«Eventi come quello promosso dal Consiglio nazionale forense sono importanti e sono un buon inizio per trovare una soluzione alle derive del linguaggio dell’odio. Mi auguro che ciò che verrà fuori dall’incontro possa contribuire a evitarlo in futuro». Furio Colombo è un giornalista sensibile al tema che verrà affrontato dal G7 dell’avvocatura. Da sempre lo analizza e si batte contro odio e razzismo. Ma oggi sembra molto preoccupato, soprattutto per lo stato del giornalismo italiano.

Quando e come nasce l’odio in Italia?

L’odio in politica, nel nostro Paese, è stato inventato nel dopoguerra, da quelle forze che, con la loro scorta giornalistica, hanno capito che produceva attenzione e militanza. I primi a farne strumento politico sono stati i leghisti, nati come Lega per l’indipendenza della Padania, un partito secessionista, un atteggiamento che porta sempre se non odio un forte rancore, co- me dimostra la Brexit. Ed è il rancore ciò che ha caratterizzato l’esordio dei leghisti, diventato abbastanza rapidamente chiazzato di odio. Sarebbe ingiusto dire che il successo politico che hanno avuto e la quantità di voti notevole, sin dall’inizio, fosse dedicato all’odio. Ma dedicati all’odio erano molti dirigenti. Mario Borghezio ha compiuto il primo importante gesto di odio nella politica degli ultimi 20 anni, andando ad incendiare i giacigli degli extracomunitari sotto il ponte della Dora a Torino. L’imputazione indicava danni anche fisici alle persone ed è stato condannato definitivamente per aggressione e atti di violenza. Andare in giro con le fiaccole e con le ronde e poi usare quelle fiaccole come ha fatto Borghezio per incendiare la roba di chi viveva sotto il ponte, non di chi aveva occupato un palazzo, è stato l’inizio di tutto.

Quell’episodio avrebbe dovuto portare l’opinione pubblica ad una stigmatizzazione della violenza. Le cose non andarono così?

Il gesto venne immediatamente bollato dalla stampa, condannato, con la giusta porzione di indignazione. Ma la persona che l’ha compiuto è diventata una celebrità della vita pubblica italiana. Quando io denunciavo in aula una mascalzonata dell’una e dell’altra parte politica uno di loro si alzava per chiamarmi “faccia da culo”. Il fatto che il presidente della Camera non abbia sospeso la seduta ed espulso dall’aula chi mi aveva aggredito rappresenta il punto di debolezza di un Paese che è entrato in una galleria troppo stretta per sperare di uscirne. Nessun giornale ne fece uno scandalo eppure era una bella notizia ed un fatto utile da raccontare. Questo avveniva molto prima dell’incattivimento successivo, che è stato molto più grave, ma poteva essere un segnale utile che non è stato colto.

Quindi i giornali non hanno ostacolato in alcun modo l’imbarbarimento dei linguaggi?

La Stampa, giornale che apprezzo molto e al quale sono molto legato, ha raccontato con assoluta celerità quell’evento ma le persone che se ne sono rese protagoniste sono rimaste intatte, rispettabili, intervistate, quindi la passavano liscia sempre. Un po’ di tensione la creava Repubblica, allora. Fece più opposizione di ogni altro giornale, se si esclude il manifesto. E l’Unità, quando ne ero io il direttore, che non ne lasciava passare nemmeno una. E infatti era un giornale mal visto dal potere, ma molto amato dai lettori.

Questo significa che il giornalismo italiano, nella maggior parte dei casi, preferisce adeguarsi?

Basti pensare che se il Papa parla dello Ius soli, in ogni tg italiano a rispondere è Salvini, come se avesse le qualità e la statura per replicargli. Ma avviene ogni volta. A furia di parlare così al Paese, il Paese diventa ciò che si racconta. E non si tratta di una questione di audience: credo che lo facciano per non stare troppo lontani dal potere, anche se è sgradevole. La Lega, infatti, per molti anni, ha avuto un dominio notevole sulle cose italiane, perché ha avuto un ministro dell’Interno per due legislature targate Berlusconi e bisognerebbe lodare la nostra Polizia per non aver ceduto agli impulsi distruttivi di Maroni. Ma se oggi non sappiamo dove mettere i migranti è proprio perché Maroni, confidando nel trattato con la Libia - una delle cose più spaventose che l’Italia abbia fatto negli ultimi due decenni ha distrutto tutte le strutture di accoglienza che il governo Prodi aveva in qualche modo creato, bene o male, perché non possiamo dire che abbia fatto meraviglie ma almeno aveva risolto il problema. A me è accaduto di andare a Lampedusa, dopo un naufragio grave, insieme al deputato Andrea Sarubbi, del Pd cattolico, l’unico insieme a me ad aver votato contro il trattato con la Libia, e abbiamo trovato i sopravvissuti aggrappati agli scogli fuori dal porto, perché in città era stata smantellata tutta la struttura di accoglienza, per quanto povera che fosse. Maroni ci ha impedito, contravvenendo alla Costituzione, di visitare le rovine del centro d’accoglienza. Con grande imbarazzo dei carabinieri, che non sapevano come dirci che era stato chiesto loro di trasgredire la legge. Eppure Maroni ha sempre avuto, e ha tuttora, l’immagine di uno statista. Ed è chiaro che da lì non possono nascere grandi cose.

Un titolo molto forte è quello di “Libero” di mercoledì, che parla degli immigrati come dei responsabili della morte per malaria di una bimba di 4 anni. Cosa ne pensa?

Si tratta di pura falsità e pure di odio. Perché dopo questo ci si può aspettare che i pugni e gli omicidi in discoteca possano all’improvviso diffondersi nei confronti degli extracomunitari, come i virus. Li vedi e li ammazzi, perché portano la malaria ai tuoi bambini. Quindi la cattiva informazione tenta, con argomenti vaghi, gli umori dei lettori. Gli esperti dicono che la zanzara che ha trasmesso il virus che ha ucciso la bambina potrebbe essere arrivata con una valigia. Ma raramente un immigrato arriva con la valigia. È la valigia di un turista, di un personaggio abbiente che stava in un albergo e le zanzare non hanno certo problemi ad entrare in un hotel a 5 stelle. Con i barconi invece è più difficile. Allora dico che si tratta di invenzioni dell’odio e la storia ci ha insegnato che l’odio è una scuola. Fai la scuola dell’odio e ne esci capace di odiare.

Il G7 dell’avvocatura può costituire un punto di partenza per una ' lezione' alternativa?

Eventi come quello promosso dal Cnf sono importanti e un buon inizio per trovare una soluzione alle derive del linguaggio dell’odio. Mi auguro che ciò che verrà fuori dall’incontro possa contribuire ad evitarlo in futuro. Pensare ad una strategia comune di fronte ai rischi della violenza verbale è una cosa civile, importante e utile. A livello politico, invece, ci sono gli sforzi di infinito buon senso di persone come Emma Bonino, che tenta disperatamente di raccogliere le firme per la legge “Io ero straniero”. Ma questo odio generato dallo straniero, in un Paese come il nostro che è composto da stranieri e ha vissuto il fascismo, va avanti. Ha cominciato la Lega, che disprezzava l’Italia al punto da voler mettere il tricolore nel cesso, chiedendo che non fossero ammessi insegnanti meridionali ad insegnare nelle scuole venete. Sono partiti con l’odio da vicino, poi il crescere del fenomeno dell’immigrazione ha dato uno sfogo per un odio molto più grande. Un odio che ormai riguarda tutto lo schieramento politico italiano, da destra a sinistra, tranne i Radicali. I 5 stelle, ad esempio, hanno inventato il gommone come taxi in mare e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato folle. Come può essere clandestino uno che si presenta per forza con un gommone che a malapena si riesce a salvare e poi lo tocchi, lo fotografi e non lo identifichi? Gli italiani non fanno nessuno sforzo per identificarlo, perché non vogliono che resti in Italia e allora i nostri amici europei ci chiudono le frontiere. Così abbiamo i gendarmi a Ventimiglia e l’esercito al Brennero. Questo è odio. E invece di ritirare gli ambasciatori ci siamo messi a dare la caccia insieme ai poliziotti dell’altro paese. E poi ci lamentiamo che il numero cresce.

L’odio è trasversale, dunque. Il Presidente della Repubblica potrebbe fare qualcosa?

Le parole del Quirinale sono troppo rare e generiche, mentre ritengo che una lezione andava data, per salvarci, perché siamo un popolo in pericolo di essere preda dell’odio. E l’odio è una bestia spaventosa che divora chi odia dopo aver divorato gli odiati. Ma a combattere questo linguaggio ci sono solo due poli, uno laico, quello dei Radicali, e uno religioso, quello del Papa. Ed è triste che un piccolo partito sia il solo a farsi carico di questa cosa, mentre il Papa certamente non è seguito da tutta la Chiesa e da tutti i parroci. Il Pd ha avuto questa idea dello Ius soli, che è piena di limiti ma vorrei passasse, anche se lo dubito, ma a parte questo, con le decisioni sulla Libia, ha abbandonato tutti quelli che ci credevano ancora, quelli che avevano visto la resistenza e ne amavano ancora i valori.

La stampa ha speranze?

Siamo al peggio. È difficile odiare più di quanto l’Italia stia facendo in questo momento. Tutti quelli che partecipano ai dibattiti, e vale anche per la rete, sono contro e ansiosi di dire parole d’odio. La storia ci insegna che si può risalire dal fondo, dopo aver sofferto molto. Non so se ce la caveremo in meno di qualche anno, perché la situazione è davvero brutta. Sono pessimista perché sono circondato, spesso sono il solo a dire le cose. Questa è la nostra malaria e il vettore è stata una stampa infinitamente tollerante con chiunque avesse potere.