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Tre anni dopo lo scoppio del Qatargate, il presunto scandalo di corruzione all’interno dell’Europarlamento finora rimasto senza prove, la procura belga chiede la revoca dell’immunità di due eurodeputate del Pd, Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini.
Due eurodeputate tirate in ballo, la prima, dal super pentito Pier Antonio Panzeri, proprio il giorno del suo arresto, il 9 dicembre 2022, quando senza avvocato, nonostante il tentativo insistente dei suoi legali di essere informati su quando verrà ascoltato, venne convinto a fare dei nomi in cambio di una pena di soli sei mesi e moglie e figlia libere. Panzeri, inizialmente, aveva fatto il nome dell’eurodeputata belga Maria Arena. Un nome che non piacque, tanto che gli fu chiesto di farne degli altri, tra i quali anche quelli dell’eurodeputata, come si legge in un documento depositato dagli avvocati di Panzeri, Laurent Kennes e Marc Uyttendaele. Mentre Gualmini è stata “inguaiata” per i suoi rapporti telefonici con Panzeri.
La scelta della procura belga sembra strana. Soprattutto perché il caso è sotto esame per verificarne la regolarità, sulla quale è in corso una procedura davanti al Tribunale di Riesame per verificare il ruolo dei servizi, rimasti liberi di intercettare parlamentari coperti da immunità senza alcun controllo, la parzialità del giudice e della Polizia. Stando a quanto appurato dalle difese, infatti, gli 007 belgi avrebbero di fatto svolto la maggior parte del lavoro, intercettando parlamentari europei senza aver bisogno di alcuna autorizzazione e violando ogni forma di guarentigia.
Nonostante ciò, nei rapporti dei servizi non erano emersi indizi a carico di colei che ha garantito visibilità mediatica all’inchiesta, ovvero l’ex vicepresidente Eva Kaili, arrestata per via dei contanti ritrovati al suo domicilio. Ma quei soldi, ha spiegato il marito ed ex assistente parlamentare di Panzeri, Francesco Giorgi (anche nel suo caso gli 007 non avevano trovato nulla) - e come dimostrano le intercettazioni - appartenevano proprio a Panzeri, diventato in fretta e furia, pentito. Gli atti, dunque, potrebbero perfino risultare totalmente o parzialmente nulli. Il che renderebbe probabilmente inutile anche questa ennesima mossa.
Senza dimenticare un altro particolare: la scelta della procura di non chiedere la revoca dell’immunità per Arena una volta finita sotto inchiesta, ritenuta inutile in virtù della sua nazionalità belga. Un ragionamento che non fu fatto, però, nel caso di Marc Tarabella, anche lui belga e coinvolto nel caso solo sulla base delle dichiarazioni di Panzeri. Dopo la richiesta della Procura federale, Moretti e Gualmini hanno deciso di autosospendersi dal gruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento europeo, «per evitare ogni forma di strumentalizzazione rispetto a una procedura aperta da anni».
Un passo indietro che ha risparmiato loro l’umiliazione riservata, invece, ad altri protagonisti della vicenda, come Andrea Cozzolino, a cui i dem chiesero le dimissioni, o la vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili e lo stesso Tarabella, che invece vennero espulsi dal gruppo dei socialisti sulla base della sola lettura dei giornali. Ed è proprio dai giornali che le due eurodeputate hanno appreso la notizia.
«Al fine di sottolineare la totale estraneità a ogni fatto corruttivo, abbiamo deciso di autosospenderci dal gruppo al quale apparteniamo per essere pienamente a disposizione della magistratura per qualsiasi esigenza istruttoria. Ringraziamo la delegazione degli eurodeputati Pd per la solidarietà politica e umana pubblicamente espressa», hanno affermato le due eurodeputate.
Le richieste di revoca dell'immunità saranno annunciate lunedì dalla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, in apertura della nuova sessione. E ci si domanda, già, quale sarà la strategia che adotterà la Commissione Juri, che aveva negato a Kaili la possibilità di raccontare la sua versione dei fatti, spogliandola dell’immunità in quanto c’è stata «flagranza di reato». Che è proprio il punto oscuro della vicenda, che Kaili voleva chiarire.
La richiesta era semplice: valutare la violazione della sua immunità parlamentare, un sospetto alimentato, tra le altre cose, dal fatto di essere stata spiata, controllata e monitorata dai servizi segreti anche se su di lei, come emerge dal fascicolo, non c’erano indizi che consentissero di ipotizzare un ruolo nella presunta associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Sospetto oggi ingigantito dai continui colpi di scena, come l’audio nel quale l’investigatore che ha guidato le indagini, Ceferino Alvarez Rodriguez, confermava a Giorgi che Panzeri non è credibile. Una credibilità sulla quale i dubbi erano già tanti, tanto che la difesa di Tarabella ha chiesto una verifica approfondita.
«La procedura di collaborazione deve essere esaminata attentamente», ha dichiarato il suo avvocato, evidenziando potenziali irregolarità che potrebbero minare l’intera inchiesta. La Commissione Juri - che pure, stando a quanto riferito all’epoca in via riservata da alcuni dei membri, aveva deciso di fare degli approfondimenti - ha preferito non affrontare la richiesta di Kaili, appigliandosi al principio di cooperazione giuridica. Chiudendo gli occhi perfino sulla presenza in Parlamento, in borghese, di uomini dei servizi segreti, circostanza che Giuliano Pisapia, all’epoca vicepresidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo, aveva definito una brutale aggressione alla democrazia.
Il fascicolo sul Qatargate, intanto, rimane impantanato. L’ultimo “movimento” noto è quello di martedì 7 gennaio, quando la Camera d’accusa di Bruxelles ha rinviato al 18 e al 25 marzo l’udienza per stabilire chi è parte effettiva del procedimento e come garantire l’accesso al dossier istruttorio. Dopodiché si potrà entrare nel vivo della questione, passando ad una valutazione sulla regolarità dell’indagine, per stabilire, dunque, se i particolari metodi di ricerca della prova utilizzati dagli inquirenti, che si sono ampiamente avvalsi della collaborazione dei servizi, siano stati o meno legali. Un aspetto che verrà discusso nel corso di un’ulteriore udienza, fissata per il 22 aprile. Il tutto mentre un pubblico ministero e due giudici hanno lasciato le indagini, a conferma del fatto che si tratta di un fascicolo che nessuno vuole toccare.