«Ora c’è chi nella minoranza spera in una rivalsa sulle amministrative... », confida a Il Dubbio il senatore Stefano Esposito, area giovani turchi del Pd, per un periodo assessore-“commissario” ai Trasporti della giunta Marino a Roma. Troppo malizioso? Sta di fatto che dopo il flop al referendum sulle trivelle il bersaniano di ferro Andrea Giorgis, parlando sempre con Il Dubbio avverte: «I sondaggi dicono che ci sono tra i partecipanti al voto non meno di tre milioni di consensi del Pd, ora Renzi quei voti dovrà motivarli per le Amministrative, altrimenti si rischia la sconfitta». Sembra però mettere le mani avanti quando sottolinea: «Ma sia chiaro: io sarò a Torino a sostenere, insieme a Roberto Speranza, Piero Fassino».Tre giorni dopo il flop delle trivelle, la minoranza anti-renziana del Pd, che aveva sognato un inizio di spallata al governo, però già si divide. C’è quella dura e pura dei bersaniani, capitanata da Roberto Speranza, ora sospettata dagli avversari interni di voler remar contro alle Amministrative per portare il premier e segretario del Pd indebolito all’appuntamento cruciale del referendum costituzionale di ottobre e da lì sferrare il colpo decisivo; ma c’è anche quella che ora ammette, seppur non ancora ufficialmente, la sconfitta del 17 aprile, capitanata dall’area dalemiana di Gianni Cuperlo. Mentre Speranza, in una intervista a La Repubblica del 19 Aprile, forte del fatto che la sua Regione, la Basilicata, è l’unica dove è stato raggiunto e di poco superato il quorum, si candida a fare l’anti-Renzi al congresso del Pd previsto nel 2017, Cuperlo usa in privato parole che sembrano più improntate al realismo togliattiano.Riconosce, in una conversazione informale alla buvette di Montecitorio con Maurizio Bianconi (Conservatori e Riformisti di Fitto ndr): «Aspetto prima di parlare, perché devo elaborare il lutto... ». Con tocco un po’ autoironico ammette: «Siamo andati al di sotto delle nostre stesse aspettative. E poi se non ci fosse stata l’inchiesta giudiziaria di Potenza, diciamola tutta: sarebbe andato a votare il 20 per cento di elettori anziché il 32 per cento... ». Infine, scherzando: «Caro Maurizio (Bianconi ndr), è che noi (si riferisce alla minoranza Pd ndr) forse ci eravamo posti aspettative troppo alte: volevamo il socialismo... ».Sarà pure uno sfogo privato quello rubato da Il Dubbio al colto e ironico Cuperlo.Eppure Gianni e Roberto (Speranza) solo una decina di giorni fa menavano all’unisono botte da orbi in direzione a Renzi. Cuperlo gli disse: «Non hai la statura del leader, ma coltivi l’arroganza dei capi». L’altro “dioscuro” della minoranza prometteva sfracelli a partire dalle trivelle. Ma sul referendum del 17 aprile la sinistra del Pd aveva già da quel giorno incominciato a dividersi, dal momento che l’ex allievo di D’Alema delle trivelle non aveva fatto una guerra di religione. Cuperlo ad esempio avrebbe apprezzato il fatto che, accogliendo il suo invito, in parlamento Renzi abbia rimarcato che il referendum di ottobre non sarà sulla sua persona ma sulla Costituzione. E però la sostanza non cambia: il premier ha ribadito che dall’esito dipenderà la sua permanenza a Palazzo Chigi. La minoranza, seppur con sfumature diverse, condizionerà il suo “sì” di ottobre alle modifiche alla legge elettorale. Annuncia il bersaniano Giorgis: «Vogliamo il premio alla coalizione... ». La richiesta di fondo è che le liste siano “più rappresentative”, di fronte alla minaccia del premier di spedire gli oppositori a casa.E’ chiaro che trattare intanto con un Renzi indebolito dal risultato delle amministrative sarebbe per gli oppositori più facile. Fa notare a Il Dubbio un deputato della ex Margherita, non ostile al premier: «Attenzione, che se si perde Roma, la minoranza rialzerà la testa. Occorre essere cauti perché Giachetti è dato in certi sondaggi al 20 per cento”. Sarebbe una rivincita sulle trivelle? Giacomo Portas, leader dei Moderati, alleati del Pd ed eletto con lo stesso Pd alla Camera, non a caso avverte: «Alle amministrative se si vince si vince tutti insieme, ma anche se si perde si perde tutti insieme». Bei propositi. Ma, intanto, gli oppositori sognano che a ottobre ci sia lo stesso astensionismo verificatosi sulle trivelle e che i sì del 17 aprile si trasformino in altrettanti no. Visto che il quorum alla consultazione sulla Costituzione non ci sarà, basterebbero per vincere e spedire a casa Renzi. Ma tra il dire e il fare, nella guerra infinita della sinistra del Pd, c’è di mezzo intanto il mare del flop di domenica scorsa.