Michele Anzaldi non è solo un deputato Pd. Come il nuovo presidente del Consiglio è considerato un “Rutelli boy”, fa parte cioè di quella generazione cresciuta politicamente negli anni delle giunte capitoline guidate da Francesco Rutelli. Per questo «Gentiloni non è solo un amico», dice Anzaldi, «è il collega, il professionista, che mi ha accolto a Roma dandomi la possibilità di realizzare il sogno di lavorare nel mondo della comunicazione e dell’ambientalismo». Si riferisce all’epoca in cui il nuovo premier dirigeva La Nuova Ecologia, il giornale di Legambiente? Sì, l’ho conosciuto in quella veste. Militavo nella Lega per l’ambiente, come si chiamava all’epoca, e in via Flaminia c’erano due stanze destinate alla redazione di questo giornale che era il vangelo per gli ambientalisti. Che direttore era Gentiloni? Uno che ascoltava tutti. Il problema dei ragazzini come me era quello di avanzare proposte ai giornali e vedersele sempre scartate. Paolo invece non diceva mai no, tutt’al più ti chiedeva di cambiare qualcosa o rimandava al mese successivo la pubblicazione. Ma ti lasciava sempre una speranza. E se poi la proposta era davvero valida ti aiutava a farla crescere. Aveva una visione che gli altri non avevano. Vi siete sentiti in queste ore? No. Abbiamo un rapporto strano, non abbiamo bisogno di sentirci, siamo sempre sulla stessa linea. Bene, ci dica allora quale sarà la linea del nuovo governo. Sarà il governo del Pd di Matteo Renzi, in continuità col precedente, visto che il segretario è lo stesso, la maggioranza pure e non è cambiato niente. Durerà solo pochi mesi? Quello lo deciderà il Presidente della Repubblica sulla base di quello che riusciremo a fare: una legge elettorale decente, la gestione delle vicende economiche, gli impegni internazionali. Lei ha detto che Gentiloni «ha il pregio di non tradirti e se lo decide ti avverte prima e ti spiega anche perché lo fa». Renzi deve aspettarsi una telefonata dal nuovo premier? Se mai dovesse succedere, e non accadrà, vuol dire che in maniera pubblica, palese e trasparente il Presidente della Repubblica avrà chiesto al premier di non tornare alle urne perché per esempio prima si devono delle risposte ai terremotati, o perché bisogna mettere in sicurezza l’economia. Solo con gli impegni internazionali si arriverebbe almeno fino a novembre 2017, con la presidenza del Consiglio di sicurezza Onu. Niente voto prima di allora? Subito significa novembre, non è che si riesce a votare domani. Dobbiamo aspettare la Consulta, poi, sulla base delle valutazioni che faranno, bisognerà inserire una serie di aggiustamenti per la nuova legge elettorale, poi ci saranno dei tempi tecnici. Impossibile votare in primavera? Ci si può provare ma la vedo difficile. La minoranza dem si riserva di votare contro eventuali provvedimenti sgraditi. Sarà dura anche per Gentiloni gestire questo Pd? Io stimo molto i miei colleghi di minoranza e sono convinto che con un premier più paziente e con meno incarichi, perché non è contemporaneamente segretario, potremo avere dei risultati migliori nel dialogo tra di noi. Gentiloni è più incline all’ascolto di Renzi? Come dicevo prima, le ricette sono identiche, e a noi arriva la stessa pietanza. Con una differenza: un cuoco ci mette sei ore, lascia tutto in ordine, i camerieri sono felici, gli aiutanti tornano a casa rilassati, l’altro ci mette un’ora ma quelli intorno stanno a pezzi. Praticamente, Gentiloni è un “Renzi che fa le cose per bene”? No, fa semplicemente le cose rispettando tutti i tempi delle istituzioni. Però, attenzione, il governo precedente, grazie anche a un approccio muscolare, ha fatto grandi cose, impensabili fino a poco fa: unioni civili e Jobs act, su tutte. Da un punto di vista elettorale, poi, il mondo preferisce la cucina di Renzi, è lui l’unica nostra speranza.