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Oggi, presso la Corte di Cassazione, si terrà l’assemblea generale dell’Anm con il seguente ordine del giorno: «Gli attacchi alla giurisdizione e la pesante denigrazione dei singoli magistrati che hanno adottato provvedimenti in materia di protezione internazionale». Detto altrimenti: il caso Apostolico. Di questo e delle ultime iniziative del governo ne parliamo con Giovanni Zaccaro, neo Segretario di AreaDg.
Cosa si aspetta Area dall'Assemblea?
Mi auguro una difesa forte e unanime dei magistrati aggrediti, solo perché hanno adottato una decisione sgradita alla maggioranza di turno. Il caso Apostolico è solo un tassello di un disegno più ampio di delegittimazione del potere giudiziario, basti pensare alle critiche alla Corte dei Conti che voleva verificare il rispetto del Pnrr o le reazioni scomposte nella vicenda Artem Uss. Vi è un generale fastidio per il controllo di legalità. La tutela dei diritti è vista come un ostacolo. Mi spiace che le parole più severe siano venute da esponenti del governo perché i poteri dello Stato non devono delegittimarsi a vicenda. In questo quadro generale, la riforma del premierato rischia di attribuire, almeno simbolicamente, troppo potere all’Esecutivo in danno del Legislativo e del Giudiziario. Preoccupa anche che il governo non destini risorse, personale e strumenti alla giustizia: pensi che il processo penale telematico si avvia a un grave fallimento. A pagare saranno i cittadini più deboli, che possono essere tutelati solo da avvocati e giudici, forti e indipendenti e da una giustizia efficiente.
In questo ultimo periodo ci sono state molte frizioni tra il vostro gruppo e Mi sia in Cdc che nelle assemblee locali. Crede che questa divergenza si potrà ricomporre o che si dovrà andare al voto fino all'ultimo delegato?
I dirigenti di Mi sono troppo cauti nel difendere i colleghi e la giurisdizione, quasi non volessero urtare la suscettibilità della maggioranza parlamentare. Mi contraddice la sua storia, fondata sulla difesa, a volta corporativa, dei magistrati. Certamente Mi e Area incarnano due modelli diversi di giurisdizione. Area pensa che i magistrati non debbano essere chiusi nelle loro stanze, debbano interessarsi del mondo che li circonda, debbano essere consapevoli di essere parte di un sistema multilivello di tutela dei diritti fondamentali. Loro sono più legati al dato letterale della legge. Avremo il tempo di discuterne, ma oggi dobbiamo essere uniti nel difendere i colleghi aggrediti e nel tutelare l’assetto costituzionale della giurisdizione.
Qual è il suo giudizio sull'ultimo pacchetto sicurezza?
È una costante di questo governo: più reati, più carcere. Ci sono norme inumane come quelle che lasciano i neonati in carcere. Alcune pericolose come quelle che aumentano le armi in circolazione. Altre poco liberali come quella che sanziona la “resistenza passiva” in carcere. Così sarebbero stati puniti anche Gandhi, Jan Palach e Bobby Sands. Invece di perseguitare i mendicanti, il governo dovrebbe assumere più cancellieri. Invece di tenere in carcere le mamme con i figli neonati, il governo dovrebbe investire nelle pene alternative al carcere. Non dare risorse perché la giustizia funzioni è un’altra forma per delegittimare avvocati e magistrati che ci “mettono la faccia” ogni giorno, in udienza. I cittadini devono sapere che se la giustizia non funziona non è colpa loro ma dell’assenza di investimenti e della bulimia normativa.
Quanta responsabilità crede abbia avuto il ministro Nordio nell'elaborazione di questa ennesima riforma securitaria?
Questo lo deve chiedere al ministro. Io so che quando esponenti della maggioranza hanno avuto da ridire sulle proposte del governo sono stati ascoltati, guardi per esempio alla storia degli extra profitti bancari. Sul pacchetto di sicurezza invece temo valga il vecchio detto: chi tace, acconsente.
Lei crede che la riforma della separazione delle carriere sia stata accantonata secondo la narrazione di parte della politica e dell'Ucpi per cui la responsabilità sarebbe da addebitare alla magistratura?
La separazione delle carriere interessa solo una minoranza dell’Avvocatura e non incide sulla qualità e velocità della giustizia. La Meloni è una politica abile e una persona intelligente. Penso che preferisca dedicarsi al premierato e non incartarsi sulla riforma della magistratura che non impatta sulla vita quotidiana dei cittadini. Però il tema resta all’ordine del giorno, come un monito permanente ai magistrati: fate i bravi, altrimenti vi riformiamo.
Lei è giudice. Secondo il professor Spangher alcuni suoi colleghi si lamentano silenziosamente dello strapotere delle Procure. Lei ha questa sensazione?
Spesso, nelle chiacchiere dei corridoi, i giudici si lamentano dei pubblici ministeri e i pubblici ministeri si lamentano dei giudici mentre gli avvocati si lamentano dei giudici e dei pubblici ministeri. In realtà, la Costituzione assegna a tutti, nella dialettica del processo, la stessa funzione: garantire i diritti e le garanzie individuali. Sarebbe necessario parlarsi di più, avere una formazione comune. Se, invece, il professor Spangher teme lo “strapotere” delle Procure, dovrebbe avversare la separazione delle carriere. Negli ordinamenti giuridici con carriere separate il ruolo, la notorietà e la forza della pubblica accusa sono rafforzati in danno del diritto di difesa degli imputati, o almeno di quelli che non possono permettersi avvocati altrettanto noti ed attrezzati.
Tema femminicidio: si risolve solo con il diritto penale?
Le norme incriminatrici già ci sono e sono già severe. Serve maggiore formazione e specializzazione nei servizi socio sanitari, nelle forze di polizia, nella magistratura, nell’avvocatura. Serve soprattutto una rivoluzione culturale. Noi maschi ancora non ci siamo abituati a donne che rivendicano la loro libertà, la loro autonomia. Non sappiamo rinunciare al controllo. Non sappiamo accettare il rifiuto. Non sappiamo stare con donne che ogni giorno, sul lavoro, in famiglia, nella società risultano migliori di noi. C’è un altro tema che osservo in tribunale. Anni fa, le donne non denunciavano le violenze. Ora denunciano molto di più ma spesso ritrattano per stanchezza perché i processi sono lunghi o perché subiscono condizionamenti ambientali. Allora si deve supportare psicologicamente la donna nella fase del processo ma anche garantire alle donne pari salari e pari accesso al lavoro, proprio per sottrarle al ricatto economico quando denunciano.