I magistrati di sorveglianza in tutta Italia sono pochi e costretti a fronteggiare una “presa in carico” di detenuti ai limiti dell’insostenibile: 55.381. È il quadro che emerge dall’elenco generale riguardante le sedi vacanti degli uffici di sorveglianza aggiornato al 30 gennaio 2017. Un documento del Consiglio superiore della magistratura che la dirigente radicale Rita Bernardini è riuscita a ottenere. Dall’elenco emerge che i magistrati di sorveglianza sono costretti a seguire dai 117 ai quasi 400 detenuti a testa. A pagarne le spese questi ultimi e le loro famiglie.

Imagistrati di sorveglianza in tutta Italia sono pochi e costretti a fronteggiare una quantità di detenuti che, al contrario, è ai limiti dell’insostenibile: 55.381. Questo è il quadro che emerge dall’elenco generale riguardante le sedi vacanti degli uffici di sorveglianza aggiornato al 30 gennaio 2017. Un documento che la radicale Rita Bernardini è riuscita a reperire dal Consiglio superiore della magistratura. Dall’elenco emerge che i magistrati di sorveglianza sono costretti a seguire dai 117 ai quasi 400 detenuti a testa. In totale risulterebbero in servizio 204 giudici, quota da cui vanno però sottratti 21 posti vacanti.

Per ogni magistrato, se l’organico fosse al completo, risulterebbe una media di presa in carico di 271 detenuti. Ma la mole di lavoro risulta maggiore proprio perché mancano delle unità. La situazione è questa, nonostante l’iniziativa del ministro della Giustizia Orlando che nel settembre del 2015 aumentò la pianta organica dei magistrati di sorveglianza, prevedendo l’introduzione dei giudici di prima nomina per sopperire ai “vuoti”. Invece, secondo quanto risulta dal documento, la distribuzione non ha coperto in maniera equa i posti scoperto.

Per esempio nella sola Lombardia l’organico prevede 25 magi- strati, ma effettivamente in servizio ce ne sono 20. In pratica ogni magistrato deve prendersi in carico ben 393 detenuti.

Giovanna Di Rosa, presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano, è intervenuta alla trasmissione “Radio Carcere” condotta da Riccardo Arena su Radio Radicale e ha spiegato che nel suo distretto, nel 2015, la pianta organica è stata aumentata, sulla carta, da 10 a 12 magistrati. In realtà i posti vacanti sono 4. Quindi nel distretto di Milano, operano solamente otto magistrati. Come se non bastasse, in alcune regioni come la Basilicata, Lazio, Toscana e Trentino, manca addirittura la figura del presidente del Tribunale di sorveglianza.

È evidente che con la carenza dell’organico si penalizza la funzione rieducativa del sistema penitenziario e anche la salvaguardia del rispetto dei diritti di ogni singolo detenuto. Il magistrato di sorveglianza ha il compito di vigilare sull’organizzazione degli istituti di prevenzione e pena e di prospettarne al ministero della Giustizia le varie esigenze, in particolare quelle relative alla rieducazione e alla tutela dei diritti di quanti sono sottoposti a misure privative della libertà.

Al magistrato di sorveglianza spettano l’approvazione del programma di trattamento rieducativo individualizzato per ogni singolo detenuto ( che l’amministrazione del carcere è tenuta per legge a redigere), la concessione dei permessi, l’ammissione al lavoro all’esterno, l’autorizzazione a effettuare visite specialistiche, ricoveri ospedalieri o ricoveri per infermità psichica ( su richiesta del servizio medico del carcere), la decisione sulla liberazione anticipata ( 45 giorni ogni sei mesi di detenzione del condannato che partecipa all’opera di rieducazione) e sulla remissione del debito dovuto per spese processuali penali o di mantenimento in carcere.

La legge pone al magistrato di sorveglianza l’obbligo di andare frequentemente in carcere e di sentire tutti i detenuti che chiedono di parlargli, e gli attribuisce il compito di valutare i reclami presentati dai detenuti per provvedimenti disciplinari disposti dall’amministrazione penitenziaria o per altri motivi. Autorizza i colloqui telefonici dei detenuti e l’eventuale controllo della corrispondenza. Visto il parere della direzione dell’istituto autorizza l’ingresso di persone estranee all’amministrazione penitenziaria, come quanti prestano attività di volontariato o partecipano a iniziative di formazione o di lavoro rivolte ai detenuti.

Il magistrato di sorveglianza inoltre decide sulle sospensioni e i differimenti nell’esecuzione della pena, sovrintende all’esecuzione delle misure alternative alla detenzione carceraria ( affidamento in prova ai servizi sociali, detenzione domiciliare, semilibertà).

Provvede al riesame della pericolosità sociale e alla conseguente applicazione, esecuzione e revoca, delle misure di sicurezza disposte dal tribunale ordinario. Determina in merito alle richieste di conversione o rateizzazione delle pene pecuniarie. Decide per quanto concerne le espulsioni di detenuti stranieri e le prescrizioni relative alla libertà controllata. Esprime un parere sulle domande o le proposte di grazia. Tutte funzioni che servono a garantire l’attuazione dell’articolo 27 della Costituzione italiana secondo il quale “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Vista la mole di lavoro dei magistrati di sorveglianza e l’organico così ridotto è evidente che ne risulti danneggiato tutto il sistema penitenziario, soprattutto i detenuti e le loro famiglie.