Quando Marco Pannella è morto (ma anche prima, in verità, quando sta così male che, per dirla con Leonardo Sciascia non è più la speranza ultima a morire, ma il morire è l’ultima speranza), i più consapevoli, i più sensibili, i più “vicini”, sanno che si chiude un ciclo, un’epoca: personale e politica. Che sepolto Marco nella sua amata Teramo, nulla sarà più come prima, ripetibile, riproducibile. chi e con chi “fare”; come farlo, cosa; perfino perché… Queste le domande “naturali”, scontate perfino.Sei anni fa mi è capitato di scrivere un libro sulla persona e l’opera di Marco; l’editore ha voluto chiamarla “Biografia di un irregolare”; più prosaicamente è un libro divulgativo, cerca di raccontare la figura del leader radicale attraverso alcuni episodi inediti: per aiutare a capire ragioni, percorsi, proposte, politica di un personaggio che, piaccia o no, ha “segnato”.Nelle ultime pagine del libro mi chiedo: “Ha degli eredi? La risposta è no. Non ha eredi, non ci sono eredi, lui non li cerca neppure. Forse un giorno ci ha sperato, ha perfino creduto di averne trovati. Ma nel gruppo dirigente radicale non c’è nessuno, neppure Emma Bonino, che possa ambire a raccoglierne scettro ed eredità. Pannella è unico e irripetibile…Il giorno che Marco sarà altrove i radicali probabilmente continueranno a fare una quantità di cose giuste e necessarie; ma il Partito Radicale voluto, sognato prefigurato da Pannella è altra cosa. Un’avventura anch’essa unica e irripetibile”.Affermazioni che Marco non mi ha mai contestato, e ne ha avute occasioni per farlo: ha preso parte ad almeno quindici presentazioni del libro, a Firenze, Pescara, Torre Pellice, Torino… Anche nelle conversazioni private, è altro che mi ha confutato, non questo. Le condivideva, oppure non riteneva di doversi sprecare a contraddirmi? Non lo so. Al massimo si è limitato a espormi la teoria di Aldo Capitini circa la compresenza dei vivi con chi non c’è più; sapendo che su questo sono piuttosto scettico: se il vivo smarrisce la memoria di chi non c’è più, addio “compresenza”. E il tempo è un qualcosa che fatalmente scolora persone, fatti, avvenimenti, cose. Per quel che mi riguarda, sono ancora convinto della fondatezza di quanto scritto: Pannella era il Partito Radicale, il Partito Radicale era Pannella.Fatta questa non breve premessa, giova ricordare che il Partito Radicale tra qualche giorno si riunisce a congresso: il quarantesimo della sua storia: dal 1 al 3 settembre prossimi, nel carcere romano di Rebibbia. Congresso straordinario per almeno tre ragioni. E’ il primo congresso radicale dopo la morte di Marco Pannella. Non è cosa di poco conto. E’ vero che fino all’ultimo Pannella ha avuto cura di indicare, tracciare, ripetere, e ripetendo elaborare e chiarire, possibili percorsi politici, “visioni” che costituiscono un patrimonio di concrete utopie sulle quali lavorare per molti anni a venire; ma è evidente che senza l’apporto del consiglio della sua critica, senza il contributo della sua vis polemica, senza la sua capacità di saper “vedere” e pre/vedere, mutilati del suo bagaglio di esperienza e capacità di “sogno”, tutto è più arduo, difficile, non solo faticoso.Ancora in tema di straordinarietà: il congresso è “straordinario” anche per le modalità di convocazione. E’ la prima volta che viene convocato direttamente dagli iscritti, come prevede una norma dello Statuto: se un terzo degli iscritti con almeno sei mesi di “anzianità” lo chiede, automaticamente lo si fa, e non c’è modo di aggirare la cosa. E’ questo che è accaduto. E’ la prima volta che accade nella storia dei radicali; ma credo sia anche la prima volta che accade per quel che riguarda le altre organizzazioni politiche. Qualcuno è a conoscenza di congressi convocati direttamente dagli iscritti, in Italia e/o altrove? E siamo dunque alla seconda “follia”, meriterà un giorno di essere studiata con più agio, come tante altre cose, del resto.Non finisce qui. I promotori, come se già non fosse impegnativo il tema che caratterizzerà il congresso (“Da Ventotene a Rebibbia”), hanno deciso di convocarsi all’interno del carcere romano di Rebibbia. I radicali hanno una discreta consuetudine e frequentazione con le carceri, ma è la prima volta in assoluto che un partito politico fa suo il precetto evangelico del “visitate i carcerati” al punto di riunirsi a congresso in un istituto di pena. Il ministero della Giustizia accoglie la proposta, il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria collabora concretamente per il successo dell’iniziativa. Un fatto straordinario davvero. Credo che neppure i radicali siano ben consapevoli del fatto “rivoluzionario” che la cosa comporta e sottende.Infine, quel “manifesto”: “Da Ventotene a Rebibbia”: un programma politico: dagli Stati Uniti d’Europa prefigurati da Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli mentre sono confinati a Ventotene, e di cui i radicali si sentono legittimi eredi, alla battaglia per il diritto al diritto, alla giustizia; e al diritto umano e civile alla conoscenza.Non è inutile sfogliare carte ingiallite dal tempo, e scoprire attualità che stupiscono per la straordinaria aderenza ai tempi d’oggi. Per esempio:“Per sopravvivere, nessun motivo. Per vivere c’è l’imbarazzo della scelta. Comunque, eccoli. Primo motivo: ciascuno si chieda se questo partito è meglio che ci sia o non ci sia. Ci pensi su una notte e poi agisca di conseguenza. Dipende infatti solo da ciascuno di noi se questo straordinario e inedito progetto politico crescerà, si affermerà o decadrà. Secondo motivo. Tutti gli altri dicono, ‘dateci più forza e cambieremo rispetto al passato’. Il Partito Radicale, se avrà più forza, farà meglio quello che, nel nostro tempo e nella nostra società, ha sempre dimostrato di saper fare. Terzo motivo. In questo fine secolo, dove risorgono spaventosi fantasmi di morte e altri se ne aggiungono (politici, economici, sociali ed ecologici), si è forse ancora in tempo per dare vita al partito della nonviolenza, del dialogo, della difesa della vita del diritto e del diritto alla vita…”. E’ Pannella che parla, intervistato dal “Messaggero”, il 4 febbraio 1993.I radicali di oggi, coloro almeno che vorranno cercare di continuare a esserlo, hanno un difficilissimo compito: proseguire una politica “nuova” che è quella di sempre; continuare a cercare possibili “percorsi” senza timore di apparire zig-zaganti e contradditori; non stancarsi di coltivare alleanze di “unione”, e non di posticcia unità; alleanze e unioni fondate più su valori che su principi; con la consapevolezza che si deve imparare a farlo da soli: Marco, compresente o no che sia, è comunque “altrove”.Il congresso straordinario e i loro convocatori si pongono un obiettivo ambiziosissimo: tenere alte le bandiere politiche racchiuse nelle frasi: “Dove c’è strage di diritto c’è strage di popoli”; “Per il diritto alla vita, per la vita del diritto”. Ha impiegato anni, Pannella, per farle comprendere ai radicali, e non è detto ci sia completamente riuscito. Dal congresso straordinario è augurabile esca un preciso impegno politico coerente con quel “non mollare” di salveminiana ed ernesto-rossiana memoria. Un impegno che si richiami e colleghi a quel paolino “Spes contra Spem”, che in Vaticano, qualcuno venuto da quasi la fine del mondo, mostra di comprendere assai più e meglio tanti di altri.Provo ad elencare, non in ordine di importanza perché tutti pari sono, i temi su cui i radicali che negli ultimi mesi più si sono stretti attorno a Marco, dovranno cercare di ragionare e “dialogare”; sono cinque:a) diritto al diritto, a partire dal carcere;b) diritto umano e civile alla conoscenza, in tutte le sue innumerevoli declinazioni, a partire dalla necessaria e urgente “codificazione” in sede ONU;c) informazione negata (ma anche quella “concessa”), che avvelena e intossica;d) il milione di euro di debito cumulati: debito che ha consentito al mondo radicale di fare attività politica; il debito in sé, in quanto tale; ma anche quello che lascia trasparire: come finanziare la politica e recuperarne la smarrita “nobiltà”;  e) che tipo di organizzazione cominciare a prefigurare, a partire dal fatto, incontrovertibile che – compresenza o no – Marco non c’è più.  Nel mondo radicale ci sono, è noto, due “anime”, due diversi modi di “sentire”; una che ogni giorno gioca la scommessa dell’antagonismo “dialogico”, sull’esempio e la tradizione pannelliana; un’altra che vuole percorrere altre vie, interessata a percorsi “altri”, e con altri obiettivi. A ben vedere queste due “anime” hanno sempre convissuto; fino a “ieri”, quando Marco riusciva a calmierare la situazione, e sapeva inventare le quadrature del cerchio. Ora? Il congresso di Rebibbia in qualche modo scioglierà anche questo nodo.