«Saremo in duemila, da tutto il mondo, sulla spiaggia di Sousse a sfidare il terrorismo: ringrazio l’avvocatura italiana per aver promosso questo gesto di solidarietà nei confronti del mio Paese». L’ambasciatore tunisino in Italia, Moez Sinaoui, è vinto dalla commozione: ha a fianco i vertici dell’avvocatura istituzionale italiana, da cui viene un’idea che può davvero aiutare il suo Paese a liberarsi dalla morsa del terrore. Dal 18 al 21 maggio si muoveranno solo dall’Italia 700 tra rappresentanti dell’ordine forense e loro accompagnatori per partecipare a un grande evento a Sousse, nell’Hotel Imperial, il resort attaccato dai terroristi il 26 giugno 2015 e da allora rimasto chiuso: una quattro giorni di dibattiti e relazioni internazionali in cui l’albergo riaprirà i battenti per la prima volta dopo il feroce assalto di due anni fa. Quel giorno furono uccisi 39 turisti, colti inermi sulla spiaggia: un eccidio che ha rappresentato qualcosa di molto prossimo al colpo di grazia per il turismo tunisino, già duramente provato dall’attentato al museo del Bardo. A promuovere l’iniziativa è il Consiglio nazionale forense italiano insieme con l’Ordine nazionale degli avvocati tunisini: i partecipanti dall’Italia verranno ospitati tutti all’Imperial. E saranno più di mille i rappresentanti degli ordini forensi di altri Paesi: oltre che dalla Tunisia, si aggiungeranno le diverse avvocature europee, Francia e Spagna in testa, e altri ancora verranno persino dagli Stati Uniti. L’ambasciatore parla appunto di «duemila persone che diranno no al terrorismo e all’estremismo: manderemo un messaggio a tutto il mondo».

In conferenza stampa, con Sinaoui, c’è Ameur Meherzi, che dell’Ordine forense di Tunisi è presidente da 4 mesi. Lo accompagna il predecessore Essid Abdelaziz, che aveva ricevuto il Premio Nobel per la pace del 2015, come riconoscimento del ruolo decisivo degli avvocati nel processo di democratizzazione del Paese. A un gesto che ha pochi precedenti nella storia recente della lotta al terrore aderiscono, con il Cnf, tutte le altre organizzazioni rappresentative dell’avvocatura italiana: da Cassa forense all’Ocf, dagli Ordini territoriali alle associazioni, in testa Aiga, Anf, Uncc e Ucpi. Dà il proprio sostegno il Csm, rappresentato all’incontro di ieri dalla consigliera laica Paola Balducci. Anche lei avvocato, come lo stesso ambasciatore Sinaoui, e in pie- na sintonia con i colleghi che fanno gli onori di casa: il presidente del Cnf Andrea Mascherin e il consigliere Francesco Caia, che per l’organismo dell’avvocatura istituzionale coordina la commissione Diritti umani. «Spesso nel fronteggiare il terrorismo si ricorre a gesti simbolici, fiaccolate a cui non segue nulla: noi avvocati abbiamo pensato di passare dalle parole ai fatti», dice Mascherin. E il fatto, simbolico ma nello stesso tempo «concreto ed efficace», spiega Caia, «è anche quello che si verificherà sabato 20 maggio, quando avvocati e turisti presenti in quei giorni a Sousse faranno un tuffo collettivo nelle acque di quella spiaggia presa d’assalto due anni fa: vogliamo dimostrare che si può sperare in un futuro migliore, vincere il terrorismo e affermare la democrazia».

Senza turismo, ricorda il presidente degli avvocati tunisini, «un Paese come il nostro è messo a durissima prova: siamo grati all’avvocatura italiana perché ha sfidato la tentazione di cedere alla paura, di credere che venire da noi sia ormai troppo pericoloso: e ha trascinato con sé colleghi da ogni parte del mondo». Quanto sia importante per la Tunisia il “progetto Imperial” del maggio prossimo si capisce dal fatto, aggiunge Meherzi, «che in questo momento da noi non si parla d’altro che di quest’iniziativa: non dimenticheremo mai quello che avete fatto». Non bisogna arrendersi, ricorda Balducci, «se lo si affronta uniti, il terrorismo non vince». Ne è convinto anche Mascherin, che parla apertamente in termini di sfida: «Il terrorismo può far paura, ma deve temere a sua volta gli avvocati: in noi ha trovato un nemico difficile da sconfiggere, perché la storia dimostra che chi dichiara guerra al diritto prima o poi deve arrendersi».