«Approfitto del saluto che vi rivolgo, giovani avvocati, per fare un annuncio di cui probabilmente sapete già, ma che per noi rappresenta uno step epocale». Così, con un’enfasi non cerimoniosa ma legata al significato della riforma, il ministro della Giustizia Carlo Nordio conferma l’inserimento dell’avvocato in Costituzione all’interno del ddl imperniato sulla separazione delle carriere. Il guardasigilli ne ha parlato nel videomessaggio trasmesso all’Aiga in occasione del “Festival della giustizia” che l’associazione presieduta da Carlo Foglieni ha organizzato ieri a Roma, nella sede del Cnel. Nordio ha evitato di inoltrarsi nella solita rincorsa alla data fatidica, ha spiegato che la legge costituzionale è nel suo complesso “in fase di elaborazione” (il che lascia intendere che alcune limature sui dettagli, per esempio sulla proporzione fra laici e togati nei due nuovi Csm, sono ancora in corso) ma poi ha aggiunto: «Una cosa è certa: la dignità della figura dell’avvocato entra in Costituzione: avrà una menzione autonoma come elemento strutturale, essenziale della giurisdizione, e quindi con la stessa dignità degli altri due soggetti, giudice e pubblico ministero, che ne fanno parte». Nordio lega la scelta al tratto «quasi sacerdotale» che la «toga dell’avvocato» assume ai suoi occhi e, naturalmente, anche all’idea di giurisdizione da intendersi come «dialettica processuale», che dunque non può essere «prerogativa esclusiva della magistratura: spetta con pari dignità e forza

logica all’avvocato come al pubblico ministero e al giudice». È molto chiaro, al ministro orgoglioso di «essere stato anche avvocato, non solo magistrato», che «se non ci fosse la figura dell’avvocato, la democrazia sarebbe non solo monca ma inesistente. La vostra è una presenza che deve essere non solo rispettata ma anche onorata», ha aggiunto Nordio alla platea dell’Associazione italiana giovani avvocati.

È la visione condivisa anche dal numero due di via Arenula, Francesco Paolo Sisto, intervenuto poco dopo: «Il nostro compito di avvocati», ha detto il viceministro che non dimentica mai di rivendicare la propria appartenenza alla comunità dei penalisti, «è che siano garantiti, a tutti, i princìpi di rieducazione e umanità della pena e della terzietà e imparzialità del giudice: perciò noi assumiamo una funzione pubblicistica, e il nostro incarico si proietta in una rilevanza sociale, a tutela dei diritti del cittadino. E forti di tale legittimazione», ha confermato a sua volta Sisto, «abbiamo voluto precisare, nella riforma costituzionale, la libertà e indipendenza dell’avvocato, indispensabile per la giurisdizione».