Sarà una passeggiata di salute, l’udienza che lunedì vedrà comparire Emiliano al Csm?

Sicuramente no. La nuova legge sulla candidabilità delle toghe che comunque deve essere ancora vagliata in seconda lettura dal Senato - non lascerà sul terreno un numero particolarmente alto di vittime, almeno tra i magistrati attualmente in Parlamento. Potrà essere blandamente dissuasiva per chi in futuro volesse candidarsi, non tanto da paralizzare l’accesso dei giudici a incarichi politici. Ma certo il clima sull’argomento è un po’ cambiato. Lo si capisce dai toni che soprattutto i cinquestelle hanno usato alla Camera nel dibattito finale, dalle continue precisazioni di Davigo sull’inopportunità delle candidature compresa quella del governatore pugliese ( «gliene ho parlato e non l’ha presa bene», ha detto il presidente uscente dell’Anm), e da quelle di tante figure di peso, Carlo Nordio in primis, nettamente contrarie alle porte girevoli. Ecco perché il processo disciplinare che il governatore pugliese dovrà affrontare lunedì al Csm si annuncia tutt’altro che in discesa. Anche se l’organo di autogoverno non è un luogo propriamente politico, è assai difficile che le sue scelte siano del tutto insensibili al clima degli ultimi giorni.

A difendere Emiliano, come “avvocato”, è un altro magistrato di grande prestigio come Armando Spataro. Il procuratore di Torino è oltretutto una di quelle toghe che non disdegnano l’impegno pubblico, pur nei limiti delle norme del 2006: ha partecipato a diversi incontri nella campagna per il No al referendum, ha avuto nell’occasione un’attività incisiva nonostante la sua componente, Movimento per la giustizia, avesse deciso di non prendere posizione ufficiale.

Lunedì a Palazzo dei Marescialli si scontreranno insomma due visioni opposte del ruolo dei magistrati nel dibattito civile.

Quella di Emiliano, e dello stesso Spataro, contro il mood minimalista divenuto all’improvviso prevalente. Il primo fa appello a una sorta di “costituzione materiale” dell’ordinamento giudiziario che sarebbe maturata nel frattempo: è vero che, nella norma rinfacciata dal pg della Cassazione ( il decreto legislativo 109 del 2006), il divieto di iscriversi a partiti o partecipare alle «attività dei centri politici» non fa esplicita eccezione per i magistrati in aspettativa. Ed è vero anche che nel precedente sfavorevole a Emiliano - quello dell’allora presidente di An a Napoli Luigi Bobbio - il Csm interpellò anche la Consulta, per riceverne conferma che il divieto del 2006 è in linea con l’articolo 98 della Costituzione ( necessità di garantire la terzietà dei giudici). Tutto vero. Così come è agli atti la sanzione inflitta a Bobbio: ammonimento. Verrebbe da dire che a Emiliano potrebbe toccare come minimo la stessa sorte e che la sua corsa a segretario Pd ne sarebbe pregiudicata, visto che, se fosse eletto, rischierebbe ulteriori e ben più gravi sanzioni dalla sezione disciplinare del Csm.

Eppure Emiliano confida in quella “costituzione materiale”, nel fatto che, essendogli stato possibile farsi eleggere sindaco di Bari prima e governatore della Puglia poi con il chiaro sostegno del Pd ( dal 2007), sarebbe insensato e ipocrita contestargli di essersi iscritto a quel partito.

Tanto più che in tutto questo periodo è sempre stato in aspettativa. Vincerà la sua linea?

Se non accadesse, se già lunedì le cose si mettessero male, la strada delle primarie rischia di diventare, per l’antagonista di Renzi e Orlando, ancora più tormentata.