PROFUGHI

La recente e asperrima campagna elettorale sulle riforme proposte dal governo Renzi aveva avuto – almeno a prima vista – vari effetti politici e istituzionali, dei quali uno sembrava decisamente positivo e rassicurante: la dimostrazione di attaccamento – da parte di gran parte del paese, e del ceto politico, e dei giornalisti, e dei magistrati, e di molti altri rappresentanti della classe dirigente – alla Costituzione italiana che è in vigore dal 1948. Soprattutto dal fronte del No, che poi ha vinto largamente il confronto alle urne, è venuta una richiesta fortissima di rifiuto di ogni “stravolgimento “ della Costituzione. Eppure la riforma Renzi– Boschi si limitava a portare delle modifiche alla seconda parte della Costituzione, quella che riguarda l’ordinamento dello Stato. Non si sognava neppure di sfiorare i principi fondamentali.

I nostri “padri costituenti” avevano suddiviso la Carta costituzionale in tre segmenti. Il primo è un preambolo, e fu intitolato “i principi fondamentali”. Poi ci sono la prima parte della Costituzione che definisce i Diritti e i Doveri dei cittadini, e dunque delinea il nostro Stato di diritto. E poi c’è la Seconda parte che stabilisce i modi e le forme dell’esercizio dei poteri. Dal 1948 a oggi sono state portate 16 modifiche alla Costituzione. L’asilo politico è regolato dall’articolo 10 della Costituzione. Qualcuno lo ha letto?

Quasi tutte queste modifiche riguardavano la seconda parte, e solo pochissime la prima parte, considerata quasi intangibile. Nessuno mai si è però sognato di cambiare il preambolo della Costituzione e cioè i primi 12 articoli che stabiliscono i principi fondamentali della convivenza.

Tra questi primi 12 articoli, evidentemente, c’è anche l’articolo numero 10. Che si occupa degli stranieri che vengono a vivere in Italia, o che vorrebbero farlo. E’ composto da quattro paragrafi ( commi). Il quarto lo trascrivo: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge».

Non c’è bisogno di essere dei gran costituzionalisti per capire il senso e la lettera di questo articolo. Dice che l’Italia concede l’asilo politico a chi proviene dai paesi che non assicurano diritti e libertà pari a quelli che la Costituzione garantisce in Italia. Ora non è che ci siano molti dubbi su questo punto: in nessuno dei paesi africani dai quali provengono i profughi che in questi ultimi anni stanno sbarcando da noi, a centinaia di migliaia, viene assicurato neanche un centesimo dei diritti e delle libertà di cui godiamo qui nella penisola. Giusto? E allora possiamo francamente dire che il dibattito sui profughi è chiuso: tutti accolti.

Le cose però non stanno così. Il problema dei profughi esiste, è complicato, e sebbene abbia poco o nulla a che fare con i problemi del terrorismo islamico, è chiaro che è reso ancor più drammatico, nella psicologia di massa, dalla presenza in Europa del terrorismo islamico. E l’articolo 10 della Costituzione, che fissa un principio essenziale di civiltà, e cioè uno di quei principi per i quali la nostra è una grande civiltà e noi ne andiamo orgogliosi, non ci aiuta in nessun modo ad affrontare e risolvere il problema. Ci serve solo ad inquadrarlo.

Ci sono due strade, allora. La prima è quella di modificare questo articolo della Costituzione. Bisognerà poi spiegare come mai il mono– cameralismo sia considerato uno stravolgimento della Costituzione e la modifica di uno dei 12 principi essenziali non lo sia.

La seconda strada è quella di prendere atto di un principio, che è al fondo anche un principio di legalità, e di dedurne che nessuno può essere espulso.

Oppure c’è una terza strada, ma è strettissima. Che è quella di provare a ragionare su come rispettare l’articolo 10 della Costituzione e contemporaneamente realizzare politiche di accoglienza e di distribuzione ( se posso usare questo termine algido e un po’ repellente) che permettano di non far ricadere il peso dell’ondata di profughi sulle spalle – e sulla vita – solo di alcuni, e generalmente della fasce più deboli della nostra popolazione ( quella che vive nelle periferie, o nelle campagne). Creando ingiustizia, sofferenze e disagio sociali insopportabili.

Per fare questo bisognerebbe però che innanzitutto tutti i partiti decidessero di sospendere ( chessò: per 24 mesi?) la demagogia, almeno su questo punto, e accettassero di discutere le soluzioni possibili senza sperare di ottenere voti in più o di punire gli avversari strappandogli fasce di consenso. Sull’argomento immigrazione ci sono due posizioni estreme: quella della Chiesa, che chiede cristiana accoglienza comunque e senza limiti ( in linea con l’insegnamento di Gesù e con il pensiero e la morale cristiana) e quella – diciamo così: laica – della lega, di FdI e del Movimento 5 Stelle, che chiedono espulsioni di massa, spesso usando terminologie un po’ brutali. A metà strada ci sono forze che hanno una notevole influenza in Parlamento. Ma sembrano un pochino spaventate dall’aggressività degli altri.

Possiamo immaginare un tavolo di discussione, con dentro tutti, che cerchi soluzioni da portare poi – e da imporre – in Europa?

Dobbiamo stabilire qual è il budget che possiamo stanziare per l’accoglienza ( lo 0,7 per cento del Pil, per esempio, che è l’obiettivo fissato dall’Onu per la cooperazione e che, nell’emergenza potremmo stornare? Sarebbe una bella cifra: più o meno 15 miliardi all’anno); e poi decidere come dividerlo nella varie regioni italiane e come utilizzarlo al meglio, impedendo speculazioni, imbrogli e guadagni non dovuti da parte di associazioni varie. Subito dopo dobbiamo decidere, sulla base di numeri certi, quanti di questi profughi possiamo tenere in Italia, in modo civile, in sicurezza e sulla base di quel budget, e quanti invece pensiamo debbano essere accolti negli latri paesi europei. Infine dobbiamo imporci al tavolo europeo, ponendo la soluzione del problema profughi come condizione per la permanenza dell’Italia in Europa. Naturalmente un comportamento di questo genere metterebbe fuorigioco tutti quei fattori di populismo che sin qui hanno governato flussi consistenti di voti in tutti i partiti. Esiste la disponibilità della politica a compiere questo sacrificio? Cioè esiste la possibilità che la politica ponga “lo Stato” e “la Comunità” al di sopra dei propri interessi elettorali? Chissà.