Il suo intervento all’assemblea del Partito Democratico di domenica è stato tra i più applauditi, scaldando i cuori di una platea in piena crisi esistenziale di fronte alla prospettiva della scissione. Oggi Teresa Bellanova, viceministro allo Sviluppo economico e un passato da sindacalista nel settore dei braccianti, saluta con sollievo il “ritorno” di Michele Emiliano e avverte: «Se scissione comunque ci sarà, ad uscirne indebolito sarà soprattutto il governo Gentiloni». Onorevole, il dietrofront di Emiliano è un primo parziale successo? Certo, io però invito anche gli altri candidati a fare la stessa scelta: rimanete nel Partito Democratico e non sottraetevi alla pratica della democrazia, che significa misurare il consenso tra gli iscritti e i militanti. Ecco, se anche Enrico Rossi e Roberto Speranza rimanessero sarebbe un bellissimo segnale, non significherebbe certo che i rapporti tra gruppi dirigenti si sono recuperati ma sarebbe una prova di rispetto verso le persone che hanno creduto nel Pd, che animano i nostri circoli e chiedono di perdere meno tempo a litigare e più tempo alla soluzione dei problemi del Paese. Eppure, l’intervento di Emiliano è stato tutt’altro che distensivo, anzi un vero e proprio attacco frontale all’ex segretario e alla sua assenza in direzione... Francamente questa mi sembra una polemica senza senso. Immagino che Matteo Renzi avesse assunto questo impegno negli Stati Uniti in precedenza, inoltre domenica ha rimesso il suo mandato da segretario e quindi sono le nostre stesse regole statutarie a prevedere che non era lui a dover condurre i lavori della direzione. Per un Renzi e un Emiliano uno contro l’altro armati, quel che rimane della sinistra dem continua a lavorare per una mediazione anche senza aver presentato un candidato alla segreteria, almeno per ora. Lei idealmente dove sente di collocarsi, in questa fase? Io quando ho partecipato alla costruzione del Pd non ho mai pensato di essere la sinistra, mentre gli altri che lo fondavano con me erano un’altra cosa. Il Pd è nato per superare il riformismo cattolico e quello di sinistra, per contenere l’essenza e il meglio di queste due culture. La mia collocazione oggi è questa: il Partito Democratico, che oggi rappresenta davvero la sinistra e il cuore dell’innovazione politica di questo Paese. Questo travaglio nel Pd, però, rischia di far traballare le fondamenta del governo Gentiloni? Se scissione ci sarà, per forza di cose determinerà uno scossone, che però ancora non è quantificabile. Io spero che ci sia spazio per una ulteriore riflessione e per un confronto con chi pensa di andarsene, ma se - malauguratamente - si avvierà la formazione di gruppi parlamentari autonomi, va da sé che il governo ne uscirà indebolito. A proposito di confronto, lei ha avuto modo di sentire qualcuno degli “scissionisti”? Chi in queste ore riflette sulla sua uscita ha mantenuto luoghi autonomi di riflessione. Io ho sentito e parlato con moltissimi militanti e anche dirigenti, che ci chiedono di andare avanti. E le ragioni di questa scissione le capisce? Io lo dico chiaramente: non ho apprezzato il fatto che chi anima da tempo gli studi televisivi parlando di lasciare Pd non abbia ritenuto di prendere la parola all’assemblea di domenica per motivare le proprie ragioni e magari cercare una sintesi che allontanasse la scissione. Quanto ai motivi, oggettivamente trovo assurdo e incomprensibile che il disaccordo su una data metta in discussione un grande progetto politico come quello del Pd. C’è chi ha notato il fatto che la scissione sia “tutta al maschile”, lo è anche questa litigiosità? Guardi, domenica anche per me è stata forse la prima volta di un intervento in assemblea, eppure le assicuro che in questi anni non mi sono risparmiata nel fare iniziative politiche e confronti nei circoli del partito. Ecco, io sono convinta che le donne del Pd stanno lavorando ancora, anche in queste ore, per tessere la tela di un percorso democratico condiviso. Quanto all’indole, forse noi donne abbiamo una propensione maggiore a ricucire ed ora la stiamo impegnando per ricucire il nostro partito. Da donna con una lunga storia sindacale alle spalle, non ha avuto momenti di disagio nel Pd? Il rapporto tra il Pd e tutte le organizzazioni sindacali è stato dialettico. Del resto, ricordo confronti molto accesi e aspri con la Cgil anche prima della nascita del Pd. E’ un bene che tra forze politiche e rappresentanti dei sindacati il rapporto sia così vivo. Eppure proprio davanti alla sede del Nazareno ieri si sono consumati scontri da parte dei tassisti e degli ambulanti... Quello che è successo non è però ascrivibile ad un rapporto difficile tra un partito e una rappresentanza sindacale. Li ci sono stati degli atti di violenza e azioni fasciste, che non hanno nulla a che fare con il confronto e la soluzione dei problemi. una protesta è legittima fin quando sta dentro il rispetto delle regole democratiche. A proposito di difficili rapporti sindacali, lei sedeva al tavolo sulla questione Alitalia. Come procede la trattativa? Quella di Alitalia è una vertenza difficile e l’azienda attraversa una situazione economico-finanziaria molto pesante. Insieme ai ministri Delrio, Poletti e Calenda abbiamo incontrato le organizzazioni sindacali nel settore e ascoltato le ragioni che le hanno portate a proclamare lo sciopero di domani. Poi, sulla base dell’accordo fatto con loro, abbiamo ricevuto l’amministratore delegato di Alitalia per chiedergli di superare le scelte unilaterali. E ora, quindi? In attesa della presentazione del piano industriale, Alitalia deve assolutamente riparare a questa situazione, superando l’atto unilaterale della disdetta del contratto di lavoro. E apprendo con piacere che, dopo la mediazione, ora l’associazione di rappresentanza ha convocato un tavolo di confronto con i rappresentanti sindacali.