BENVENUTI A BASMANE REPORTAGE LA CITTÀ È IL PORTO FRANCO DEI PROFUGHI CHE SOGNANO DI RAGGIUNGERE L’EUROPA

SMIRNE

Ci ha provato sette volte, Hasan. Un recente passato tra le bombe della guerra siriana, un presente d’incertezza a Smirne, in una Turchia scossa da attentati, golpe e contro- golpe. E un futuro che non sarà in Europa ( ma mai dire mai). Per sette volte il trentenne ha tentato senza successo di salire sul barcone e raggiungere le coste greche. Non lo ha fatto per lui, ma per i suoi quattro fratelli più piccoli, due dei quali ancora minorenni. L’ultimo tentativo, che pareva essere quello definitivo, è stato proprio a ridosso degli accordi tra Unione Europea e Turchia per il contenimento dei migranti. Non dormiva la notte per la preoccupazione, le notizie che arrivavano da Bruxelles erano confuse e si intrecciavano con le storie dei migranti picchiati lungo i Balcani e con quelle dei muri ungheresi e dei CIE greci. Alla fine, quando era pronto per partire, i trafficanti e la polizia turca non si sono “messi d’accordo” e il viaggio è saltato.

La famiglia di Hasan è una delle migliaia che in questi anni si è stabilita a Basmane, un quartiere del centro storico di Smirne che dal 2011 ad oggi si è trasformato in una vera e propria cittadella siriana. Un luogo d’attesa per chi deve trovare l’accordo con gli smugglers prima di imbarcarsi e sfidare le paturnie dell’Egeo e quelle delle guardie costiere. Ma anche di resilienza per chi decide di fermarsi e ricostruirsi una vita sfidando i fantasmi della guerra e un presente fatto di incertezza e approfittatori.

Prima degli accordi del 18 marzo 2016, Basmane era zeppo di siriani che, zaino sulle spalle, si fermavano qualche giorno prima di ripartire. Solo nel 2015, 850mila persone hanno raggiunto le isole greche dalle coste turche. «Ora il flusso si è incredibilmente ridotto, i controlli aumentati», spiega Valerio Muscella, un fotografo romano stanziato a Basmane. «Ma la gente continua a passare e il viaggio è diventato ancora più pericoloso».

Insieme al collettivo Croma, Muscella ha lanciato Chasing the stars, un web- doc interattivo che parte proprio da Basmane per raccontare come cambiano le vite di chi vorrebbe raggiungere l’Europa ma è bloccato, e quindi costretto a ripensare il proprio futuro. Il progetto ha ricevuto l’interesse di varie ong europee e su Indiegogo è stata lanciata una campagna di

crowdfunding per continuare a raccontare i luoghi “d’attesa” dei migranti dentro e fuori la fortezza Europa. Il quartiere è un vero e proprio polo multietnico, in cui sunniti, sciiti e cristiani, arabi e curdi, turchi e attivisti internazionali stanno provando, dal basso, a costrui- re nuove forme di comunità, attraverso la fondazione di botteghe, laboratori d’artigianato, ristoranti. Le alternative sono la criminalità organizzata e lo sfruttamento nell’industria, specialmente tessile. Un fenomeno che riguarda sempre più bambini siriani, i cui servigi spesso sono l’unica fonte di sostentamento per le famiglie.

In base agli accordi di marzo 2016, coloro che raggiungono le isole greche sull’Egeo devono essere rimandati in Turchia. Se per lo meno i siriani hanno il diritto di rimanere in Anatolia, le cose sono ben diverse per gli altri migranti, soprattutto afgani e pakistani, che vengono deportati nei loro paesi d’origine. Gli accordi sono stati severamente criticati perché violerebbero apertamente la Convenzione sullo status dei rifugiati stipulata a Ginevra nel 1951 e creerebbe un pericolosissimo precedente. Tra i più critici c’è “Multeci- Der”, l’associazione di legali di base a Smirne che sin dall’inizio della crisi dei migranti ha seguito i casi più spinosi d’accoglienza in Turchia. «L’Europa sta cercando di dimostrare che la Turchia è un paese terzo sicuro per legittimare espulsioni in massa», dicono i responsabili dell’organizzazione. «Sebbene la Turchia ospiti più di tre milioni di rifugiati e ci sono dei miglioramenti nella legislatura locale, nella pratica sul campo ci sono serissime violazioni di diritti». Ne sa qualcosa la ventiseienne afgana Angiza, incinta: «Appena arrivati in Turchia ci hanno messo una baracca dove in genere tengono i cani e hanno chiuso la porta a chiave. Siamo stati due notti lì senza nemmeno sapere chi fossero ( Daesh? talebani? trafficanti?) e cosa avrebbero di noi». Da Cesme, l’estremità di una piccola penisola a 70 chilometri da Smirne, c’è l’imbarco per Chios, Europa. «Vediamo cosa decideranno, il mare e Allah, di noi. Io so che sono nata in guerra, cresciuta in guerra e potrei morire in guerra. Ma non voglio che sia lo stesso per il mio bambino».

HASAN VIVE IN CITTÀ MA HA GIÀ PROVATO SETTE VOLTE A RAGGIUNGERE LE COSTE GRECHE.

IL SUO SOGNO DI UNA NUOVA VITA SI STA SCONTRANDO CON GLI ACCORDI TRA UE E TURCHIA PER CONTENERE I MIGRANTI, CHE VIOLANO LA CONVENZIONE DI GINEVRA