«Se la presidente del Consiglio italiano è davvero interessata ai nostri morti domani mattina deve venire qui, davanti al palazzetto, e garantirci la possibilità di portare a casa i nostri cari». I familiari delle 17 vittime afgane di Cutro non si fidano. Temono che il trasferimento previsto, e poi bloccato dal Viminale, delle salme verso il cimitero islamico di Bologna si trasformi in una soluzione definitiva. E così, il giorno prima dell'arrivo di Giorgia Meloni e dei ministri del governo nel piccolo Comune calabrese, un gruppo di parenti resta in presidio davanti al PalaMilone, il palazzetto polifunzionale di Crotone trasformato in hangar del dolore. Sono fratelli, sorelle, padri e madri di chi ha perso la vita a pochi metri dalla spiaggia, teatro del naufragio del 26 febbraio, in cui sono morte 72 persone.

Passeranno la notte qui, in mezzo alla strada, con addosso le coperte distribuite dalla Croce Rossa e le vivande procurate da privati cittadini. Nessuno si muoverà finché non riceverà garanzie dal governo. «Il trasporto fino in Afghanistan è possibile», ci dice il fratello di una vittima. «C'è un'agenzia pronta a occuparsi del trasporto delle salme, serve solo il sì del governo», spiega in italiano. «O ce li fanno portare in Afghanistan o restano qui», dice arrabbiato, dopo 10 giorni di attesa in mezzo a una strada. Lui e gli altri familiari si aspettano un segnale, vorrebbero vedere la presidente del Consiglio al PalaMilone per farle toccare con mano il loro dolore. Ma da Palazzo Chigi ribadiscono: «Andremo a Cutro». Nessuna tappa a Crotone, dunque. Probabilmente anche per evitare il più possibile eventuali contestazioni, comunque previste davanti al Municipio.

E mentre il paesino calabrese aspetta l'arrivo del governo al gran completo, il furgone dei sommozzatori delle Fiamme gialle batte ancora le strade davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro che ancora non ha restituito tutti i dispersi. Dopo le polemiche Meloni vuole portare in Calabria l'immagine di un esecutivo compatto e un pacchetto di provvedimenti sull'immigrazione che non pregiudichi i buoni rapporti con Bruxelles certificati dalla lettera di Ursula von der Leyen. Oltre a un’ulteriore stretta sui trafficanti (al vaglio anche una nuova aggravante in caso di morte dei migranti), il governo sembra intenzionato a semplificare e snellire le procedure per chi intende entrare regolarmente in Italia.

Allo studio anche norme riguardanti i centri di accoglienza e altre per rendere più efficaci le espulsioni. Dovrebbe essere messo sul tavolo, inoltre, un intervento che consenta di potenziare corridoi umanitari. Obiettivo non dichiarato: archiviare i decreti Salvini. Una strategia che consentirà alla premier di viaggiare tranquilla in Europa ma non tra le mura di Palazzo Chigi, dove la Lega continua invece a spingere per ripristinare le norme varate al tempo del Conte uno. «Dobbiamo stringere le maglie delle protezioni che vengono date ai migranti che arrivano in Italia», dice infatti il capogruppo del Carroccio in commissione Affari costituzionali, Igor Iezzi, che oggi presenterà la sua proposta di legge a Montecitorio, con l'obiettivo della «reintroduzione, nel testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, delle disposizioni previste dall’assetto concettuale originario del decreto- legge n. 113 del 2018, successivamente abrogate», dice all’AdnKronos, mentre il governo si appresta a varare una serie di norme che vanno nella direzione opposta. «Vogliamo intervenire sulla norma che regolamenta le cosiddette protezioni speciali, che vengono date a chi non è un rifugiato e non ha un lavoro», argomenta Iezzi. Una stretta a «un sistema di accoglienza come quello attuale, pieno di falle e sbilanciato verso la distribuzione a pioggia di titoli di soggiorno». La strada opposta a quella imboccata da Giorgia Meloni. Ma il Cdm a Cutro si farà lo stesso. Nel segno dell’unità. C’è da giurarci.