«È come fare la babysitter, solo che il bambino è dentro di me». Chi si domanda perché (e se) una donna scelga di portare avanti una gravidanza per altri trova qualche risposta nel documentario “Surrogacy Underground” di Rossella Anitori e Darel Di Gregorio, presentato in anteprima il 14 marzo a Milano nell’ambito della rassegna “Sguardi Altrove. International Women's Film Festival” e ora disponibile on demand su wildmovieproduction.com.

A prendere parola sono le gestanti, le coppie che hanno avuto bisogno di una mano per avere un bambino, e anche una ragazza nata tramite gestazione per altri. In Inghilterra capita spesso che facciano parte di una stessa famiglia “allargata”. C’è la “mamma di grembo” e c’è la mamma intenzionale, che poi è solo mamma: quando Gee Roberts, oggi adulta e testimonial della Gpa, le disegna entrambe a scuola per la prima volta la maestra non riesce a capacitarsi. Allora ne parla con i genitori, va a casa loro, e comincia a capire. Succede un po’ lo stesso con questo film, che getta uno sguardo su un fenomeno “sommerso” e quasi del tutto ignorato in Italia, dove il ricorso alla maternità surrogata è illegale. Frutto di tre anni di ricerca, arriva nel bel mezzo di un dibattito infuocato. Ma senza la pretesa di dare risposte o giudizi definitivi, sottolinea Anitori, giornalista e autrice del doc. «Questo film mostra la complessità del reale, che non è riducibile - spiega -. È un invito a riflettere e a conoscere le vicissitudini personali di ognuno prima di giudicare». In ballo infatti ci sono un sacco di cose. Considerazioni etiche e culturali, ma soprattutto la tutela di quei minori i cui diritti rischiano di essere compressi. Perciò entrare nelle case di queste persone aiuta a farsi un’idea su ognuna di queste questioni, compreso il nodo adozioni, che si intreccia alle riflessioni sul tema.

Il film contempla tre scenari: l’Italia, l’Inghilterra e la Grecia. Il nostro paese è il punto d’arrivo: quando le coppie fanno ritorno con un bambino nato all’estero bisogna trascrivere l’atto in nascita che riporti entrambi i genitori come tali. Qui cominciano i guai, soprattutto se ad aver avuto un figlio sono due papà, sui quali preme il “sospetto” della Gpa. Non dappertutto, però, le cose stanno così. Normalmente una coppia italiana che non riesce ad avere figli intraprende un percorso di gestazione per altri come ultima possibilità. E decide di andarsene all’estero, generalmente in Grecia, in Inghilterra oppure in Ucraina. Anche il Canada è un’opzione, seppure lontano. La scelta non è mai casuale, perché Grecia e Gran Bretagna hanno due sistemi normativi ben diversi, che «producono due fenomeni differenti», spiega Anitori.

In Grecia, dove la maternità surrogata è legale anche per gli stranieri dal 2014, la legge “privilegia” il genitore intenzionale alla gestante, che in nessun caso è riconosciuta come madre e non figura nel certificato di nascita. Possono ricorrere alla Gpa le coppie eterosessuali o le donne single a cui siano stati diagnosticati problemi di infertilità. In Gran Bretagna, dove la Gpa altruistica è legale dal 1985, invece è madre colei che porta avanti la gravidanza, anche quando l’ovulo è donato dalla madre intenzionale. La gestante può ripensarci per i sei mesi successivi alla nascita, e riceve un rimborso spese. «Non si paga per il bambino - sottolinea Kim Cotton, la prima ad aver fatto da gestante in Inghilterra - ma per il tempo che una donna mette a disposizione».

Nella maggior parte dei casi si creano relazioni sane, di amicizia, che vanno avanti per tutta la vita. Anitori racconta di un elemento ricorrente: molte delle gestanti intervistate avevano un storia di infertilità in famiglia, che le ha spinte a riflettere sulla Gpa. Tutte avevano almeno un figlio, e tutte attribuivano un grande valore alla famiglia e alla maternità. «Inizialmente mi sono approcciata al tema con molta criticità, proprio per le dinamiche di potere che una relazione del genere crea tra una donna e l'altra - spiega Anitori -. Poi ho conosciuto queste persone, sono entrata nelle loro case, e mi sono resa conto che c’era una grande volontà di autodeterminarsi. C’erano tutte le ragioni, le proprie ragioni, per scegliere un percorso di Gpa».