Gli ex premier Mario Monti e Matteo Renzi e gli ex numeri uno di Bankitalia, Mario Draghi e Fabrizio Saccomanni. E ancora l’ex ambasciatore in Messico Roberto Spinelli, il comandante generale della guardia di finanza Saverio Capolupo, e il direttore dell’ufficio ordine pubblico del dipartimento della polizia, Armando Forgione: tutti finiti, insieme a centinaia di altri personaggi di primo piano nel campo della finanza, dell’industria, della politica e della massoneria, in una gigantesca rete di spionaggio elettronico venuta fuori grazie all’indagine “Eye Pyramid”.

A “filmare” e dirigere questa ipertecnologica versione del grande fratello in grado di bypassare indisturbata le sicurezze informatiche delle vittime, incamerando milioni di file, ci sarebbero i fratelli Giulio e Maria Francesca Occhionero, romani ma residenti a Londra, finiti ieri in carcere. L’indagine condotta dal sostituto procuratore Eugenio Albamonte ha ricostruito il sistema che gli indagati avevano escogitato per infettare migliaia di utenze poste nei punti cardine del potere italiano, romano in particolare «al fine di trarne per sé o per altri profitto, o di recare ad altri un danno – scrive il Gip nell’ordinanza d’arresto – per raccogliere notizie che, nell’interesse politico interno o della sicurezza pubblica devono rimanere riservate e di cui in ogni caso è vietata la divulgazione». Quello venuto fuori sembra un mastodontico sistema di spionaggio informatico che potrebbe avere raccolto dati sensibili fin dal 2011 e che gli indagati avrebbero messo in piedi grazie ad un sofisticato malawere ( l’Eye Pyramid che da il nome all’operazione) che lo stesso Giulio Occhionero ( ufficialmente ingegnere nucleare) avrebbe curato e aggiornato regolarmente dal suo computer di casa. Un sistema incredibilmente sofisticato e che, con analogie simili e qualche riferimento informatico comune, era saltato fuori anche nel cor- so dell’indagine napoletana sulla cosiddetta P4, anche se in quella occasione gli investigatori non erano riusciti a risalire alla blindatissime società che gestivano i domini in grado di infettare gli account da colpire.

Quasi 19 mila «utenze univoche» intercettate illegalmente, delle quali quasi 1800 con relative password decrittate, in un vortice che comprende, tra gli altri, almeno 20 importanti studi legali specializzati in diritto amministrativo e commerciale e praticamente tutte le utenze informatiche dei vertici della massoneria italiana, di cui lo stesso Occhionero risulta essere membro, oltre a indirizzi importanti in seno a Enel, Finmeccanica, Acea e Enav. E proprio da una mail sospetta inviata all’Enav dallo studio di un avvocato ( finito a sua volta nella rete tesa dagli indagati e utilizzato a sua insaputa come cavallo di Troia per infiltrare la nuova vittima) sono partiti gli investigatori per risalire alla complicata ragnatela di società, domini e server dove rimbalzavano le notizie trafugate prima di essere criptate e stipate in due differenti server protetti da un particolare protocollo che consente l’oscuramento dei dati dei reali gestori. I server in questione erano stati affittati da una società statunitense contattata da altre società riconducibili agli indagati ed erano custoditi nei laboratori di Prior Lake in Minnesota e di Salt Lake City nello Utah.

In quelle scatole elettroniche che attualmente, in attesa della rogatoria internazionale, sono state “congelate” grazie alla collaborazione con la polizia federale americana, potrebbero esserci, ipotizzano gli inquirenti, milioni e milioni di file illegalmente acquisiti. «L’ulteriore acquisizione dei contenuti già sottratti dagli indagati - annota il gip sottolineando la gravità dell’ipotesi accusatoria apre ulteriori spazi per l’aggravamento delle contestazioni, atteso che, una volta dimostrata la segretezza di alcuni di essi e la loro pertinenza a settore politico e militare, già oggi altamente probabile, sarebbe inevitabile qualificare ricondurre le azioni criminose nell’ambito dei delitti contro la personalità dello Stato». E che le informazioni contenute nei server siano importanti e riservate lo suggerisce anche il fatto che Occhionero, venuto a conoscenza dell’indagine a suo carico, avrebbe richiesto alle società americane che le gestiscono, di recuperare i server stessi e di metterli offline prima di inviarli fisicamente in Italia. Ora resta da scoprire quale mercato alimentassero le informazioni sottratte e incamerate illegalmente.