Si è conclusa in tragedia la paradossale vicenda di Luigi Paolini, 60enne dipendente del comune di Sulmona, che si è tolto la vita nella notte tra lunedì e martedì. Inserito tra i “furbetti del cartellino”, in realtà non era mai assente e l’unica contestazione che gli è stata mossa dalla Guardia di Finanza era legata al fatto che avrebbe timbrato il cartellino anche al posto della dirigente, responsabile dell’ufficio.

«Ligio al dovere e sempre presente a lavoro, non ha retto alla vergogna», sottolinea il suo avvocato, Catia Puglielli. «Era la nota stonata di questa inchiesta. Quando è uscito il suo nome sui giornali si è sentito osservato, anche perchè Sulmona è pur sempre un piccolo centro. Stava vivendo male l’inchiesta, fin dalla notifica dei primi atti. Non siamo neppure riusciti a tranquillizzarlo».

Le contestazioni non erano certo eclatanti. La Corte dei Conti ha quantificato un danno erariale di appena 55 euro, a cui però si erano aggiunti altri 15mila euro per danno d’immagine, richiesti dai giudici contabili a tutti i primi 25 dipendenti del Comune raggiunti dai provvedimenti.

Tra loro anche l’istruttore direttivo amministrativo, condannata a pagare la stessa cifra dell’operatore che avrebbe timbrato per lei. Complessivamente 49 i destinatari di un avviso di garanzia, compresi cinque lavoratori delle cooperative. I movimenti dei presunti “furbetti del cartellino”, dentro e fuori il Comune, sono stati seguiti per mesi dalla Finanza, anche con il supporto di immagini ricavate montando telecamere attorno al perimetro della sede comunale.

Paolini lavorava presso l’Ufficio statistica. Lascia l’attuale compagna e i due figli che la donna aveva avuto da un precedente matrimonio. È stato proprio uno di loro a ritrovare in garage il corpo dell’uomo, impiccato, nella mattinata di martedì. «La famiglia prova grandissimo dolore e rabbia e spera che almeno adesso possa attenuarsi il clamore mediatico», ha aggiunto l’avvocato Puglielli. L’inchiesta coordinata dalla Procura di Sulmona è partita qualche mese fa e ha scatenato una ferocissima campagna mediatica. «Stavamo vagliando la posizione giudiziaria di Luigi - conclude il legale abruzzese - Dopo avere appreso delle indagini dai giornali già da tempo, una settimana fa è arrivata la comunicazione dal Tribunale». Paolini non ha retto alle pressioni e ha deciso di farla finita. Ma una vita non può valere 55 euro e la sua morte è destinata perlomeno a fare riflettere.