Bisogna grattare tanto. Tantissimo. Ma alla fine spunta fuori qualcosa che non ci aspettavamo: la voglia di politica. Il dibattito sul referendum forse ci racconta proprio questo: che l'impegno, la partecipazione alla vita pubblica, che sembravano sepolti in soffitta, occultati da una valanga di populismi e qualunquismi, sono tornati in auge.Ma prima di trovare questa gradita sorpresa bisogna superare una serie di scogli, di insidie, di trabochetti. Bisogna imparare a separare, come insegna il Vangelo, il grano dal loglio, il buono dal cattivo, la buona politica dall'insulto, pratica molto in voga sui social. È un'opera di scavo, di comprensione, in cui è necessario dotarsi di pazienza, acume e anche qualche conoscenza del pensiero freudiano. Grazie ai criteri della psicoanalisi si può e si deve andare oltre la superficie delle cose, andare oltre le apparenze per capire che anche dietro il commento più feroce si cela la necessità di costruire una nuova comunità politica.Non sempre questa operazione di scavo e di comprensione è possibile. Spesso, purtroppo, il dibattito sul referendum si ferma all'insulto: chi vota Sì «è un servo di Renzi», chi vota No «è un servo di Grillo e Salvini». Due mondi contrapposti, due schiere l'una contro l'altra armate che si contendono la vittoria non tanto referendaria, ma quella assoluta, totale sull'Altro. In pochi hanno letto la riforma, in pochi conoscono la Costituzione, ma tutti si sentono in dovere di dire la loro. E qui sta il limite ma anche la forza del dibattito. Perché se per un verso si rischia di scadere nei dogmi, nelle certezze assolute, dall'altra però si viene comunque lambiti da quella febbre di democrazia che la Carta costituzionale, dopo tanti anni, continua comunque a emanare.Non ci si deve far spaventare dai toni. Si deve andare avanti, armarsi anche di un bel po' di ironia. In base al proprio gruppo di partenza, è probabile che si venga accusati di tradimento, di fascismo, delle peggiori nefandezze che siano capitate nella storia dell'umanità. Non è certificato statisticamente, ma lo schieramento del No in questa opera di denigrazione dell'avversario sembrerebbe molto più deciso e compatto: difficilmente perdona uno dei suoi che si converte sulla via di Damasco e decide di dire un bel sì.Nonostante la violenza che spesso trapela in entrambe le fazioni, a un certo punto, come una gradita sorpresa appare la voglia di politica. Si rivela la necessità di partecipare alla vita pubblica, di ragionare, di capire e di esprimere la propria opinione. Non è tanto il voto contro il sistema che ha premiato soprattutto Grillo e che sta attraversando tutto il mondo Occidentale. C'è qualcosa di più e di nuovo. La riforma Costituzionale chiama comunque a fare i conti con un sistema complesso, con la Norma, con il Diritto. Si possono ignorare molte cose, ci si può fermare all'ingiuria, ma anche i meno informati sono chiamati, almeno una volta, a spiegare il perché del loro voto.Comunque vada il 4 dicembre, speriamo che il ritorno della politica, contro il qualunquismo e il populismo, sia una vittoria di tutti.