La commissione antimafia di Rosy Bindi parte all’attacco del Grande Oriente d’Italia, la loggia massonica più antica e prestigiosa, e intima al presidente Stefano Bisi di inviare immediatamente gli elenchi degli iscritti della Sicilia e della Calabria. Una richiesta accompagnata da una mi- naccia: «Daremo un termine per provvedere e, se entro quel termine non dovessero pervenire risposte, valuteremo come utilizzare i poteri di cui dispone questa Commissione».

Intervistato dal Dubbio il presidente Bisi non ha alcuna intenzione di cedere alla “richiesta” dell’Antimafia: «Siamo disponibili a collaborare ma non vogliamo che nasca una caccia all’uomo». La presidente della Commissione parlamentare antimafia ci riprova: gli elenchi degli iscritti al Grande Oriente di Italia vanno consegnati. Non importa se il gran maestro Stefano Bisi si è già opposto tirando in ballo la privacy, «legge che il Parlamento ha approvato», ha ribadito ieri. Gli elenchi, ha detto Rosy Bindi davanti ai colleghi della commissione lo scorso 21 dicembre, vanno forniti. Perché gli iscritti sono vincolati alla «riservatezza» e non alla «segretezza». Le richieste della Bindi sono precise: in via prioritaria, devono essere i nomi degli iscritti delle logge di Sicilia e Calabria a finire sulla scrivania della presidente. Perché, questo il messaggio tra le righe, è lì che il rischio che la Massoneria devii verso la criminalità è più alto.

Poco importa se la stessa Commissione ha più volte certificato una presenza massiccia della criminalità organizzata nelle altre regioni d’Italia. È lì che il male va estirpato. Un rischio emerso dalle recenti inchieste giudiziarie, delle quali la Commissione ha preso atto ascoltando i magistrati che le hanno condotte.

Gli elenchi devono arrivare a Palazzo San Macuto, dunque. Altrimenti «valuteremo come utilizzare i poteri di cui dispone questa Commissione». Quello della Bindi appare quindi come un vero e proprio ultimatum. Già ad agosto aveva dichiarato apertamente di voler agire usufruendo della facoltà di utilizzare i poteri dell’autorità giudiziaria di fronte all’irremovibilità del leader del Goi. Vuole nomi e cognomi di tutti gli iscritti, gli stessi che Bisi, sempre ad agosto, aveva rifiutato di consegnare. Allora, il Gran Maestro aveva voluto mettere in chiaro l’impegno della loggia e le sue «posizioni pubbliche» contro la mafia. L’audizione, infatti, aveva a che fare con la latitanza di Matteo Messina Denaro, il ruolo della massoneria e i suoi contatti con la criminalità. Bisi aveva spiegato, però, che i massoni per la cattura del super latitante avrebbero dato «la vita». Così come aveva chiarito l’iter che la massoneria segue quando una loggia viene infettata dalla criminalità. «Quando ci sono logge, non in cui ci sono infiltrazioni della malavita organizzata, ma che non si comportano ritualmente – non tengono l’anagrafe degli iscritti, non tengono i verbali come dovrebbero essere – si abbattono le colonne, come è stato fatto nel caso di tre logge, una a Locri, una a Brancaleone e l’altra a Gerace», aveva spiegato. Quel no alla Bindi non è andato giù. Dopo le audizioni dei magistrati di Reggio Calabria, di Palermo e di Trapani, infatti, sarebbero emersi elementi «per ritenere che questa sia una richiesta legata ad approfondimenti necessari». La Commissione invierà dunque una lettera con una richiesta formale indirizzata a Bisi, con un termine entro cui far pervenire le risposte, pena l’utilizzo dei poteri di cui la Commissione dispone. Il che significa che tra Goi e Commissione parlamentare antimafia potrebbe iniziare una vera e propria guerra. Bisi, da un lato, rifiuta categoricamente di consegnare gli elenchi mentre si dice comunque disponibile a collabo- rare. Ma a patto che le richieste siano circostanziate, riferite a quei nomi sospetti che stanno già nelle stanze degli organi inquirenti. «Non serve sapere chi sono gli altri iscritti alla massoneria – spiega Bisi -. Se necessario, parliamo solo di quelli indagati, sospettati di qualcosa. Noi siamo a disposizione e se uno dei nostri fratelli è uno ‘ ndranghetista lo cacceremo subito. In uno stato democratico, però, credo che non si possano dare ultimatum. Le richieste devono essere motivate e avere un senso logico». Dall’altro lato, però, la Commissione potrebbe fare sequestrare gli elenchi, facendo ricorso agli stessi poteri della magistratura. Il rifiuto del Gran Maestro del Goi ha un suo perché: la paura è che quegli elenchi non rimangano segreti. Che inizino a circolare, così come accaduto nel 1992, quando ad indagare era il magistrato di Palmi Agostino Cordova. L’inchiesta finì nel nulla, ma gli elenchi, spiega Bisi, sono ancora in circolazione. E la cosa rischierebbe di trasformarsi in una pericolosa «caccia all’uomo». La Commissione parlamentare antimafia, infatti, non ha assicurato al Gran Maestro di poter contare sulla riservatezza e sulla secretazione degli elenchi. E anche se lo avesse fatto, probabilmente non sarebbe cambiato nulla. «Siamo cittadini come gli altri – ha chiarito Bisi -, non ci può essere chiesto, sempre, ripetutamente e ossessivamente, di consegnare gli elenchi degli iscritti».