Le origini dell’odio che sta invadendo i social network? Stefania Craxi non ha dubbi: «Tutto è nato la sera del 30 aprile del 1993», giorno in cui Craxi fu bersagliato da centinaia di monetine davanti al Raphael hotel di Roma: «Bettino Craxi, la sua famiglia, i suoi amici e, posso dire, un’intera comunità ha conosciuto un odio del tutto speciale che ancora continua. Ma la cosa più incredibile di questo odio è che si è consumato interamente all’interno della sinistra».

L’odio che si riversa sui social è frutto di un percorso che affonda le sue radici nella storia d’Italia. E le monetine lanciate all’Hotel Raphael sono scolpite nella memoria del Paese e, inevitabilmente, in quelle della famiglia Craxi e in particolare di Stefania, figlia del leader socialista scomparso nel gennaio del 2000. «Bettino Craxi, la sua famiglia, i suoi amici e, posso dire, un’intera comunità ha conosciuto un odio del tutto speciale che ancora continua. Ma la cosa più incredibile di questo odio è che si è consumato interamente all’interno della sinistra, specialmente se considero che tantissime volte mi hanno detto che Craxi è stato un grande leader della sinistra riformista».

Un “odio incredibile” perché proviene dalla sua stessa parte politica?

Le sinistre in questo Paese sono state due. Quella che io porto nel cuore pensa che si deve combattere la povertà, soccorrere i bisognosi e premiare i meriti, e la sinistra che ha inteso nascondere il suo fallimento dietro una supposta questione morale che di certo non poteva sbandierare visto che da un lato ha partecipato alla spartizione delle tangenti in Italia - o meglio a quello che è stato il finanziamento illegale ai partiti - e dall’altro ha preso soldi e ordini da una potenza militare nemica di questo Paese. Ed è la stessa sinistra che pensa che si debba combattere la ricchezza, considerata non un merito ma un privilegio, e che ha instillato un odio frutto dell’invidia sociale. Un odio diventato prima moralismo militante e poi giustizialismo, che ha figliato il populismo che ancora oggi avvelena i pozzi della politica. E’ un odio che viene da lontano ed è arrivato fino a Craxi, la cui effige veniva bruciata nelle pubbliche piazze, mentre nei festival dell’Unità veniva cucinata la trippa alla Bettino fino ad arri- vare al lancio delle monetine davanti al Raphael. Una delle peggiori barbarie della prima Repubblica. Ed è noto: la maggioranza dei lanciatori di monetine aveva appena partecipato al comizio di Occhetto.

Come se lo spiega? Suo padre in qualche modo aveva ricostruito le ragioni di quest’odio?

Lui non odiava i comunisti, ma combatteva il comunismo che riteneva incompatibile con la libertà che per noi è un valore non negoziabile. Gli ho sentito dire tante volte: “non capisco questa avversione personale di Enrico ( Berlinguer ndr) contro di me”. L’odio non appartiene alla nostra famiglia e all’impegno di un uomo della sinistra che si era limitato a sfatare tutte le teorie marxiste e aveva ridato il giusto valore all’individuo. Si è trattato di un odio personale di cui non si è mai dato una spiegazione.

Lei ci è riuscita invece?

Si tratta di una categoria che non ci appartiene. Non ho mai odiato nessuno dei responsabili dell’esilio e della morte prematura di mio padre. Certo che però mi sono fatta sempre delle domande...

Che domande?

Quali sono stati i reati di Craxi, considerato che nelle sentenze non ce ne sono? Perché gli sono stati offerti i funerali di Stato ma non ha avuto il diritto e la possibilità di curarsi nel suo Paese? Non ho mai ricambiato dello stesso odio gli odiatori. Si può essere in disaccordo con il proprio avversario politico, ma non odiarlo fisicamente. L’odio nei confronti di mio padre è stato di una violenza inaudita che avuto il punto massimo nel lancio delle monetine, ma l’odio non dovrebbe essere una categoria della politica. Craxi non odiava ma soffriva e si chiedeva perché. Avrà fatto certamente degli errori, ma ha agito sempre nell’intereresse degli italiani. Non esistono spiegazioni, tranne quella di aver svelato il paradosso e l’ipocrisia della cultura comunista. Di quei comunisti che invocavano quell’uguaglianza che spesso vuol dire povertà per tutti tranne che per loro.

Ma davvero lei crede che l’odio sia stato solo e soltanto di sinistra?

Le assicuro che le manifestazioni di odio sono arrivate tutte da persone che votano a sinistra. Le premetto che la mia famiglia, notoriamente, è stata antifascista, ma se incontro per strada un vecchio fascista ha rispetto della storia di mio padre. Tra coloro che hanno tirato le monetine c’era anche qualcuno di destra che poi ha chiesto scusa. I tiratori di sinistra non l’hanno fatto mai. Ancora adesso il mondo politico tace e continua a tacere. La sinistra dovrebbe confrontarsi su Craxi e chiedere scusa.

I media che ruolo hanno avuto nel momento in cui un’intera classe politica è finita sotto accusa?

Un ruolo centrale. Il vento dell’antipolitica che fu alzato dalla sinistra che ho descritto fu alimentato dai media. Un altro paradosso tutto italiano è che i giornali che hanno alimentato l’odio e l’invidia sociale appartenevano alla grande industria e alla grande impresa italiana e non certo a rivoluzionari. Gian Antonio Stella ha scritto della casta, ma io non conosco nessuno che fa più parte della casta di lui e di altri giornalisti che sono spesso intoccabili e pieni di privilegi. Ma lo stesso discorso vale per una parte della magistratura.

In che senso?

Non è odio dire dopo il suicidio di un soggetto coinvolto in Mani Pulite “forse provava ancora vergogna”? Vuol dire istigare all’odio ed è grave che l’istigazione arrivi da parte di una casta privilegiatissima che usava la giustizia per fare politica e non per difendere i diritti dei cittadini.

Dopo tanti anni questo sentimento si è affievolito?

In realtà anche in questi anni è continuata l’avversione nei confronti di mio padre e della mia famiglia. Se sono a destra è per- ché soltanto in Forza Italia è stato possibile fare politica in piena libertà e in maniera coerente rispetto alla mia storia, così come è successo a molti altri socialisti. Pur di non fare i conti con l’ultimo grande leader della sinistra riformista, i democratici di oggi preferiscono non parlare. Ad esempio a Milano si vota contro un riconoscimento pubblico a Craxi, che non sarebbe stato certo solo “toponomastico” ma conferito a un milanese illustre che ha servito le Istitu-zioni. E a votare contro sono stati proprio i renziani del Pd.

L’avvento dei social network ha fornito un canale in più alla comunicazione, ma anche all’attacco personale. Che esperienza ne ha avuto?

I social purtroppo consentono la vigliaccheria di potersi nascondere dietro uno schermo, magari dietro uno pseudonimo. Un mondo in cui non occorre confutare delle tesi, ma vincono gli insulti e le cattiverie. In questi luoghi virtuali l’odio viene condito dalla vigliaccheria e diventa invisibile, impunibile. Mi vien quasi da dire che ho nostalgia dei duelli ottocenteschi dove c’era la sfida violenta, ma l’odio aveva una lealtà di fondo. L’odio della folla, invece, è vigliacco e quello dei social lo è ancora di più.

Condivide le parole di Laura Boldrini che ha annunciato denunce per tutti coloro che la insultano sui social?

Una volta ho denunciato una signora che mi aveva fatto delle minacce. Andai anche al Commissariato. Dopo qualche mese mi dissero di non essere riusciti neanche a trovare l’autore.

Vuol dire che non c’è protezione?

Non c’è protezione. I social vomitano l’odio figlio di invidia sociale e frustrazione personale. La cosa grave è che quel morbo giustizialista e moralista, partito dal lancio delle monetine, ha fatto gravissimi danni alla società italiana e ha fatto nascere il grillismo.

Ma non esiste un modo per invertire la rotta o contenere il fenomeno?

Dovrebbe tornare il primato della politica e anche le regole che nella Prima Repubblica c’erano, così come c’era il rispetto. Provi a guardare una trasmissione tv di oggi e paragonarla a una qualsiasi delle trasmissioni elettorali degli anni’ 80. La differenza nel linguaggio, nei toni e anche nel senso delle Istituzioni è abissale. Purtroppo l’invidia sociale è un grande motore di odio in Italia: quando qualcuno ha successo gli altri invece di volerlo emulare lo vogliono tirar giù. Del resto le due grandi culture italiane, quella comunista e quella cattolica, sono entrambe pauperiste e ipocrite. Altrimenti perché la sinistra non coglie la paura delle persone davanti all’immigrazione? Perché deve essere di destra regolare i flussi? Poi magari ci arrivano con vent’anni di ritardo. Così oggi di mio padre si inizia a parlare come di uno statista, ma si dovrebbe parlare chiaramente della persecuzione giudiziaria di Craxi se non vogliamo far passare altri 25 anni. Per fortuna l’odio non mi appartiene anche perché ho avuto la fortuna di vivere in una famiglia in cui passava il respiro lungo della storia che è portatrice di equilibrio al contrario del fiato corto della cronaca che è intriso di odio.