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“La giustizia penale nell’era digitale: le indagini e il processo penale telematico”. È stato questo il tema dell’incontro svoltosi all’Università di Catania per iniziativa del professor Tommaso Rafaraci, ordinario di Diritto processuale penale dello stesso Ateneo. Il convegno è stato organizzato col patrocinio dell’Ateneo, dell’Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) e della Camera penale del capoluogo etneo. All’incontro hanno partecipato il professor Mitja Gialuz (ordinario nell’Università di Genova) che ha parlato di innovazione tecnologica e processo penale nella riforma Cartabia; il prof. Michele Caianiello (ordinario nell’Università di Bologna) che si è soffermato sul tema del processo telematico; la professoressa Silvia Signorato ( associata nell’Università di Padova) sul nodo indagini e prove digitali e l’avvocato Alessandro Segreto, del foro di Catania, che ha esaminato il tema dei depositi e delle notificazioni. «La giustizia penale dell’era digitale è un tema fortemente sentito – ha osservato il professor Rafaraci – certo per l’importanza dei mutamenti che la digitalizzazione comporta, specialmente nel settore penale, ma soprattutto per la forte preoccupazione che il quadro delineato dalla riforma Cartabia non trovi attuazione adeguata, a dispetto dei notevoli investimenti di risorse finanziarie destinate dalla stessa riforma alla realizzazione di questo obiettivo. Incertezza e precarietà normativa, ma soprattutto inadeguatezza degli applicativi tecnici messi a disposizione dell’utenza rendono ancora decisamente lontana la prospettiva di un vero processo penale telematico.
Se a ciò si aggiunge la persistente carenza, soprattutto negli uffici giudiziari del Meridione, sia di formazione, sia di adeguate dotazioni di mezzi informatici, si comprende - questo è il grido di allarme - come la prospettiva diventi addirittura irreale. Si tratta dunque di una situazione inaccettabile». Come hanno osservato nel corso dell’incontro il professor Gialuz e il professor Caianiello, «la digitalizzazione del processo penale si è resa necessaria per lo stato di profonda crisi della giustizia penale, ed è stata solo accelerata dal Pnrr e dall’esperienza pandemica. D’altra parte, proprio perché l’atto nativo digitale ha fatto irruzione nel processo penale in assenza di adeguata formazione culturale e tecnica, è proprio su questo piano che occorreva agire con urgenza per colmare il ritardo».
Un apposito spazio dell’incontro è stato dedicato al delicatissimo tema delle indagini e delle prove digitali, svolto dalla professoressa Silvia Signorato, e a quello dei depositi e delle notificazioni, trattato dall’avvocato Segreto. In particolare Signorato, per spiegare ai presenti il tema delle prove digitali, ha fatto alcune similitudini tra opere del compositore Vincenzo Bellini, padre della musica catanese, e le applicazioni dell’arte alle similitudini digitali, fissando l’attenzione anche su problematiche inerenti l’intelligenza artificiale e sui rischi che oggi tutti corriamo per la tutela di dati nei nostri telefonini.