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Il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati Giuseppe Santalucia
Primo pacchetto di riforme Nordio. Il dibattito è acceso con l’Anm sul piano del metodo e del merito. Ne parliamo con il presidente Giuseppe Santalucia.
Se dovesse raccontare ad un suo collega francese o tedesco che sta succedendo tra l’Anm e il ministro della Giustizia cosa direbbe?
Ciò che sta accadendo non ha nulla di particolare. L’Anm sta facendo ciò che ha sempre fatto da quando si è costituita, ossia partecipare al dibattito sui temi della giustizia. Fa parte del suo patrimonio di azione e di pensiero. Quelle battute del ministro sono incomprensibili perché hanno spostato l’attenzione dal piano dei contenuti al piano della legittimazione a parlare da parte di un soggetto collettivo quale è l’Anm. Lo considero un incidente di percorso che penso non avrà un seguito. Non è pensabile che un ministro della Giustizia neghi la possibilità di poter interloquire su una specifica riforma del mondo giudiziario ad una associazione che agisce nel pieno rispetto dei principi e delle libertà costituzionali, quale quella di associarsi, come stabilito dall’articolo 18 della Costitutzione. In definitiva, considero quelle parole del ministro un atto di nervosismo, mi auguro momentaneo.
Però in questi ultimi giorni c’è stato un continuo ping pong tra le dichiarazioni di Nordio e quelle dei vertici dell’Anm. Le sue parole sembrano voler abbassare i toni.
Noi non abbiamo mai portato il confronto su un piano diverso dei contenuti dell’intervento riformatore. Non siamo noi ad inscenare attacchi o polemiche. Ovviamente se il ministro fa un attacco di quel tipo non possiamo non rispondere. Però non abbiamo nessuna intenzione di innescare polemiche. I magistrati non sono un funzionariato afono, sono dei professionisti impegnati nel portare il contributo di idee e esperienze che fanno in aula.
Nordio vi accusa di esservi pronunciati prima ancora che fosse noto il testo del ddl, parlando di “interferenze”.
Ci siamo espressi sul ddl che entrato in Cdm e che girava abbondantemente tra i giornalisti che ci hanno interpellato. Non capisco come il dato cronologico possa far pensare ad una interferenza. Si è trattato semplicemente di una partecipazione al confronto. Dovremmo forse intervenire a legge approvata?
Il Guardasigilli ha anche detto che il suo interlocutore è il Csm.
Che il Csm sia un interlocutore istituzionale è fuor di dubbio. Che l’Anm, ossia la rappresentanza della quasi totalità di tutti i magistrati, non possa prendere la parola è una posizione eccentrica.
Lei ricorda se in passato è mai avvenuto quello che sta succedendo in questi giorni tra il responsabile di via Arenula e l’Anm?
Non ho memoria di queste posizioni di disconoscimento della legittimazione dell’Anm. Si tratta indubbiamente di un fatto spiacevole.
Nordio per scrivere questo ddl non ha consultato né l’Anm né l’Ucpi. Suoi colleghi hanno auspicato che con lui non si ripetesse quanto avvenuto con Cartabia, che vi sottoponeva i testi di riforma il giorno prima di portarli in Cdm solo per dire che vi aveva avvisati. Adesso il ddl dovrà arrivare in Parlamento. Aspettate di essere auditi?
Spero vivamente che il Parlamento ci chiami in audizione. Credo che faccia parte della fisiologia dell’agire democratico: le Camere non decidono arroccandosi, chiudendo le porte all’ascolto di chi opera sul campo. Una democrazia di qualità si apre al confronto, di cui non si deve aver paura. Le idee critiche non sono un attacco al potere, sono semmai un ausilio affinché le scelte che il decisore politico dovrà prendere siano le più consapevoli possibili.
Andando nel merito, cosa pensa del ddl?
Si tratta di un piccolo disegno di legge che tocca poco istituti ma le modifiche sono peggiorative.
Sull’abuso di ufficio vi siete già espressi.
È un intervento che non tiene conto di una modifica del 2020 che ha ristrutturato il reato; e quella “paura della firma”, che merita considerazione, da quella data non ha più ragione di essere. Eliminare questa norma così ristretta non è un bene perché lascia scoperti comportamenti che esprimono un disvalore penalmente rilevante.
Però il ministero sostiene: “Nonostante i plurimi interventi normativi (1990, 1997, 2012 e 2020), è rimasto lo squilibrio tra iscrizioni e decisioni di merito”.
Non è che eliminando la norma si eliminano le iscrizioni perché una volta che un privato denuncerà un pubblico ufficiale, che non deve per forza essere identificato con un sindaco, non credo che un pm, solo perché è stato abrogato il 323 cp, non farà una iscrizione, troverà nel sistema un’altra fattispecie. Il problema delle indagini non sarà risolto perché esiste l’obbligatorietà dell’azione penale.
Intercettazioni e tutela del terzo estraneo: cosa non funziona secondo lei?
La tutela del terzo estraneo non è una novità, già prevista dalla legge Orlando. La novità è che secondo noi altera un equilibrio faticosamente raggiunto sul piano del diritto di informazione. Una intercettazione pure rilevante non potrà essere pubblicata se un giudice non ne fa menzione. Ma se è rilevante, se è stata già selezionata nel contraddittorio tra le parti, davanti al giudice della selezione perché mai comprimere il diritto all’informazione?
Cosa non va invece nel principio del contraddittorio preventivo?
Per come è stato costruito rischia di essere un boomerang. Il legislatore del ddl presuppone che un tizio venga chiamato a casa e gli si dica: “un pm ha chiesto la tua cattura, presentati davanti al giudice per l’interrogatorio”. Se il pericolo di fuga non c’è all’inizio, questa norma lo crea, in quanto il soggetto sarà naturalmente portato a sottrarsi. Si creano le premesse per una giustizia penale incomprensibile per il cittadino.
Collegialità e misure cautelari: a questa riforma Nordio tiene molto.
È bizzarro che si introduca la collegialità per il cautelare e non per i reati che oggi un giudice monocratico giudica nel merito e che prevedono pene anche di una certa consistenza. Poi ho altre riserve. La prima di organizzazione: anche con 250 unità in più, gli uffici non reggeranno alla moltiplicazione delle incompatibilità. Seconda: si dà l’idea che un giudice collegiale sappia resistere di più alle pressioni del pm. Questo è un messaggio sbagliato. Terza: si rendono conto che dopo che una cattura è stata emessa da un collegio, convalidata in un Riesame e confermata in Cassazione, il giudizio cautelare di undici giudici peserà tantissimo nel giudizio di merito?
C’è poi l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione solo per i reati a citazione diretta a giudizio (ex art. 550 cpp).
Temo che la norma tornerà all’attenzione della Corte Costituzionale. Poi si dice che con la Cartabia sono stati introdotti dei limiti all’impugnazione dell’imputato, quindi questa riforma andrebbe a compensare. In realtà la riforma Cartabia ha posto dei limiti alle impugnazioni di tutte le parti.
Ultima domanda: il professor Spangher si chiede se non sia contraddittorio prevedere maggiori garanzie per chi commette reati più lievi invece che prevederle per chi fa reati più gravi.
Questa domanda non è affatto peregrina. La giustificazione che danno loro per i reati meno gravi io la ribalto. Non si capisce per quale ragione si possa avere una limitazione per i reati meno gravi e non anche per quelli più gravi. Così si crea una disparità di trattamento all’interno della categoria degli imputati che non è ragionevole.