Emergenza casa e integrazione sociale. La recente aggressione perpetrata ai danni del cittadino italiano di origini bengalesi Howlader Dulal da parte di un manipolo di razzisti nel quartiere romano di Tor Bella Monaca mentre questi si stava recando all'alloggio di edilizia popolare a lui regolarmente assegnato – che fa il paio con un altro evento analogo avvenuto lo scorso dicembre in via Filottrano a San Basilio – è fuor di dubbio indice della mancanza di una compiuta coesione sociale e si rinsalda all'espressione di un diritto fondamentale, quello alla casa che, come rimarcato dal sociologo e collaboratore della Fondazione Iniziative e studi sulla multietnicità (Ismu) Alfredo Alietti, «è sancito in maniera chiara ed evidente». Professor Alietti, ritiene che, in seguito agli ultimi fatti, si debbano adottare misure di accompagnamento degli assegnatari presso i nuovi alloggi? È sicuramente opportuno un percorso di accompagnamento, che riguardi non solo gli immigrati ma anche chi è nato in Italia e favorisca l'integrazione in un nuovo contesto abitativo e relazionale: tutte le misure necessarie vanno adottate. La percezione circa l'assegnazione di alloggi pubblici esclusivamente a immigrati ha un fondamento reale? Assolutamente no. Nonostante – per questioni legate al reddito – gli immigrati rappresentino senz'altro una fetta consistente delle richieste di alloggio, l'assegnazione effettiva non supera il 15-20 percento. Da un rapporto di Federcasa risulta inoltre che gli immigrati siano degli ottimi pagatori. Pensa che la concentrazione di immigrati negli stessi isolati possa ulteriormente inficiare una possibile integrazione? La rilevante concentrazione di immigrati in alcuni quartieri provoca danni sociali: in tal senso, l'esempio del quartiere Molenbeek di Bruxelles è tristemente paradigmatico. A mio avviso, tuttavia, bisognerebbe cambiare prospettiva e prendere invece in considerazione la concentrazione della povertà: le situazioni di marginalità e di forte disagio sociale addensate in determinate zone urbane costituiscono un chiaro campanello d'allarme, al di là di chi occupa effettivamente gli alloggi. Esiste un vero e proprio racket che interessa l'occupazione di case popolari... In grandi città come Roma e Milano questa forma di racket esiste già da tanti anni ma, al netto di tale problema – giustamente denunciato e perseguito –, dietro alle occupazioni abusive si nascondono le necessità reali delle famiglie: in Italia, infatti, la necessità di abitazioni sta crescendo in modo esponenziale mentre il diritto all'alloggio passa in secondo piano. Le possibilità di accesso all'affitto sia per le classi medio-basse che per le classi medie vanno sempre più restringendosi, in quanto o non possiedono le risorse necessarie per rivolgersi al mercato privato o ne possiedono in eccesso per poter entrare in graduatoria e richiedere un alloggio popolare. Il welfare dell'abitare e, insieme ad esso, la qualità di vita in certi spazi stanno diventando problemi molto seri. Come giudica l'atteggiamento della politica al riguardo? In politica la questione del consenso tende talvolta ad alimentare una dimensione conflittuale tra le classi più disagiate, che percepiscono il loro privilegio in quanto italiani intaccato dalla presenza di immigrati, dando spesso luogo a sentimenti di avversione e xenofobia. Per quanto riguarda invece le politiche per la casa, si può dire che in Italia esse siano inesistenti. Vi è una stringente necessità di social housing, di affitti moderati che siano adeguati alle famiglie di ceto medio e medio-basso, mentre si registra l'assenza di rilancio di un piano casa. Bisogna che la politica, di qualunque colore,  dia delle risposte concrete, sia sulla qualità di vita nei quartieri popolari che sulla proposta di un'offerta edilizia a costi moderati. A suo avviso, se lo ius soli diverrà legge, si potrà verificare un cambiamento in quella mentalità radicata nella contrapposizione fra “noi” e “loro”? Dobbiamo innanzitutto tenere presente che in Italia abbiamo a che fare con una generazione di immigrati appartenenti alla classe media, che rappresentano la punta di un processo di profondo mutamento della compagine sociale. Lo ius soli è sicuramente una legge da approvare, in quanto garantisce diritti essenziali a una componente importante della società italiana. Non sono sicuro che da ciò possa scaturire fin da subito una minore conflittualità, anche se credo che nel lungo periodo produrrà sicuramente effetti positivi. Attualmente la crisi economica è esacerbata da elementi di forte allarme sociale, di cui una parte significativa è costituita dalla rappresentazione negativa degli immigrati che viene quotidianamente diffusa.