CHIESTI CHIARIMENTI A VIA ARENULA

Protestano per l’interpretazione dell’articolo 543 del Codice di procedura civile riformulato

Gli avvocati di Palermo si mobilitano e chiedono al Consiglio nazionale forense, all’Ocf e a tutti i Coa di avviare «immediatamente le opportune interlocuzioni con il ministero della Giustizia volte ad ottenere un chiarimento di senso contrario rispetto all’interpretazione dell’articolo 543 del Codice di proceduta civile di nuova formulazione». L’iniziativa dei legali palermitani ha come base una delibera del Coa del 22 settembre. Dura anche la posizione dell’Aiga che in una nota “condanna fermamente l’ennesima decisione assunta dal Ministero a danno sia della categoria che dell’utenza tutta” e chiede “l’immediato intervento del ministro per eliminare una così illogica interpretazione di una norma già fortemente penalizzante”.

Con la legge delega per la riforma del processo civile è stato aggiunto all’articolo 543 del Codice di procedura civile un comma che crea non poche perplessità e preoccupazioni tra gli operatori del diritto. Nello specifico, l’integrazione che ha interessato il Codice di rito stabilisce che «il creditore, entro la data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l’avviso notificato nel fascicolo dell’esecuzione» . Si specifica, inoltre, che «la mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento». La nuova norma si applica ai procedimenti di espropriazione presso terzi instaurati dal 22 giugno scorso.

Pochi giorni fa, il 20 settembre, il ministero della Giustizia ha risposto ad una richiesta formulata da un funzionario Unep, rilevando che «trattandosi di adempimenti che vanno a perfezionare l’intera procedura del pignoramento presso terzi, l’attività posta in essere dal funzionario Unep/ Ufficiale giudiziario va configurata nell’ambito dell’esecuzione forzata». È stato chiarito che «i relativi atti di notifica dell’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura al debitore e al terzo sono da iscrivere nel registro cronologico Mod. C o C/ ter con l’indicazione delle relative indennità di trasferta previste dalla normativa vigente per l’espletamento dei corrispettivi atti».

La presa di posizione di via Arenula ha indotto il Coa di Palermo ad intervenire. «La superiore interpretazione/ impostazione – è scritto nella delibera - non trova alcuna giustificazione in diritto, posto che l’avviso di cui all’articolo 543 c. p. c. costituisce pacificamente un atto di parte ( e non dell’ufficiale giudiziario) inteso solamente a rendere edotti il debitore ed i terzi dell’avvenuta iscrizione a ruolo del procedimento, nonché del numero di ruolo, del Giudice assegnatario e della data di udienza fissata, che è redatto e sottoscritto dalla sola parte e nel quale l’ufficiale giudiziario non è tenuto a compiere alcuna attività diversa, come invece avviene nel caso di atto di pignoramento o atto di avviso di rilascio, dalla mera notificazione». L’interpretazione del ministero della Giustizia su un tema tanto tecnico quanto rilevante per l’attività quotidiana degli avvocati è definita «del tutto forzata in diritto». Insomma, gli adempimenti aumentano a dispetto delle semplificazioni sperate.

«Appare irragionevole – sostiene l’Ordine palermitano - anche in fatto, in quanto non solo comporta un maggior carico per gli uffici adibiti alle esecuzioni, già in patologica carenza di personale, e farraginose attività di restituzione di titoli e somme, ma soprattutto determina un aggravio di costi per le parti e la ingiustificata preclusione rispetto alla possibilità della notificazione a mezzo pec o in proprio da parte dell’avvocato in base alla legge 53/ 1994».

Il presidente del Coa di Palermo, Antonello Armetta, non nasconde il rammarico rispetto alla stagione di riforme della giustizia, che non sempre hanno tenuto conto di chi ogni giorno lavora nei Tribunali.

«È l'ennesima riforma – dice al Dubbio -, cui seguono interpretazioni assolutamente inammissibili, frutto di una scarsa conoscenza del mondo della giustizia e delle prassi notificatorie.

L'effetto è fin troppo prevedibile: aumento consistente dei tempi necessari per dare attuazione ai diritti dei cittadini, aumento dei costi per notifiche, ancora a carico dei cittadini. Speravamo che la direzione di questo governo fosse tagliare seriamente i tempi ed i costi, nell'interesse di tutti, e che ci fosse un serio studio del funzionamento della giustizia. Evidentemente ci sbagliavamo».