«L’avvocatura italiana conduce un grande lavoro nel campo del dialogo interculturale e l’evento di Bologna lo dimostra». A parlare è una delle massime autorità in materia di relazioni interconfessionali: Liviu Olteanu, segretario dell’Associazione internazionale per la difesa della libertà religiosa (Aidlr), soggetto rappresentativo dell’Onu e del Parlamento europeo che opera in sinergia anche con Ocse e Consiglio d’Europa.

Qual è la strategia da seguire per avvicinare le culture attraverso le diverse confessioni?

La strategia ha un nome preciso: si chiama ‘dialogo a 5’. Significa coinvolgere in eventi come quello organizzato qui dal Cnf almeno 5 diverse tipologie di soggetti: politici, dunque rappresentanti di governi e Parlamenti, leader religiosi, diplomatici, accademici e quella che voi definite società civile, a cominciare dagli avvocati.

L’avvocatura può avere un ruolo stabile nel dialogo interculturale?

Glielo si deve assolutamente riconoscere. Un’avvocatura come quella italiana svolge un grande lavoro e deve essere ascoltata a ogni livello. E per questo ho appena rivolto un invito al presidente del Cnf Andrea Mascherin affinché partecipi a un summit globale che abbiamo in programma per il prossimo novembre a Ginevra. Riguarderà il tema della pace e della sicurezza, con particolare attenzione alle questioni legate ai rifugiati. È evidente come voi in Italia rischiate di esserne travolti, e bisogna assolutamente evitare che il diverso credo religioso di chi arriva in Europa possa costituire un problema. Non si possono confondere religione e terrorismo. Avremo professori delle migliori università, grandi leader religiosi e appunto  competenze come quelle degli avvocati.

Qui a Bologna i leader religiosi islamici hanno avuto parole nette contro il fanatismo jihadista.

I leader religiosi sono un tassello decisivo, e per questo è necessario coinvolgerli in un grande sistema di formazione: li si deve mettere nelle condizioni di essere veri facilitatori dell’integrazione. Vanno trasferite loro le competenze per aiutare soprattutto chi arriva da Medio Oriente e Nordafrica a comprendere la cultura dei nostri Paesi. E se vogliamo arrivarci, dobbiamo fare in modo che i leader religiosi siano sempre presenti a conferenze come questa.