Matteo Renzi non è mai stato giustizialista. Il suo ingresso in politica è stato la fine di quell’antiberlusconismo che dalle aule giudiziarie ha fortemente condizionato anche la vita politica del Paese, in primo luogo a sinistra. Ma dopo l’esperienza Consip che ha toccato direttamente il padre e uno dei suoi uomini più fidati Luca Lotti, l’ex premier ha fatto qualcosa di più e porta come testimonial al Lingotto Tommaso Nugnes, figlio dell’assessore napoletano che si suicidò nel 2008. La sua è una storia emblematica di quel processo mediatico che anticipa la sentenza alle indagini, condannando anzi tempo persone che poi vengono assolte dai giudici.

Così è stato per Giorgio Nugnes, coinvolto nell’affaire Global service, lo stesso che vide protagonista Alfredo Romeo. L’accusa era pesante: associazione a delinquere che riguardava lui e altri assessori della giunta Jervolino. Qualche giorno dopo, forse anche a causa delle pressioni dei servizi segreti che ingigantirano le dimensioni dell’inchiesta, l’assessore napoletano si tolse la vita.

Era il 29 novembre del 2008.

Prese una corda, la girò intorno al collo, la legò a un’inferriata e si getto nel vuoto. Morì nella sua casa di Pianura. Il tempo gli ha dato ragione, ma in maniera crudele. Perché tutti coloro che erano coinvolti nell’inchiesta e che affrontarono il processo furono assolti.

Ma per Nugnes la sentenza era già stata emessa subito dai giornali. E anche la morte non gli risparmiò giudizi ingrati, come quando la sindaca Rosa Russo Jervolino parlò del suo gesto come un «sussulto di dignità che probabilmente sarebbe mancato ad altri», dando per scontata la sua colpevolezza. Questa volta la parola passa al figlio, a una delle tante persone a cui il circo mediatico giudiziario ha rovinato la vita, sottopendole alla gogna pubblica. C’è chi resiste, c’è chi combatte, anche se si ammala come Enzo Tortora che poi ne è morto, e c’è chi si toglie subito la vita. La decisione di Renzi di esporsi su questo fronte non è scontata, è un importante decisione che può costruire, anche a sinistra, una cultura diversa, capace di contrastare il processo mediatico e il giustizialismo. E’ una strada difficile, impervia. Ma fondamentale. In questi anni il processo mediatico ha cambiato, anche culturalmente, il Paese.

Rivendicare la storia di un figlio che ha perso il padre perché indagato è una mossa ad effetto, ma efficace, per dire basta. Renzi lo sa, ci sta passando, l’importante che non dimentichi e vada avanti nel costruire una cultura diversa.

L’ASSESSORE NAPOLETANO FU COINVOLTO, INSIEME A ROMEO, NELL’INCHIESTA SULLA GLOBAL SERVICE. IL PROCESSO MEDIATICO FU TERRIBILE E LUI SI IMPICCÒ. NEL PROCESSO VERO E PROPRIO FURONO TUTTI ASSOLTI