi.

In questo quadro è facile capire la radicale e furiosa opposizione del M5s che considera il Rosatellum una polpetta avvelenata di Pd e soci contro la Grillo- Casaleggio i cui candidati, quasi sempre al di sotto della modestia, verrebbero sbaragliati nei collegi unici facendo perdere voti anche nella parte proporzionale. Il loro giornale di riferimento, con un editoriale di Travaglio, è stato netto: il Rosatellum è “una porcata con tre truffe”. Un’esagerazione, ma certo ai 5s non conviene.

Più complicata la partita del e nel centro destra. Salvini è d’accordo. I voti della Lega sono concentrati nel Nord e lì la Lega calcola di far man bassa nei collegi maggioritari: sia facendo pesare la situazione con Berlusconi quando i due dovranno divederseli, sia grazie all’effetto trascinamento nel proporzionale dove Salvini si candiderebbe da solo. Per Berlusconi, invece, pro e contro. Il Giornale di Sallustri, casata Berlusconi, mette le mani avanti: «Il sì di Silvio Berlusconi al Rosatellum Bis, proposto dal Pd, spinge la nuova legge elettorale verso il traguardo». Sembra un trionfo. Ma in realtà la regola di chi vince e chi perde per Fi è chiaroscura. L’antico serbatoio meridionale, messo in crisi dall’irruzione stellata che l’ha in parte prosciugato, avrebbe difficoltà ( tranne che in Sicilia e in Puglia) a reggere l’urto nei collegi perché lì non c’è Lega e Fi dovrà accontentarsi di FdI della Meloni che arranca. La Cenerentola del Centro destra, del resto, sul Rosatellum è stata esplicita come i 5s: «Mi fa schifo».

Comunque alle prime aperture di Fi i notabili azzurri meridionali hanno cominciato a mostrare disagi e si viene profilando una rottura con gli entusiasmi esattamente opposti dei forzitalioti del Centro- nord. Ma Berlusconi, per ora, guarda i vantaggi: intanto, sparisce l’incubo della lista unitaria con Salvini che farebbe perdere consensi a entrambi ma a cui di due sarebbero costretti se resta il Consultellum; secondo, nessuna rottura con la Lega grazie alle tracce di alleanza nei collegi maggioritari; infine, mani libere per dopo il voto nell’ipotesi in cui il centro destra non recupererebbe fino alla vittoria e si aprisse, invece, la necessità o possibilità di larghe intese mollando la Meloni e Salvini e accordarsi col Pd.

Ma anche a sinistra le difficoltà non mancano. Uguale a quella dei 5s c’è la rabbia del Mdp. Avendo scelto di essere alternativi al Pd di Renzi sono matematicamente tagliati fuori nella competizione dei collegi uninominali e verrebbero avvertiti come voto perduto. Il fenomeno avrebbe ripercussioni anche sul voto proporzionale ( per il divieto del voto disgiunto) ricordando malinconiche marginalità della sinistra ( dal Psiup a Pdup, Rifondazione e via elencando). Ma non è l’unico dito nell’occhio di Bersani e D’Alema. Il Rosatellum consente aggregazioni e alleanze ma in modo morbido e non irreversibile. L’ideale per attirare Pisapia a cui crea sponda su uno dei suoi punti fondamentali aprendo alle alleanze di Pd e sinistra. Non a caso l’accusa del Mdp al Pd è quella di voler fare fallire tutto senza entrare nel merito della legge che respinge in blocco.

Nel Pd, al momento solo vantaggi, a parte la difficoltà sulla scelta dei candidati da nominare ( che potrebbe però gonfiare la schiera dei franchi tiratori nel voto segreto). Renzi scansa il posto in cui siedono quelli che non vogliono modificare il Consultellum e apre alle esigenze di Mattarella. Inoltre non è costretto a dire prima delle elezioni con chi si alleerà anche se intanto spinge le forze di centro destra nel centro destra e apre alla convergenza tra quelle del centro sinistra che ci stanno.

Un’apertura che non pregiudica possibilità di governi di emergenza con forze degli schieramenti avversari lontani dai populismi. E gli consente anche di avvertire, ospite di Bianca Berlinguer, che lui, se gli altri non ci stanno col Rosatellum ( ultima spiaggia) crede di poter raggiungere il 40 per cento delle europee e del referendum col Consultellum.