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Associated Press/LaPresse
Perché sono state dimezzate le pene per i due giovani statunitensi accusati dell’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega? Come anticipato, ciò è stato possibile perché sono cadute le aggravanti e così si è potuto accedere allo sconto di pena previsto per il rito abbreviato.
Adesso il tutto è dettagliato nelle 230 pagine di motivazioni della sentenza depositata dalla seconda sezione della Corte di Assise di appello di Roma, che il 3 luglio scorso ha condannato a 15 anni e due mesi di carcere Finnegan Lee Elder, attualmente detenuto nel carcere milanese di Opera, e a 11 anni e 4 mesi Gabriele Natale Hjorth, recluso a Velletri (Roma). Quanto a Elder, i giudici hanno fatto cadere l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale in quanto il ragazzo «non aveva la minima consapevolezza che Cerciello Rega e Varriale fossero appartenenti all’Arma dei Carabinieri».
Si legge: «I due militari erano in abiti civili; non avevano esibito il tesserino di riconoscimento (come dagli imputati affermato e non risultando le contrarie dichiarazioni rese sul punto da Varriale riscontrate), non erano muniti della pistola di ordinanza; si erano qualificati verbalmente solo nel corso della colluttazione durata pochissimi secondi (il Cerciello, dopo essere stato colpito a morte, pronunciando, non compreso, la parola “fermo, Carabinieri”; il Varriale nell’atto di approcciare Natale); non essendovi prova che l’operata “qualifica” fosse stata percepita (e vieppiù compresa da Elder) attesa la modalità, mimetizzata e repentina di approccio e di bloccaggio, per evitare la fuga degli imputati». Inoltre, a causa della barriera linguistica, il giovane Elder non poteva comprendere il significato della parola “carabinieri”.
L’avvocato Renato Borzone che difende Elder insieme a Roberto Capra, annuncia al Dubbio: «Non faremo ricorso in Cassazione perché si tratta di una sentenza equilibrata. Quando in primo grado avevo affermato che l’Italia avrebbe dovuto vergognarsi della condanna all’ergastolo inflitta, avevo stigmatizzato l’inopinata valutazione delle parole di un carabiniere secondo il medievale criterio della prova legale. I fatti valutati secondo le prove - e che in precedenza non erano stati visti - ci hanno dato ragione. I carabinieri in quella occasione avevano violato i protocolli e gli ordini della centrale operativa e non si erano identificati come tali. Resta certamente la grave condotta di Elder, assunta allorché fu afferrato da quello che per lui era uno sconosciuto aggressore, e il dolore per la terribile perdita di un uomo. Ma per quanto qui conta, la difesa deve rispetto alla decisione di giudici privi di pre-giudizi e non proporrà ricorso. Elder sconterà la sua pena e si emenderà, come già sta facendo con i suoi studi, affrontando con la sua coscienza il dolore che ha provocato».
La Corte «ritiene provato che i due militari si fossero “qualificati solo verbalmente” al momento dell’approccio con i due imputati», tuttavia per i giudici sono da ritenersi «non attendibili» le dichiarazioni di Andrea Varriale, «allorquando aveva dichiarato che sia lui che il suo collega Cerciello Rega avevano, all’atto dell’approccio con gli imputati, mostrato loro il “tesserino”, contenente anche la “placca” di riconoscimento dell’Arma dei Carabinieri. Del resto, Varriale aveva mentito anche quando aveva inizialmente dichiarato di essersi munito della pistola di ordinanza unitamente al collega Cerciello Rega». A ciò si aggiunge che per i giudici la qualificazione sia avvenuta, come sostenuto dalla difesa di Elder, «nel corso della colluttazione e non già prima dell’approccio programmato».
Commenta così al Dubbio l’avvocato di Varriale Roberto Borgogno: «Non è difficile scorgere, già ad una prima lettura della sentenza, una serie di affermazioni discutibili sul piano giuridico e logico che conducono a distorcere una vicenda che, nonostante tutti gli sforzi della difesa degli imputati di complicarla in base ad oscure dietrologie, risulta drammaticamente lineare. Proprio per questo si resta ancora una volta perplessi di fronte ai mille distinguo, presenti nella motivazione, sull’attendibilità del teste Varriale, che la sentenza di primo grado aveva correttamente riconosciuto. Non ho ancora sentito il mio assistito, che so comunque amareggiato e deluso dalle sorprendenti oscillazioni della bilancia della giustizia nel corso di questa vicenda, ma sono prontissimo ad impugnare la sentenza se me lo chiederà e spero che altrettanto faccia la Procura generale».
Per quanto concerne invece Natale, in particolare, «ritiene questa Corte non sufficientemente provato il consapevole concorso di Natale nella condotta omicidiaria del coimputato». Inoltre «osserva questa Corte territoriale come, nel caso di specie, alla luce delle risultanze di causa non appaia possibile, al di là di ogni ragionevole dubbio, riconoscersi in capo al Natale il concorso nel reato di omicidio volontario neppure a titolo di dolo eventuale». Difetta, evidentemente, in primis, «la prova della certa rappresentazione e, vieppiù», della volontà, «rispetto alla inopinata e improvvisa condotta omicidiaria posta in essere da Elder ai danni del vicebrigadiere Cerciello, che attingeva furiosamente con ben 11 fendenti per mezzo del coltello micidiale che lo stesso aveva portato con sé».
«La decisione della Corte d’Assise d’appello, adeguandosi ai principi di diritto formulati dalla Corte suprema di Cassazione, ha escluso la sussistenza di ogni volontà aggressiva da parte di Natale ed ha in particolare escluso il concorso sia morale che materiale di Natale nell’azione omicidiaria di Elder – ha detto l’avvocato Francesco Petrelli, legale, insieme al collega Fabio Alonzi, di Natale Hjorth -. Avendo la Corte residualmente affermato la sussistenza di un concorso anomalo integrato dall’addebito colposo di non aver previsto la eventualità di uno sviluppo diverso da quella azione estorsiva originariamente concordata, resta aperta la questione della effettiva prevedibilità di quella condotta improvvisa e incontrollabile posta in essere da Elder». Per questo i difensori faranno nuovamente ricorso in Cassazione.
Intanto si attende di conoscere la decisione del Tribunale del Riesame rispetto al ricorso della Procura generale che si era opposta alla concessione dei domiciliari al ragazzo a casa dei nonni. Per ora nessun commento dal procuratore Giangiacomo e quindi nessuna previsione su un eventuale ricorso a Piazza Cavour.