Perché gli esponenti della minoranza Pd insistono nel porre a Renzi le loro condizioni per il sì alla riforma costituzionale, al prezzo di una porta in faccia al giorno? Delle tre condizioni della minoranza – il carattere non plebiscitario della campagna elettorale, la modifica dell’Italicum, l’esigibilità dell’accordo sull’elezione del nuovo senato – le prime due sono tutte “politiche”: dipendono cioè da condizioni generali, che solo in minima parte hanno a che vedere con gli equilibri interni al Pd. Ma per la terza è diverso. E a palazzo Madama c’è qualcuno convinto che la soluzione sia davvero a portata di mano. «E’ la quadratura del cerchio», dice il senatore Federico Fornaro della legge di cui è primo firmatario insieme ad altri 23 colleghi, intitolata “Norme per l’elezione del senato”. «Perché con la nostra proposta alla fine avremmo senatori che a tutti gli effetti sono scelti dai cittadini; eppure sono a tutti gli effetti consiglieri regionali». La proposta è stata presentata il 20 gennaio 2016. «E – ragiona Fornaro – sarebbe un gesto politico molto forte se Renzi, anziché ripetere come ha fatto ieri che il parlamento provvederà a fare una legge, dicesse che il Pd è pronto dopo l’approvazione della riforma ad assumere la nostra proposta come testo base».In realtà la risposta di Renzi è già un passo avanti rispetto ad alcune dichiarazioni che avevano fatto alzare le antenne alla minoranza. L’accordo soffertissimo sull’elettività del nuovo senato si era realizzato nell’autunno scorso proprio a un passo da una drammatica rottura, quando durante la direzione del partito il segretario aveva improvvisamente aperto alle richieste, varie volte respinte da lui stesso e dal ministro Boschi tra lusinghe e minacce, di una trentina di irriducibili senatori, determinanti a palazzo Madama. Insistere avrebbe spaccato il Pd e messo la legislatura definitivamente nelle mani di Verdini. Si fermarono, tutti, un passo prima e venne inserita al comma 5 dell’articolo 57 del testo Boschi questa frase: «I consigli regionali eleggono i rappresentanti al senato in conformità alle scelte espresse dagli elettori». Troppo poco, dissero in molti; ma il resto era appunto materia di una legge elettorale da scrivere. E Fornaro l’ha scritta. Per questo è suonato l’allarme quando prima il sottosegretario Gianclaudio Bressa e poi il costituzionalista Stefano Ceccanti, entrambi vicini a Renzi, hanno ricordato che la riforma contiene una norma transitoria che consente di affrontare il nodo dell’elezione dei senatori con calma.La successiva presa di distanze di Renzi ha rassicurato ma solo in parte: difficile fidarsi di una generica promessa, soprattutto se andrà mantenuta dopo un referendum concepito come un’ordalia. Per questo Fornaro insiste col suo “uovo di Colombo”: «Con il nostro sistema – spiega – il giorno delle elezioni regionali l’elettore riceverà due schede: una per il rinnovo del consiglio regionale e l’altra per la scelta dei senatori attribuiti alla regione. I senatori saranno così “anche” consiglieri regionali e non “nominati” dal consiglio regionale al suo interno». I senatori-consiglieri verrebbero eletti col sistema proporzionale dopo aver suddiviso la regione in tanti collegi quanti sono i senatori che le spettano e candidato un solo nome per ogni lista (sul modello della legge che ha eletto il senato fino al 92), nel rispetto della parità di genere.