L’avvocato ed ex magistrato tunisino Ahmed Souab ha annunciato che non comparirà davanti al tribunale se l’udienza sarà celebrata in videoconferenza, ritenendo questa modalità lesiva dei diritti della difesa e dei principi di un processo equo. In Tunisia, per i reati di terrorismo, il procedimento a distanza è previsto dalla normativa vigente, inclusa la legge del 2015 contro terrorismo e riciclaggio e le successive modifiche, con l’obiettivo di garantire la sicurezza di magistrati, personale giudiziario e imputati.

Le udienze in remoto si svolgono di frequente dal carcere di Mornaguia, a ovest di Tunisi, collegato con la Corte penale specializzata. La legge impone comunque che l’imputato possa comunicare in modo riservato con il proprio avvocato e che le udienze siano pubbliche o, in caso contrario, integralmente registrate.

Souab è stato arrestato il 21 aprile 2025 dalla polizia antiterrorismo e si trova in custodia cautelare, misura confermata dal giudice istruttore del polo antiterrorismo. Le accuse a suo carico spaziano dalla formazione di un’organizzazione terroristica al sostegno ad atti terroristici, fino alla diffusione di notizie false e alla minaccia di commettere atti terroristici. Il fascicolo riguarda anche ipotesi di reati comuni, tra cui la «messa in pericolo della vita di una persona sotto protezione» e «minacce punibili penalmente».

Al centro del procedimento c’è un video diffuso il 19 aprile davanti alla Casa degli avvocati di Tunisi. In quelle immagini Souab critica il processo noto come «Complotto contro la sicurezza dello Stato», che ha portato a pesanti condanne per circa quaranta oppositori, alcuni assistiti proprio da lui. Nel filmato pronuncia la frase: «I coltelli non sono per i prigionieri, i coltelli sono per il giudice presidente della sezione penale che ora si pronuncerà su diversi casi», mimando il gesto del taglio della gola. Per il tribunale si tratta di una minaccia diretta ai magistrati; per la difesa, una «figura retorica» per denunciare la pressione politica sui giudici.

Il figlio dell’avvocato, Saeb Souab, ha rilanciato l’appello del padre tramite social: «Ahmed Souab rivendica il suo diritto a un processo equo e vuole comparire fisicamente davanti alla Corte per difendersi. Si oppone a qualsiasi processo organizzato senza preavviso». Il giovane invita inoltre a riunirsi «in massa» davanti al Palazzo di giustizia di Tunisi per manifestare in favore dello Stato di diritto, dell’indipendenza giudiziaria e delle libertà fondamentali.