Michel Claise, il mediatico procuratore del Qatargate rimarrà dunque a capo della “sua” inchiesta: la Corte d’appello di Bruxelles ha infatti respinto l’istanza di ricusazione presentata dagli avvocati di Marc Tarabella (in prigione dallo scorso 10 febbraio) stabilendo a porte chiude che il magistrato non è animato da pregiudizio nei confronti dell’eurodeputato belga, nonostante i metodi da “sceriffo” e l’impiego smodato della carcerazione preventiva con cui sta portando avanti le indagini.

Secondo i giudici di Bruxelles la richiesta della difesa sarebbe del tutto legittima in quanto non ha intenti «dilatori né abusivi», ma è «infondata» nel merito e quindi da respingere al mittente.

Non la pensa così l’avvocato Maxim Toeller per il quale Claise avrebbe violato il principio di presunzione di innocenza di Tarabella nella stessa stesura del mandato di arresto: «Siamo convinti che la questione dell’imparzialità di Claise rimanga in piedi come la violazione dei diritti del mio assistito», allo stesso tempo Toeller rimane convinto di riuscire a dimostrare l’innocenza di Tarabella: «Naturalmente siamo delusi, ma se la procedura di ricusazione riuscirà a farci ottenere un’istruttoria imparziale, non sarà stata vana. Continueremo a difendere i diritti del signor Tarabella ovunque e quando necessario perché non ha mai ricevuto denaro o regali in cambio delle sue opinioni».

Il socialista belga è stato tirato in ballo dall’ex sindacalista ed ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri - il grande pentito dell’inchiesta che ha patteggiato uno sconto di pena- di aver ricevuto 120mila euro in contanti dal governo del Qatar allo scopo di perorare gli interessi dello stato arabo nelle istituzioni europee. Fino ad ora però non esiste alcuna prova che Tarabella e le altre persone arrestate da Claise abbiano concretamente favorito il Qatar in una sede ufficiale.

Ed è proprio la mancanza di riscontri robusti alle accuse del procuratore che rende il Qatargate innanzitutto un’inchiesta mediatica con il giudice istruttore Claise che tenta di acquisire le sue prove attraverso lo strumento coercitivo della custodia cautelare, un metodo vecchio come il mondo quello di far confessare gli indagati privandoli della libertà. Particolarmente brutale il trattamento riservato alla greca Eva Kaili, ex vicepresidente dell’europarlamento, dietro le sbarre dallo scorso 9 dicembre e separata dalla figlia di 22 mesi.

I suoi avvocati non hanno esitato a parlare di «ricatto» e «tortura», denunciando l’accanimento degli inquirenti furiosi perché Kaili proprio come Tarabella si dichiara innocente e non ha alcuna intenzione di confessare nonostante sia in prigione da cinque mesi senza processo. Lo stesso arresto della politica greca solleva seri dubbi di legalità: Kaili era infatti protetta dall’immunità parlamentare che le è stata tolta sulla base di una immaginaria “flagranza di reato”, ovvero i sacchi di denaro ritrovati nel suo appartamento di Bruxelles, un indizio che non può mai giustificare le accuse di corruzione e associazione a delinquere lanciate da Claise.

È stata invece rinviata al prossimo 11 aprile l’udienza che dovrà decidere sull’estradizione verso il Belgio dell’eurodeputato del Pd Andrea Cozzolino, attualmente agli arresti domiciliari nella sua casa di Napoli. Anche Cozzolino è stato accusato da Panzeri, in questo caso di aver ricevuto regali e contanti dal Marocco tramite l’ambasciatore di Rabat a Varsavia in cambio del suo lobbismo in seno all’Ue, e anche in questo caso senza grandi riscontri tranne «una cravatta» ( sic) donata dal diplomatico marocchino come si legge nel lunare mandato di arresto scritto dalla procura belga.

Cozzolino, tramite i suoi difensori, respinge tutte le accuse sostenendo che Panzeri si è inventato tutto allo scopo di alleggerire la sua posizione La decisione della Corte d’appello di Napoli di rinviare l’udienza dipende dalle condizioni di salute di Cozzolino e le sue patologie cardiache definite «importanti e gravi» dall’avvocato Federico Conte e Dezio Ferraro per i quali l’eventuale estradizione dell’europarlamentare sarebbe incostituzionale. Peraltro il Belgio come ha sottolineato un recente rapporto del Consiglio europeo è noto per il sovraffollamento e le condizioni più che critiche dei suoi istituti di pena dove sono frequenti le violenze tra detenuti che spesso non hanno accesso a nessuna attività al di fuori delle celle.