«Il Papa non parla dell’Italia ma parla anche all’Italia, e la legge sullo ius soli temperato è una legge per la sicurezza e per la giustizia». Mario Marazziti, presidente della Commissione Affari sociali della Camera e deputato di Democrazia Solidale – Centro democratico, si sente confortato dalle parole di papa Francesco sui rifugiati.

L’appello di Bergoglio è forte e chiaro…

Il Papa è un uomo che non ha gabbie ideologiche, ma la sua intelligenza spirituale del nostro tempo complicato gli permette di essere libero e di vedere come i migranti siano un dato strutturale della nostra epoca, e dunque una cartina di tornasole del livello della nostra civiltà. Un indicatore di dove è andato il cuore delle democrazie e della qualità della globalizzazione. 200 e più milioni di migranti nel mondo e 60 milioni di profughi: il Papa sa che non sono semplicemente un’emergenza ma una delle facce del nostro tempo. Di qui il suo messaggio globale su come rimettere al centro la dignità della persona, partendo proprio dai migranti. Vergognoso chi dice: «Se li prenda in Vaticano». Patetico e colpevole.

Il Papa entra nel merito di leggi e di scelte politiche?

Il Papa afferma il diritto ad avere una nazionalità e di non essere figli di una terra di nessuno. Richiama le dichiarazioni dell’Onu sui diritti dei fanciulli. In questo contesto indica alcune vie chiare: no ai respingimenti collettivi perché ciascuno è una persona diversa, no alla separazione dei bambini dalle famiglie, sì al diritto all’identità di cui fa parte la cittadinanza e il diritto all’istruzione. È un grande affresco che vale a livello internazionale ma che indica una via importante ai governanti e ai cristiani.

Cosa cambia ora?

In Italia vedo più difficile opporsi a leggi sul diritto a stabilizzare l’identità dei bambini e presentarsi come campioni di cattolicità. Lo si può legittimamente fare, sbagliando secondo me, ma non sulla base di valori cristiani, solo in base a opinioni politiche e calcoli elettorali. Il papa non parla dell’Italia ma parla anche dell’Italia. Parliamo di una legge ( quella proposta in Italia) sul diritto alla cultura, allo studio, all’umanizzazione, all’integrazione. Una legge che risponde all’esigenza evocata dal Papa di un diritto al nome, a una identità compiuta. Non tenuta nel limbo per 18 anni. Perché dovresti amare un Paese per cui sei una cosa a metà per tutta la tua giovinezza? Il diritto di ogni persona a sapere di chi è figlio e di quale terra è figlio è parte integrante della propria identità. Il diritto al nome, che vuol dire diritto all’anagrafe. Oggi nel mondo esistono 50 milioni di bambini mai registrati all’anagrafe, per i quali esiste il progetto Bravo! della Comunità di Sant’Egidio, che ha portato a fare ' esistere' 4 milioni di esseri umani, invisibili, oggi ' persone'. Anagrafe vuol dire combattere le premesse che rendono facile la tratta degli esseri umani, degli organi, le guerre etniche. Ma questo comporta la cittadinanza.

E nello specifico della legge italiana?

Il Papa coglie uno dei problemi che stiamo affrontando anche in Italia, sul diritto alla cittadinanza e il diritto alla cultura. Di certo il papa non fa la confusione - alimentata dalla propaganda - che ha interesse a lavorare sulla paura. La legge infatti non prevede alcun automatismo, non fa dell’Italia una sala parto internazionale pur di avere la cittadinanza. Non riguarda i profughi di oggi, i minori non accompagnati salvati. Ma centinaia di migliaia di bambini e di giovani nati in Italia o che completano gli studi in Italia. Ripeto, è una legge sullo ius soli temperato e sullo ius culturae, che va a includere chi è già italiano, chi è nato da almeno un genitore con permesso europeo di lungo soggiorno e che dunque ha un progetto di vita in Italia. Subordina il riconoscimento della cittadinanza anche alla dimostrazione di un reddito ( il Papa, che ha ragione, specifica che il diritto alla nazionalità non può dipendere dal reddito, ma va bene lo stesso). Gente che è in Italia da anni e resterà in Italia. E in questo senso è una legge che va nella direzione della sicurezza, perché offre diritti, doveri e garanzie a chi altrimenti nell’età della formazione della propria identità viene lasciato nella terra di mezzo, e spinto più di altri all’emarginazione e alla marginalizzazione. Ragazzi che parlano i nostri dialetti e tifano le nostre squadre di calcio ma non possono dirsi italiani. Sempre un po’ diversi dai compagni di classe. O gente su cui abbiamo già investito per l’istruzione, anche universitaria, ma cui non riconosciamo la cittadinanza, con un grosso spreco. È una legge per i diritti e per la sicurezza, non riguarda in nessun modo chi viene a partorire in Italia o gli attuali migranti. Chi si oppone in realtà aumenta un potenziale di marginalità sociale e di insicurezza.

Sarà uno dei temi cadi dell’autunno politico…

Sì e spero che si raffreddi subito quando verrà approvata. In Senato c’è un forte scontro e i numeri sono stretti. Pur parlando al mondo, e senza alcuna interferenza, il Papa fa cadere qualche alibi. Con numeri stretti potrebbe essere necessaria la fiducia. Più che una fiducia al governo, penso a una fiducia tecnica sul provvedimento, che è di iniziativa parlamentare. Dal 2004 - era della Comunità di Sant’Egidio e mio il primo disegno di legge che introduceva lo ' ius culturale' - ci si lavora in Parlamento, la maggioranza lo ha già approvato, il governo lo sostiene. 5Stelle è contro, la loro astensione al Senato vale contro - surreale visto che alla Camera c’era un dl più ' estremo' rispetto al testo approvato. Al Senato si possono raccogliere voti fuori della maggioranza su un provvedimento di civiltà. Perché accada devono prevalere i contenuti e non deve diventare le prove generali di maggioranze diverse o di alleanze o ripicche o la materia di scambio per le alleanze delle prossime elezioni.