«Donald Trump non scomparirà dalla scena politica statunitense» . Gianluca Pastori, professore di Storia delle relazioni politiche tra il Nord America e l'Europa nell’Università Cattolica di Milano e Associate research fellow (Relazioni transatlantiche) dell’ISPI, ritiene che l’incriminazione da parte del Grand Giurì di Manhattan non metterà fuori gioco l’ex inquilino della Casa Bianca.

Professor Pastori, stiamo assistendo alla definitiva parabola discendente di un personaggio controverso e inaffidabile?

Personalmente non credo. Anzi, la vicenda che riguarda Donald Trump potrebbe rafforzare le sue ambizioni. Fino ad ora abbiamo visto che Trump è stato molto bravo a mostrare, in una logica propagandistica, l’immagine del personaggio scomodo perseguitato dall’establishment. Mi sembra che da questo punto di vista l’incriminazioneporti munizioni alla sua artiglieria. Io credo che nei prossimi giorni sentiremo molto parlare delle accuse e Trump cercherà di sfruttarle per accreditare la sua immagine in vista della corsa presidenziale. Quello che sta vivendo l’ex presidente degli Stati Uniti potrebbe paradossalmente rafforzarlo.

Quali ripercussioni si potranno avere nel partito repubblicano? Questa incriminazione è vista come una liberazione da parte dei suoi avversari di partito?

Stando alle dichiarazioni di queste ore, il partito sembra aver fatto quadrato intorno a Trump. Tutte le figure più in vista, al Congresso in particolare, hanno preso posizione contro il procuratore distrettuale di Manhattan. Diversi esponenti politici repubblicani hanno parlato di una iniziativa politicamente motivata. Hanno parlato nelle ultime ore soprattutto di una indebita ingerenza della magistratura nel gioco elettorale. Dal punto di vista delle dichiarazioni, finora, abbiamo assistito ad un effetto contrario, ad un sostegno del partito repubblicano. Anche figure che avrebbero interesse ad avere Trump fuori gioco, penso al governatore della Florida, DeSantis, che viene indicato come il più accreditato fra i rivali dell’ex presidente, hanno preso posizione in suo sostegno. Credo che si tratti di un segnale da non sottovalutare. I prossimi giorni saranno importanti per vedere se questo sostegno si dimostrerà solo di facciata o se sarà duraturo.

Proprio il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha annunciato che il suo Stato non estraderà Trump, definendo l’incriminazione “anti- americana” e un “abuso della legge per colpire un oppositore politico”. Un segnale di autentica vicinanza o un modo per far pesare un certo sostegno all’interno dei repubblicani?

Tutte e due le interpretazioni sono in questo momento accettabili. DeSantis credo che sia stato piuttosto sollevato dall’annuncio degli avvocati di Trump circa il fatto che egli voglia costituirsi spontaneamente, evitando qualunque problema di estradizione, qualunque coinvolgimento delle autorità della Florida. Questa situazione per DeSantis è un ottimo assist. Non è costretto, prima di tutto, a prendere nessuna posizione vincolante. Comunque, è indicativo il fatto che un segnale di sostegno sia stato dato.

Nelle ultime settimane negli Stati Uniti sono state pronunciate delle frasi tante volte ascoltate qui in Italia. Si riferiscono all’uso della giustizia come “arma” per abbattere l’avversario politico. Cosa ne pensa?

Non è una novità legata all’incriminazione di Trump. L’ex presidente americano ha dovuto passare l’ordalia di ben due impeachment. Già all’epoca parlò di un uso strumentale della giustizia. Ma in realtà anche il caso Trump non era stato una novità. Ricordiamo l’impeachment nei confronti di Bill Clinton. Si parlò di motivazioni politiche dietro alla scelta del Congresso, all’epoca a maggioranza repubblicana, per provare a mettere il presidente in stato d’accusa. Il rischio di una giustizia politica, ad orologeria, anche nel sistema americano è presente. Da quando è arrivato Trump alla Casa Bianca i toni si sono alzati di molto. Ma è una conseguenza degli anni precedenti. Negli ultimi quindici anni il linguaggio della politica americana è diventato inusitatamente duro.

Donald Trump ha promesso di trasformare in uno show l’incriminazione che lo riguarda. La vicenda giudiziaria del tycoon potrà creare ulteriori tensioni sociali?

È difficile immaginare lo scenario. Da qualche giorno le agenzie di sicurezza interna hanno rilevato un indurirsi dei toni del dibattito online. Pare che sia a New York che in Florida si stiano prendendo delle iniziative in vista di possibili incidenti. Mi chiedo quanto la cosa possa essere nell’interesse dello stesso Trump. Ha tutto da guadagnare mediatizzando questa crisi, ma ha anche molto da guadagnare mantenendo la mediatizzazione e la mobilitazione popolare dentro i limiti della legalità. L’argomento giuridico contro Trump è considerato debole da molti osservatori. Sembra quasi che si sia tentato un colpo di assaggio con la causa meno importante. Non dimentichiamo che Trump è ancora sotto inchiesta per questioni fiscali, ma, soprattutto, è sotto inchiesta per sottrazione di documenti federali e per le vicende del 6 gennaio 2021. Due cose molto più pericolose rispetto alle vicende di questi giorni.