STAMPA E FANGO

«Imedia possono essere usati per calunniare, per sporcare la gente, questo soprattutto nel mondo della politica. Possono essere usati come mezzi di diffamazione e possono cadere, senza offesa, nella malattia della coprofilia, che è voler sempre comunicare lo scandalo, comunicare le cose brutte, anche se siano verità. E siccome la gente ha la tendenza alla malattia della coprofagia, si può fare molto danno » .

Questo attacco durissimo alla stampa e alla televisione ( con evidenti riferimenti alla stampa e alla televisione italiane) non è venuto da qualcuno dei soliti “ garantisti imbavagliatori”, che vengono sempre denunciati e indicati al ludibrio pubblico dai profeti dell’informazione combattente. No, questa denuncia contro i lanciatori di fango viene dal papa Francesco Bergoglio. Il Papa ha parlato dei problemi dell’informazione e del suo degrado in un’intervista rilasciata al settimanale cattolico belga « Tertio » .

Non ci è andato tenero, il pontefice. Magari non tutti sanno cosa vuol dire coprofilia. E’ una parola abbastanza aspra: vuol dire amore per gli escrementi. Vogliamo dirla in modo più crudo ed esatto? Amore per la merda. È considerata una tendenza sessuale estrema, rarissima e un po’ inquietante.

Il papa ha scelto questa espressione (” amante della merda”) per descrivere le caratteristiche essenziali del giornalismo, con riferimento evidente a parecchi giornali del nostro paese. E’ stato molto chiaro nel suo ragionamento. Non si è riferito solo alle ( peraltro non infrequenti) calunnie. Ma anche alle verità usate non per fare informazione ma al solo fine di demolire e mettere fuorigioco un avversario. « Le tentazioni da evitare - ha detto - sono le eventualità in cui le informazioni possono danneggiare qualcuno, le tentazioni che portano i media lontani dalla loro missione, che è quella di costruire opinione. La prima tentazione si verifica quando una persona magari nella sua vita, in precedenza, nella vita passata, o dieci anni fa, ha avuto un problema con la giustizia, o un problema nella sua vita familiare, ma forse ha già pagato con il carcere, con una multa o quel che sia. In questo caso portare questo alla luce oggi è grave, fa danno, si annulla una persona! L’altra deviazione è la disinformazione: cioè, di fronte a qualsiasi situazione, dire solo una parte della verità e non l’altra. Questo è disinformare. Perché tu, all’ascoltatore o al telespettatore dai solo la metà della verità, e quindi non può farsi un giudizio serio. La disinformazione è probabilmente il danno più grande che può fare un mezzo, perché orienta l’opinione in una direzione, tralasciando l’altra parte della verità. I media possono essere usati per calunniare, per sporcare la gente, questo soprattutto nel mondo della politica. Possono essere usati come mezzi di diffamazione » .

Non so che risalto avrà questa frustata del papa sui giornali italiani di questa mattina. Temo scarso. I giornali italiani sono fatti così: capacissimi di criticare a sangue chiunque, del tutto incapaci di mettere in discussione se stessi. E siccome il papa è il papa, magari è difficile prenderlo di petto, come si può fare con Renzi, o con Berlusconi, o con Grillo, e dirgliene quattro, ma non c’è nessuna voglia nemmeno di ascoltarlo e di aprire una discussione seria su quanto dice. Meglio sorvolare.

Il papa, non c’è dubbio, ha messo il dito nella piaga. In Italia è sempre più diffuso un tipo di giornalismo che nemmeno si pone il problema di sembrare oggettivo. Ho scritto: “ sembrare”. nemmeno oso usare la parola: “ essere”.

Un gran numero di giornali da parecchi anni ha deciso che per conquistare lettori bisogna essere faziosi, avere dei nemici ben visibili e tirare fango ( il papa direbbe: “ merda”) su di loro tutti i giorni. Venticinque anni fa non era così. I giornali potevano anche essere molto faziosi, poi c’erano i giornali di partito - dichiaratamente schierati con una parte politica - ma comunque compivano uno sforzo per fornire ai lettori una informazione completa. La polemica era dura, anche molto dura, ma questo non impediva la difesa, da parte degli stessi gior- nalisti, della propria “ autonomia”.

Venticinque anni fa io lavoravo in un giornale di partito, di opposizione, molto agguerrito. E mi ricordo benissimo le lotte che noi giornalisti conducemmo a difesa della nostra autonomia, anche sfidando il potere del partito- editore, perché sostenevamo che il giornalismo, comunque, deve essere giornalismo, e deve cercare, almeno, il rispetto della verità prima della difesa degli interessi della propria parte. Noi dicevamo che non esiste il giornalista militante. Il giornalista ha le sue idee, le esprime, le applica al suo modo di lavorare, ma non rinuncia mai a sottomettersi alla verità.

Poi irruppero sulla scena alcuni giornali “ gridatissimi”, molto lontani dall’idea del giornalismo oggettivo. Eravamo ai tempi di “ tangentopoli” 19921994. La magistratura aveva inizato la crociata e i giornalisti messo l’elmo. Alzarono i toni della polemica, ridussero la verità a una comparsa, conquistarono copie e lettori. All’inizio erano giornali di destra, poi questo tipo di giornalismo si estese a sinistra, poi dilagò. E finì per contagiare anche la stampa - come dire? - “ borghese”, che si sentì costretta ad inseguire, a fare uso indiscriminato di gossip e di intercettazioni, a venerare il “ Dio Sospetto”, ha esaltare il principio della presunzione di colpevolezza.

Ha ragione il papa ( come spesso gli accade): quella china è diventata sempre più ripida e il giornalismo italiano ci si è rotolato, ed è sceso in basso, in basso, sempre più in basso. Ora sembra che non abbia più né la capacità né la voglia di rialzarsi in piedi, rimettersi in discussione, provare a risalire. Chissà se questa micidiale denuncia del papa, e la forza quasi rozza delle sue parole, riusciranno a scuotere qualcuno. Magari lo stesso sindacato, che qualche decennio fa era in prima fila nella battaglia dei principi alti del giornalismo, ora sembra un po’ rintanato, impaurito. Forse incapace di frenare la coprofilia.

PIERO SANSONETTI