Superato l'evento elettorale dell'anno, turbati o solo stupiti per la vittortia di Trump, possiamo riprendere il dibattito domestico. In primo piano il referendum e sullo sfondo, ma ben in vista, la legge elettorale. Riguardo a quest'ultima occorre ogni giorno fare nuova chiarezza, data la confusione e l'approssimazione che circonda l'argomento.Le leggi elettorali sono strumenti complessi. Non sempre questo dipende da malevolenza, superficialità o mala fede del legislatore. La verità sta nel fatto che occorre veramente contemperare almeno tre ambiti di interessi del tutto legitti ma diversi, che esigono ciascuno risposte e tutele. Proprio i difetti dell'attuale sistema sono tra le cause degli scompensi del nostro attuale sistema di rappresentanza e di almeno una parte della sua deriva populista.Il primo obbiettivo che una legge elettorale deve conseguire è la governabilità. Da quando le rivoluzioni olandese, statunitense e francese hanno cancellato il diritto divino dalle fonti del potere politico, la legalità di ogni governo si fonda sul consenso popolare. Le forme nelle quali esso si esprime sono le più diverse, ma non esiste democrazia moderna, per rudimentale che essa sia, nella quale chi si trova al potere non debba dimostrare la propria legittimità ad esercitarlo attraverso il confronto con le urne. Il meccanismo che accompagna questa certificazione deve essere in grado per parte sua di consentirgli un'autonomia operativa compatibile con la tutela delle minoranze. La modalità di verifica più semplice della legittimità nella gestione del potere è quella plebiscitaria, la preferita da Napoleone, alla quale molti sono tentati e a volte costretti. Nel 2000 il governo D'Alema cadde su una consultazione regionale nella quale aveva impegnato la propria legittimità.Ottenuto questo risultato sostanziale, il sistema elettorale di una democrazia avanzata deve garantire un corretto rapporto tra le forze politiche presenti nel paese. I gruppi organizzati che si contendono il potere hanno bisogno di un contesto condiviso. Di regole certe che tutti accettano e rispettano. La formula più semplice per ottenere questo risultato è quella del proporzionale puro. Il fatto che nessun paese al mondo utilizzi questo sistema la dice lunga su quanto esso entri in contrasto con la necessità di garantire a qualcuno la possibilità di governare con una ragionevole efficacia.Anche la più rispettosa delle leggi proporzionali contiene regole di sbarramento per le formazioni minori e di sostegno per le maggiori. Quella italiano della Prima repubblica ad esempio esigeva la conquista di almeno un seggio pieno in un qualsiasi collegio per consentire l'accesso al Parlamento e per ottenere un seggio attraverso i resti, nel collegio unico nazionale, richiedeva più voti di quelli necessari nei collegi locali. Deputati e senatori di DC e PCI venivano eletti con un numero medio di voti più basso di quello che occorreva agli altri partiti per portare in parlamento un proprio rappresentante.Limite ancora più grave del sistema proporzionale è che gli elettori effettuano una reale scelta degli eletti solo per quello che riguarda i partiti maggiori, pur in presenza del sistema delle preferenze con tutte le turbative che esso induce. I seggi guadagnati con i resti, ossia la larga maggioranza di quelli ottenuti dai partiti minori, vengono attribuiti con meccanismi corretti, ma non percepiti come diretti dai votanti.La terza esigenza alla quale una legge eletorale deve dare risposta riguarda infatti il patto che si stringe fra la popolazione di un paese e il suo ceto politico in merito all'accesso che quest'ultimo concede a nuovi elementi. Questo vale per qualunque professione, dai primari ospedalieri ai professori universitari, dai notai ai farmacisti. Se la trasmissione della professione politicaavviene con criteri di sapore troppo marcatamente medievale, di padre in figlio senza possibili accessi se non per via matrimoniale, questo produce irritazione negli esclusi. Il tasso di democrazia presente nel paese appare basso. Allora diventa perfino preferibile il criterio del sorteggio, caro all'Atene periclea quanto ai grillini, con le loro designazioni on line fatto da un corpo elettorale limitato quanto evanescente.È di tutta evidenza che le leggi elettorali che hanno governato la selezione del personale politico italiano negli ultimi decenni portavano quasi automaticamente ad un sistema di cooptazione parentale o servile. Pochi leader assegnavano ai loro familiari e a pochi fedelissimi seggi in larga parte sicuri in consessi impermeabilizzati. Ciò ha creato dinastie di eletti e un sottobosco di personale utile in ogni occasione, svincolato da costrinzioni legate al consenso elettorale e pronto alle operazioni più spericolate. La dissoluzione dell'Italia dei Valori produsse una larga disponibilità di eletti in cerca di posizionamento.Il sistema che meglio garantisce le possibilità di accesso alla politica di vertice è sicuramente il collegio uninominale, meglio se a turno unico. Anche il doppio turno garantisce larghi spazi. Non è un caso che Matteo Renzi sia riuscito nella sua scalata al Partito Democratico passando da una serie di elezioni, Presidente della provincia, Sindaco di Firenze e Segretario del partito, tutte basate su questo meccanismo.In momenti nei quali sono necessarie chiarezza e semplicità, nettezza di rapporti e ricostruzione di vincoli fiduciari il collegio uninominale riavvicina eletti ed elettori, e quindi sistema politico e cittadini. Si tratta del sistema utilizzato nelle democrazie anglosassoni, le più robuste, e preferito dai radicali, in tutte le loro forme, appassionati come sono dei referendum e della vicinanza fra elettori e potere politico. Anche il Partito Democratico in molte delle sue forme e occasioni, in particolare nella sua proposta del 2011, privilegiava l'assegnazione del 70% dei seggi attraverso collegi uninominali. La distribuzione del rimanente 30% attraverso sistemi che garantiscono comunque il diritto di tribuna ai partiti minori e facciano da ammortizzatore alla durezza quasi brutale del turno unico assegnando una rappresentanza anche agli elettori i cui candidati sono stati sconfitti, assicura la sopravvivenza politica delle minoranze e la ricchezza di dialogo necessaria al funzionamento della democrazia.Il Mattarellum non era poi così male. Che il suo ideatore sia adesso Presidente della repubblica potrebbe essere un buon segno.