Approvato alla Camera con la zavorra di 121 astenuti e parcheggiato alla Commissione Giustizia del Senato da oltre un anno, il disegno di legge sulla prescrizione è tornato al centro del dibattito politico. Il ddl ha l’obiettivo di modificare la legge «ex Cirielli», approvata nel 2005 dal governo Berlusconi, che ha sostanzialmente dimezzato i tempi per la prescrizione. In dieci anni, la «ex Cirielli» ha portato alla prescrizione di quasi un milione e mezzo di fascicoli. Nel 2014 (ultimo dato disponibile), le prescrizioni sono state circa 132mila, di cui 80mila fascicoli - pari al 70% del totale - chiusi nella fase delle indagini premilinari.Nel nostro ordinamento, la prescrizione è una causa di estinzione del reato e stabilisce il termine temporale, calcolato dal momento in cui il reato viene commesso, entro il quale lo Stato può perseguire un determinato delitto. L’istituto risponde al principio del bilanciamento tra due beni giuridici costituzionalmente tutelati: da una parte l’obbligatorietà dell’azione penale e dunque il diritto ad avere giustizia, dall’altra la ragionevole durata del processo e quindi la garanzia per il cittadino dinnanzi alla pretesa punitiva dello Stato.La «ex Cirielli» prevede termini di prescrizione uguali al massimo della pena edittale per il reato; di 4 anni per le contravvenzioni e di 6 anni per i delitti con pena inferiore ai sei anni.La riforma targata Renzi non modifica i termini prescrittivi ma introduce una sospensione del decorso dei termini, per due anni dopo il giudizio di primo grado e per un anno dopo la sentenza di appello. Solo, però, nel caso di condanna dell’imputato. Se la vittima è un minore, poi, la prescrizione inizia a decorrere dalla maggiore età della vittima, salvo che l’azione penale non inizi prima. Infine, il ddl segue il principio dell’irretroattività delle norme penali, dunque si applicherà solo pro futuro per i reati commessi dopo la sua entrata in vigore.Il punto più controverso, che ha provocato l’impaludamento al Senato, è il cosiddetto «emendamento Ferranti», che allunga la prescrizione per la corruzione. L’emendamento stabilisce che, per i reati di corruzione propria (pena da 1 a 6 anni), impropria (pena da 6 a 10 anni) e in atti giudiziari (pene che variano a seconda del comma, da 6 a 20 anni), i termini della prescrizione corrispondano alla pena edittale aumentata del 50%. Nel caso, per esempio, della corruzione propria, la prescrizione sarà di 6 anni più altri 3. Tale previsione risponde alle richieste dell’Ocse - che ha richiamato l’Italia perchè i termini di prescrizione non permetto il contrasto adeguato della corruzione - e a una sentenza della Corte di Giustizia europea. La giustizia Ue, infatti, ha imposto ai giudici italiani di «disapplicare» la legge «ex Cirielli» nei casi in cui «leda gli interessi finanziari della Ue», ovvero nel caso di prescrizione per i processi sulle frodi all’Iva, che hanno un impatto sul bilancio europeo. Eppure, proprio l’«emendamento Ferranti» è lo scoglio da superare per approvare il ddl al Senato e - pur di incassare il sì di Ncd - il Pd potrebbe espungerlo dal testo.