Da insistente è diventata assordante: la parola “primarie” rimbomba nei corridoi per ora ancora deserti della coalizione di centrodestra e a pronunciarla non sono più solo i leghisti e Fratelli d’Italia. «Se nel partito non se ne parla, mi prendo io l’onere di organizzare questo dibattito», ha esordito davanti alla platea delle grandi occasioni Altero Matteoli, in un convegno organizzato dalla sua Fondazione, con un titolo emblematico: “Verso le primarie per il centrodestra? ”. Al tavolo, il vecchio leone di Alleanza Nazionale ha riunito tutte le facce del centrodestra vincente degli anni 2000 e anche gli esuli dell’ex Popolo delle Libertà: Mario Mauro di Popolari per l’Italia, Gaetano Quagliariello, il potente governatore ligure Giovanni Toti, l’ex enfant prodige oggi leader di Conservatori e Riformisti Raffaele Fitto, Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e idealmente anche Matteo Salvini, corso a Bruxelles e sostituito dal capogruppo leghista alla Camera Massimiliano Fedriga. Il clima è quello festoso di una reunion nella platea gremita di militanti, qualche volto noto ( in prima fila siede l’ex sindaco di Roma, già An e fresco fondatore di Movimento nazionale per la sovranità, Gianni Alemanno) e qualche delegazione territoriale. Abbracci, sorrisi e grandi strette di mano tra quelli che ad oggi sono ancora ex alleati.

E pazienza se l’iniziativa di Matteoli ha fatto scatenare le ire di Silvio Berlusconi, che solo pochi giorni fa aveva di nuovo sparigliato le carte proponendo Luca Zaia candidato premier, rivendicando la golden share esclusiva sulla scelta del leader. «Ho sentito le voci uscite sulla stampa, pazienza - ha liquidato il tutto Matteoli con l’alzata di spalle di chi la sa lunga - non mi agito più di tanto e anzi dico che qui mi sento libero di dire ciò che penso». La platea applaude, gli invitati lo ringraziano per l’occasione di confronto che, evidentemente, da altre componenti di Forza Italia non è arrivata.

La parola “primarie” latita sulle bocche degli invitati, «sono un elemento possibile, ma condizionato alla legge elettorale» le definisce Toti; «sono la conseguenza logica di una premessa che si chiama coalizio- ne, altrimenti diventano un Superenalotto», rincara Mauro; «servono a buttare nel fuoco il manuale Cencelli e restituire forza alla volontà popolare» chiosa invece il leghista Fedriga. Eppure nessuno le chiede con forza. Tutti, invece, si rincorrono intorno alla volontà di unire il centrodestra, «che secondo i sondaggi veleggia verso il primo posto alle elezioni, come unico vero contrasto ai Cinquestelle» ha spiegato Toti. «Il centrodestra unito vince, se riesce a proporre delle risposte ai problemi del nostro tempo, come la famiglia e l’immigrazione» ha aggiunto Fedriga. Del resto, così ha esordito anche il padrone di casa Matteoli: «Il centrodestra deve tornare a ragionare, perché nella coalizione ci sono le soluzioni per tornare a governare». Un imperativo che piace a tutti, «Del resto, quali sono le cose che ci dividono? Davanti a una sinistra che si divide e un Movimento 5 Stelle che vuole strategicamente fare l’opposizione permanente, la nostra unità è un'esigenza del Paese» ragiona Quagliariello. L’unica ad evocare in sala il nome di Berlusconi è la pasionaria Giorgia Meloni, che strappa più di un’applauso alla platea: «Altro che populisti, Berlusconi è stato il primo ad essere tacciato di populismo perché era in sintonia coi bisogni della gente. Questo noi dobbiamo fare: con una sintesi alta». Del resto, rincara, «dobbiamo opporci a una sinistra che ha come unica proposta di sviluppo del paese quello di diventare il campo profughi d’Europa». Meloni torna anche sull’ipotesi di una lista unitaria, «che io ho proposto perché, se la legge elettorale non cambia, l’alternativa è andare in ordine sparso. Le primarie invece le normiamo per legge, nella nostra proposta di legge elettorale. Vogliamo trovarci almeno su questo?» provoca i colleghi al tavolo.

Insomma, c’è voglia più di coalizione e meno di primarie e questo non spiace certo Matteoli, da sempre scettico sullo strumento e molto più affezionato proprio all’unità del centrodestra. Una coalizione, tuttavia, che nel rinascere si dovrà necessariamente scontrare sul tema del leader, e allora il convitato di pietra Silvio Berlusconi ( ancora in attesa della “riabilitazione” da parte della corte di Strasburgo) tornerà a proiettare la sua ombra che, forse, è diventata troppo ingombrante.