È iniziata nell’incertezza la 115esima legislatura americana. A Washington si è riunito il Congresso che accompagnerà il presidente Donald Trump, almeno per i due anni che mancano alle elezioni di mid- term.

I senatori repubblicani hanno già mostrato le intenzioni sul tema più caldo della politica interna degli ultimi anni: la riforma sanitaria di Barack Obama. Appena cominciati i lavori, il presidente della Commissione Bilancio Mike Enzi ha inserito nella bozza del bilancio la cancellazione dell’Obamacare, che ha esteso la copertura sanitaria a circa 20 milioni di statunitensi che ne erano privi. «Gli americani hanno dovuto affrontare costi e tasse altissimi e le assicurazioni si sono ritirate dal mercato, lasciando le famiglie con meno scelta rispetto a prima: la riforma ha prodotto tutto il contrario di quello che prometteva» ha attaccato Enzi.

Ieri, in contemporanea, il vice presidente entrante Mike Pence e il presidente uscente Obama si sono fiondati a Capitol Hill per riunire i rispettivi senatori e studiare la strategia da tenere. La partita si gioca al Senato, dove i Repubblicani hanno un vantaggio di soli due eletti ( 52 a 48), lontano dall’assicurare i 60 voti necessari a interrompere l’eventuale ostruzionismo parlamentare, il cosiddetto filibuster. Per approvare la legge di bilancio invece basta una maggioranza semplice ed è su questo che punta il GOP. Presumibilmente, nel dibattito dei prossimi giorni, il partito di Trump cercherà di eliminare molti aspetti economici della riforma, fra cui le tasse per finanziarla, i fondi per espanderla e i sussidi federali.

Per il momento l’Obamacare rischia di venire congelata ma non cancellata, perché i Repubblicani non hanno idea di cosa inventarsi per rimpiazzarla. Il senatore John Thune ha anticipato che il suo partito non vuole «creare confusione nel sistema sanitario o lasciare senza copertura migliaia di elettori repubblicani» e quindi sta pensando a «fondi temporanei per permettere ai cittadini di curarsi e alle assicurazioni di fornire il servizio». La discussione su come regolamentare il sistema sanitario, che ha un costo di 3mila miliardi all’anno, potrebbe occupare dai 18 mesi ai tre anni o più, secondo le stime repubblicane. Una ricerca indipendente contro il deficit pubblico ha stimato che la cancellazione dell’Obamacare comporterebbe un aumento del deficit statunitense di oltre 350 miliardi di dollari in dieci anni.

«Prima di smantellare la riforma, il Congresso dovrebbe dettagliarci come intende sostituirla» ha scritto ieri James Madara, rappresentante dell’American Medical Association.

Finora però, né i Repubblicani né il presidente Trump sono andati oltre agli annunci: «Cancellare l’Obamacare è la prima cosa che farà il presidente appena sarà in carica» ha ripetuto ieri il vice Pence. C’è da dire che anche nei sondaggi più recenti la maggioranza degli americani si dice contenta dell’Obamacare e da qui vuole partire la campagna di Obama e dei democratici per salvare la legge: «Dobbiamo uscire e raccontare le storie di chi ne ha beneficiato» ha spiegato il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest. Il 27 gennaio, giorno del voto sul budget, conosceremo l’esito di questo primo round.

Non c’è solo l’Obamacare ad agitare la politica nella nuova era repubblicana. Le sanzioni alla Russia sono l’altro grande tema, su cui anche ieri Donald Trump non ha lesinato tweet. Tornando a criticare la ' intelligence' ( virgolette sue) americana, il presidente eletto ha citato le parole di Julian Assange: «Lui ha detto che un ragazzino di 14 anni avrebbe potuto hackerare gli account di Podestà ( il capo della campagna di Hillary Clinton, ndr) e che i russi non c’entrano niente». La comunicazione di Trump continua a svolgersi sui Social, dove non è tenuto a rispondere a chi lo accusa di trattare la più importante crisi con la Russia dai tempi della Guerra Fredda basandosi sui tweet di un uomo che negli Usa è accusato di spionaggio, piuttosto che sui dossier di Cia e Fbi.

L’incontro fra gli 007 e Trump è previsto per domani, mentre mercoledì prossimo Trump terrà la prima conferenza stampa dalla sua elezione. Sarà quella l’occasione per spiegare le uscite su Twitter, l’ultima delle quali ha riguardato Guantanamo: «Non ci devono essere più scarcerazioni. Si tratta di gente pericolosa che potrebbe tornare a combattere» ; «Da qui al 20 gennaio mi aspetto altri trasferimenti. Poi Trump potrà fare la politica che preferisce» ha risposto un sempre più glaciale Earnest.