Un “ campo progressista”, per chi non si riconosce nella bandiera del Pd, ma è disponibile ad un’alleanza leale con Renzi. L’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, scende in campo con un nuovo soggetto politico per riunire quella sinistra che non vuole essere minoritaria a vita. Con lui i sindaci di Cagliari, Massimo Zedda, e Bologna, Virginio Merola, e molti assessori e consiglieri comunali e regionali. È una scelta che si è rafforzata col Sì al referendum e che ora vuole pesare nella prossima contesa elettorale a partire dalla revisione dell’Italicum: « Il Paese - ha detto Pisapia nell’intervista a Repubblica con cui ha presentato il “ campo progressista” - ha bisogno di una nuova legge elettorale che sia più democratica e che permetta agli elettori di scegliere i propri parlamentari, con un premio di maggioranza che garantisca la governabilità senza essere eccessivo come l’Italicum » . Poi la puntualizzazione fondamentale: « Non c’è dubbio che l’unico modo di superare il problema sia quello di assegnare il premio di maggioranza non al singolo partito ma alla coalizione vincente » . Si tratta di un passaggio chiave perché senza quel premio per la colazione è difficile che il progetto di Pisapia possa entrare in Parlamento e portare nel Palazzo le ragioni di una sinistra che oggi non si sente rappresentata.

Pisapia ha dimostrato di essere un amministratore più che capace. Milano, con lui sindaco, è rinata e oggi è vista da molti come un modello di buon governo. Ma una cosa è amministrare una città, un’altra è tentare di dare rappresentanza a una sinistra sempre più divisa.

Le reazioni alla sua intervista, sui so- cial spesso violente, lasciano intendere un percorso perlomeno tortuoso. Contro di lui, come prevedibile, Nicola Fratoianni di Sinistra italiana ma anche quella parte dell’ex Sel che ha organizzato per il 18 dicembre a Roma un appuntamento che vuole segnare la necessità di stare dentro il centrosinistra. Nell’intervista Pisapia indica quella data come parte di un percorso comune, ma chi la ha organizzata, come il vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio, prende le distanze dall’ex sindaco di Milano. Ciò che non convince è l’alleanza con Renzi, considerato da molti come “ un nemico”.

Ma Pisapia non è solo. Con lui c’è chi si è stufato di divisioni e di anatemi e che, soprattutto, non vuole far vincere alle prossime elezioni Grillo o il centrodestra. Il 19 dicembre si ritroveranno a Bologna realtà e associazioni, che hanno un forte rapporto con le amministrazioni locali, padrone di casa sarà il sindaco Merola.

Pisapia è quindi pronto a sostenere Renzi « contro la vittoria dei populismi » . Ma ha posto una condizione che difficilmente il segretario del Pd potrà accettare: tenere fuori Alfano, Verdini e tutte le forze di centrodestra. Non è tanto una questione ideologica, ma di numeri. Se Renzi vuole vincere deve provare a modificare la legge prevedendo il premio di coalizione, coprendosi sia a destra sia a sinistra. L’ex sindaco di Milano, qualora dovessero comunque arrivare ad un accordo, sarebbe sicuramente una figura di peso. Figlio di Gian Domenico, tra i redattori del codice di procedura penale, è stato eletto per due volte come indipendente nelle liste di Rifondazione comunista con la quale ruppe però, durante il primo mandato, votando contro la caduta del governo Prodi nel 1998. Avvocato di primo piano, è una persona allo stesso tempo alla mano e puntigliosa. Ma la sinistra difficilmente riconosce il valore dei propri “ figli”. Il giorno dopo il referendum, in cui il No ha unito per un po’ le varie sigle e i vari leader, ci sono in campo almeno tre o quattro ipotesi diverse, spesso contrapposte tra di loro, per andare avanti. La sfida di Pisapia difficilmente potrà parlare a queste micro realtà strutturate, ma forse potrà parlare a quel pezzo di società che, al di là delle differenze, pensa che non « c’è sinistra senza un’alleanza con il Pd » come ha detto qualche giorno fa lo stesso ex sindaco.