Probabile che la rivoluzione industriale, come (quasi) ogni rivoluzione, finirà un giorno per mangiare i suoi figli, e che l’umanità verrà soffocata da nuvole di anidride carbonica e sferzata da temperature dantesche.

L’allarmante rapporto dell’Onu sul cambiamento climatico autorizza queste paure e chiama in causa le nazioni che devono correre ai ripari per arginare un futuro che si annuncia catastrofico.

Il “codice rosso” evocato dagli scienziati non rende però più tollerabile la retorica neo- pagana della “terra ferita” che si “ribella” all’arroganza e alla sete di profitto del genere umano, punendolo con la piaga del global warming. Una suggestione che viaggia sui media internazionali, negli accorati appelli delle istituzioni globali e dei leader politici e religiosi, sui social.

È accaduto lo stesso con il Covid-19: il virus come reazione del pianeta allo sfruttamento delle risorse da parte dell’uomo. Siamo di fronte a un problema scientifico e sociale e rispondiamo come una setta millenarista. No, non stiamo uccidendo il nostro pianeta, stiamo semmai accelerando la nostra estinzione, evento che prima o poi accadrà. E dopo il quale la Terra continuerà ad esistere per ancora miliardi di anni. Nel frattempo sarebbe più utile cercare di trovare soluzioni concrete alla crisi climatica invece di smarrirci nelle superstizioni come l’islandese di Leopardi nel suo dialogo con la Natura.