«Secondo fonti credibili, gli stupri, gli omicidii e gli atti di tortura sarebbero all’ordine del giorno e sono rimasta scioccata da queste informazioni che assicurano che la Libia è diventato un mercato per la tratta di esseri umani». Lunedì 8 maggio si esprimeva così il procuratore capo della Corte Penale Internazionale (Cpi) Fatou Bensouda. Le sue parole hanno acquistato ancora più importanza perché pronunciate nel corso di una seduta del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite specificatamente incentrata sulla situazione in Libia. La conseguenza che ne ha tratto Bensouda è che la Corte Penale sta seriamente «valutando la possibilità di aprire un’inchiesta sui crimini legati ai migranti in territorio libico». Le violenze avvengono principalmente in centri di detenzione irregolari che possono essere anche case private, controllati da bande criminali o fazioni in lotta tra loro dopo la caduta di Gheddafi, che sfuggono a qualsiasi tipo di giurisdizione. E’stata l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, la cui sede romana è stata occupata da militanti neofascisti di Forza Nuova il 4 maggio scorso, a fornire qualche dato. In Libia sono detenute almeno 20000 persone, in gran numero sono le donne e i bambini. Arrivano principalmente dall’Africa subsahariana e dal Sahel e dopo una difficilissima traversata nel deserto, pagata a caro prezzo sia in termini economici che di perdita di vite, arrivano in Libia in attesa di potersi imbarcare verso l’Europa. Una volta arrivati nel paese nordafricano i migranti sono preda dei trafficanti locali che hanno ormai organizzato un vero mercato degli schiavi. Le bande come i famigerati Asma Boys, li scambiano tra loro. Le donne subiscono spesso violenze sessuali, altri lavorano gratis per i loro stessi aguzzini per potersi garantire la partenza sui barconi di fortuna che poi naufragano nel Mediterraneo. L’Oim cerca anche di entrare nei centri di detenzione, quelli visitabili, per capire di fronte a quale situazione si trovano i migranti. Sta raccogliendo testimonianze da parte di coloro che transitano per i centri di Agadez, si tratta principalmente di coloro che tornano indietro. Le storie, riportate sul sito dell’organizzazione, sono quasi tutte tragicamente simili. Mohammed Abdiker, Direttore del Dipartimento per le Operazioni e le Emergenze dell’OIM ha fornito un quadro che non lascia molto spazio a dubbi. «Sappiamo che i migranti che cadono nelle mani dei trafficanti sono costretti a vivere in uno stato di grave malnutrizione e ad affrontare abusi sessuali. A volte rischiano anche di essere uccisi – ha chiarito Abdiker. L’anno scorso, in un solo mese, 14 migranti sono morti in uno di questi posti a causa di malattie e malnutrizione. Ci giungono anche notizie della presenza di fosse comuni nel deserto». Uguale lavoro fanno le Ong come SOS Mediteranee o MsF. «In Libia, dei bambini di 8 o 10 anni ti aggrediscono e colpiscono per strada, davanti gli adulti. Tutto quello che hai, i libici te lo prendono, te lo rubano, e se non gli dai nulla o non hai nulla da dargli, ti uccidono oppure ti rapiscono» racconta uno dei fortunati che è riuscito a scappare. (http://sosmediterranee.org/se-ci-intercettano-i-libici-ci-rivendono-la-testimonianza/?lang=it). In tutto questo esiste anche una componente di razzismo, che contribuisce a peggiorare la situazione dei migranti. Per gli arabi libici i neri vengono considerati persone di seconda classe, eppure questi sono la benzina che fa andare avanti il motore malconcio dell’economia libica. Il periodico Left ha pubblicato di recente un fotoreportage sulla Libia nel quale viene anche fornito il dato di 3 milioni di immigrati su una popolazione di 6 milioni. La maggior parte è impiegata in edilizia, agricoltura, servizi ma è tenuta segregata in veri e propri ghetti. Chi sta arrivando negli ultimi tempi ha vita ancora più difficile, la prova sta ancora nelle testimonianze, come quella di una donna nigeriana la quale ha raccontato la sua esperienza ai mediatori culturali di SOS Mediterranee: «era pericoloso stare fuori casa, c’erano sempre uomini che sparavano, le persone venivano uccise senza un motivo, l’unica cosa che era chiara a tutti è che i libici odiano i neri e rubano qualsiasi cosa»  (http://sosmediterranee.org/non-sapevamo-tutta-la-verita-che-in-libia-odiano-i-neri/?lang=it). .In realtà la Libia è un paese tagliato in due, a Tobruk le milizie comandate dal generale Khalifa Haftar, a Tripoli il governo di unità nazionale presieduto da Fayez al-Serraj. Intere zone vivono praticamente solo di commercio di contrabbando, dalla benzina alle armi, alla droga e quindi anche uomini. I migranti sono considerati dunque alla stregua di qualsiasi altra merce. Il traffico di esseri umani, in una situazione così caotica, ha un impatto notevole sull’economia locale. Si è calcolato circa 300 milioni di euro. Il periodico Internazionale ha riportato l’analisi di Virginie Colombier, ricercatrice dell’Istituto universitario europeo di Fiesole. La studiosa ha messo in evidenza come  “dopo il 2011 tutti i traffici illegali sono diventati la principale fonte di guadagno delle popolazioni locali del sud e dell’ovest della Libia”. A questo punto ci si chiede quale può essere l’esito dell’accordo che Italia e Ue hanno fatto, in tema di migranti, con la Libia, con il governo di Serraj. Nel momento che scattasse un’inchiesta della Cpi, non si potrebbe non tener conto di ciò che succede nel paese nord africano. Le complicità della guardia costiera libica con i trafficanti stanno ormai assumendo il carattere dell’evidenza. Nelle testimonianze raccolte sulle navi delle Ong è ancora possibile leggere che «quando la guardia costiera libica ci intercetta durante la traversata ci riportano sulla costa, ci dicono che ci riporteranno nel nostro paese. Ma tutto quello che fanno è venderci a qualcun altro». Il sospetto che le navi umanitarie siano degli scomodi testimoni cresce, la campagna mediatico giudiziaria nei loro confronti è stata virulenta. Che il fragile governo di Unità Nazionale libico non possa garantire trattamenti umani, e mettere fine alle violazioni dei diritti umani ai migranti, sembra altrettanto acclarato.