Come era prevedibile dai risultati del primo turno, Benoît Hamon vince le primarie socialiste ( 58%) e sarà il candidato ufficiale alla presidenza della Repubblica francese. Con pochi entusiasmi per carità, anche perché lo stato pietoso in cui versa il Ps non autorizza alcun trionfalismo e impone il profilo basso: secondo tutti i sondaggi Hamon non ha nessuna speranza di approdare al ballottaggio, la sua è quel che si dice una missione impossibile; attualmente sarebbe al quinto posto, dietro Marine Le Pen, il gollista Fillon, il socialista dissidente Macron ( sostenuto da diversi deputati e ammnistratori del Ps) e persino dopo la sinistra radicale di Mélenchon. Stando a un’inchiesta realizzata dall’istituto Kantar Sofres- One Point per Le Figaro, RTL e LCI, tra Fillon e Macron è ormai testa a testa. Il primo otterrebbe il 22% e il secondo il 21% al primo turno delle presidenziali, ad aprile. Entrambi verrebbero sorpassati da Marine Le Pen, con il 25% delle preferenze: la leader del FN arriverebbe comunque al ballottaggio ma, con qualunque avversario, verrebbe sconfitta al secondo turno. Quarto il Front de Gauche di Mélelnchon ( 12%) e fanalino di coda Hamon poco oltre il 10% delle intenzioni di voto.

Insomma un disastro annunciato che soltanto un miracolo potrebbe impedire.

Ma l’esito delle primarie se non altro ha spazzato via gli ultimi epigoni del fallimentare quinquennato Hollande, soffocando in culla le ambizioni dell’ex premier, il moderato Valls e ha riorientato la barra del partito decisamente a sinistra. Sbaglia però chi definisce Hamon un politico antiquato e non solo dal punto di vista anagrafico ( ha 49 anni); nel suo programma ci sono elementi di rottura e novità rispetto alla tradizione socialista transalpina e in generale, alle morenti socialdemocrazie europee: Hamon si è detto favorevole al reddito di cittadinanza universale ( che fa storcere il naso a diversi politci della gauche) ed è favorevole a un’ulteriore riduzione del tempo di lavoro che a suo avviso non dovrebbe superare le 32 ore settimanali ( attualmente è a 35 ore, un’eredità del governo Jospin della fine anni 90). Sul tema dei diritti Hamon è classicamente progressista: sostenitore del matrimonio gay, dell’accoglienza di profughi e migranti e della legalizzazione della cannabis, promette che darà battaglia per evitare una deriva reazionaria del paese dei diritti dell’uomo.

Tutte intenzioni nobili se non fosse che per il momento rimangono confinate nel campo dei desideri e delle ipotesi immaginifiche. Consapevole delle difficoltà della sua candidatura, Hamon vorrebbe riunire sotto le sue insegne anche altri candidati di sinistra. Molto difficile ( se non utopistico) che ci riesca con Mélenchon, il quale non accetterebbe mai di farsi da parte per favorire un esponente del Ps, ma è complicato anche con l’ecologista Yannik Jadot, il quale ha espresso seri dubbi sulla capacità di raccogliere consensi del socialista: «Le sue idee sull’ambiente sono buone, ma non ha molte chance di unire la sinistra e di sicuro non riuscirà nell’impresa di Hollande di cinque anni fa».

Insomma, la strada verso l’Eliseo per il giovane Hamon è lunga e in salita, ma a questo punto tanto vale crederci e provare a rianimare il cadavere politico socialista.